Cenni sulla geomorfologia della provincia di Venezia
"La provincia di Venezia occupa una fascia di pianura che borda il settore veneto-friulano della costa adriatica, nella porzione compresa tra le aste terminali del fiume Tagliamento a nord-est e del fiume Adige a sud-ovest. La zona considerata è nota soprattutto per gli aspetti legati alla geomorfologia delle lagune e dei litorali, ma, oltre agli ambienti salmastri e marini, comprende anche una vasta pianura di origine fluviale, il cui aspetto attuale è il prodotto dell'interazione di numerosi corsi d'acqua sia di origine alpina, sia di risorgiva. L'acqua appare quindi come uno dei fattori più decisivi non solo per quanto riguarda la storia di Venezia, ma anche per quanto concerne l'evoluzione geologica e geomorfologica del suo territorio. Da un verso, si devono considerare le acque dei fiumi [Tagliamento, Livenza, Piave, Sile, Brenta, Adige] che danno origine, con i sedimenti da esse trasportate, alla pianura alluvionale, e, dall'altro, quelle marine che danno forma ai litorali e modellano le lagune. "L'area costiera della provincia di Venezia si estende dalla foce del Tagliamento a nord a quella dell'Adige a Sud, per complessivi 95 Km circa. Il territorio provinciale di Venezia copre pertanto più di due terzi della fascia costiera sabbiosa della regione Veneto. Il litorale è costituito interamente da spiagge sottili, generalmente a bassa pendenza, e per lunghi tratti è marcato da opere umane sotto forma di insediamenti urbani e da un continuo susseguirsi di difese radenti. Entrambi hanno sostituto i lunghi e spesso potenti allineamenti dunosi che fino a qualche decennio fa caratterizzavano il litorale e ne costituivano l'unica difesa. La continuità di quest'ultimo è interrotta dalla presenza di foci fluviali e bocche portuali di valle e lagunari, cosicché è possibile distinguere 10 diverse unità litorali, ciascuna compresa entro due linee di dissezione:
Fonte: A. Bondesan, M. Meneghel (a cura di), "Geomorfologia della Provincia di Venezia. Note illustrative della carta geomorfologica della Provincia di Venezia", 2004, Esedra Editrice, Padova.
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"I territori litoranei, lagunari e di bassa pianura alluvionale che costituiscono la provincia di Venezia presentano il livello di antropizzazione in assoluto più elevato, con riferimento al contesto regionale del Veneto. La loro natura perennemente dinamica, in termini idrogeologici e geomorfologici, non ha infatti impedito che insediamenti, infrastrutture e trasformazioni ecologiche interessassero ogni loro ambito, determinandone sconvolgimenti profondi e, assai spesso, irreversibili. Il fenomeno della trasformazione dell'ambiente nella fascia geografica costiera e di bassa pianura inizia nel Neolitico, con la grande rivoluzione economico-culturale dell'agricoltura e con la conseguente adozione di forme di insediamento stabile; lo stesso fenomeno si protrae per oltre quattro millenni e, lungi dal potersi considerare concluso, continua anche attualmente a determinare situazioni d'ambiente nuove e difformi dai modelli originari o da quelli potenziali"1 .
Le superfici edificate e le infrastrutture di trasporto si alternano a zone agricole, boschive, a vegetazioni di vario tipo, a spiagge, dune, lagune, fiumi. Questo il paesaggio che si vede fotografando il territorio e l'uso del suolo. L'analisi di queste tematiche si prospetta ampia e articolata anche in ragione della continua evoluzione del rapporto tra uomo e ambiente, sotto l'impulso delle nuove tendenze economiche, dell'insediamento e delle strategie di relazione.
"Una schematica descrizione del territorio può essere fatta richiamando i principali ambiti naturali e le strutture e infrastrutture antropiche. Per i primi si possono individuare tre ambienti disposti pressoché parallelamente alla linea di costa (i litorali, le lagune, la bassa pianura che sconfina a nord e marginalmente nella fascia delle risorgive) che si intersecano ortogonalmente con numerose aste fluviali.
Per una descrizione sommaria del paesaggio fisico, si riprende e si rielabora la suddivisione in ambiti agroterritoriali definiti dal Franceschetti (1990). Si possono così individuare i seguenti sei ambiti:
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Vari sono i criteri di classificazione per l'ambiente che combinati assieme possono fornire una sorta di anatomia del territorio: la geografia del suolo, la geografia dell'uomo, la geografia dell'ecologia. In questa sede vogliamo tentare di fornire una fotografia della geografia dell'uomo: come si distribuisce la popolazione residente sul territorio e come diversi utilizzi del suolo identificano categorie di aree.
Per proporre questa fotografia vengono utilizzati i risultati dei Censimenti della popolazione e delle abitazioni e dei Censimenti dell'agricoltura ipotizzando, secondo quanto propongono le definizioni ISTAT, che l'utilizzo del suolo sia distinto in due categorie: ambiti urbani e agricoli; gli ambiti urbani a loro volta sono classificati secondo l'addensamento dell'edificato e dei servizi (centri, nuclei, case sparse).
Questo livello di classificazione viene strettamente connesso e sovrapposto con gli ambiti amministrativi, Comuni, Provincia, Regione, che rappresentano un importante riferimento non solo per la gestione delle risorse e per la vita degli abitanti, ma anche per la suddivisione del territorio a fini statistici.
In questa sede non si è ritenuto utile introdurre, fra il comune e la provincia, un livello di analisi intermedio, il "bacino", o "comprensorio" (insieme di più comuni definito sulla base di specifiche attività quali il lavoro, il pendolarismo, l'istruzione, la gestione delle acque, dei trasporti, ecc.), che darebbe una caratterizzazione sintetica delle diverse zone della provincia. Si è voluto infatti proporre un tentativo di descrizione dei comuni singolarmente presi senza "ingabbiarli" in una geografia del territorio già scritta e codificata, tema per tema.
Un occhiello per capirci sui termini usati
Case sparse
Centro abitato
Edificio
Località abitata
Nucleo abitato
Stato di occupazione dell'abitazione
Superficie agricola utilizzata (SAU)
Superficie agraria totale
Fonte: glossari ISTAT
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Nell'ultimo decennio sono ulteriormente diminuite le località classificate come case sparse e la popolazione si è orientata maggiormente verso i centri, oppure non si è mossa ma il centro si è ampliato e ha compreso aree precedentemente non classificate come tali. Nel veneziano e in generale nel Veneto permane, in ogni caso, una proporzione di abitanti che risiede fuori dai centri e dai nuclei superiore alla media nazionale (rispettivamente 7,8% del totale e 9,0% contro il 6,0% italiano) anche se l'abbandono delle case sparse è stato molto più intenso rispetto alle altre regioni.
All'inizio del nuovo millennio in provincia di Venezia l'88,1% della popolazione (713.425 persone) risiede nei centri e un altro 4,1% nei nuclei (33.173 persone). Il restante 7,8% (62.988 persone) abita ancora nelle località denominate case sparse.
La diminuzione della popolazione registrata nel veneziano in quest'ultimo decennio (una variazione negativa dell'1,3%, pari a più di 10.000 unità) sembra non si faccia sentire nelle zone più urbanizzate che continuano a crescere e si riversi invece tutta in periferia (nelle case sparse la perdita di popolazione è attorno alle 21.000 unità). Il dato complessivo provinciale non trova conferma in tutti i comuni, ma nasce da una sommatoria di situazioni che delineano un panorama provinciale abbastanza variegato. Per quanto, probabilmente, una parte delle variazioni e delle differenze tra comuni derivino da una diversa interpretazione e applicazione del concetto di località abitata (le classificazioni e le statistiche non sono una scienza perfetta), l'analisi dei gruppi di comuni, che si ottiene attraverso l'elaborazione dell'andamento demografico intercensuario, ci descrive una interessante geografia del territorio.
I primi quattro gruppi comprendono gli 11 comuni che nell'ultimo decennio sono stati caratterizzati da una perdita di popolazione residente. In particolare:
Gli altri tre gruppi rappresentano i comuni in cui la componente demografica nell'ultimo decennio ha registrato una certa effervescenza di segno positivo:
Malgrado l'elevata urbanizzazione, ci sono ancora alcuni comuni dove oltre un quinto della popolazione risiede nelle case sparse: sono, nell'ordine, Cavallino-Treporti (28% di abitanti in case sparse), Annone Veneto (26%), Campolongo Maggiore e Cona (entrambi con 20%). La consistenza maggiore di abitanti nei nuclei spetta, in termini percentuali, a Salzano (20% della popolazione residente), Pramaggiore (16%), Scorzè (13%), Mirano e Campolongo Maggiore (entrambi con 11%). Gli 8 comuni più accentrati, ovvero con la maggiore percentuale di popolazione nei centri, sono Fiesso d'Artico e Spinea in primis, seguiti a breve distanza, da Teglio, Chioggia e Venezia e, quindi, Stra, Martellago e Fossalta di Piave.
In tutti i comuni c'è stato un aumento del numero delle abitazioni e tale aumento ha interessato tutti i centri della provincia.
Ben 26 comuni su 44 hanno vissuto nell'ultimo decennio una intensificazione della dotazione di alloggi maggiore di quella media regionale, cioè superiore al +13,4% (gruppi A, B, C).
Ben 39 comuni su 44 hanno profondamente modificato il proprio bacino classificato come case sparse. Attraverso la costruzione di nuove abitazioni hanno di fatto inglobato le località nei nuclei e centri adiacenti, riducendo sempre più la diversificazione del territorio (gruppi B, C, E, F).
Interessante appare anche l'analisi degli edifici che è stata introdotta per la prima volta con il Censimento del 2001. In tutta la provincia di Venezia sono stati censiti 157.777 edifici di cui 143.103 classificati ad uso abitativo (si ricorda che sono esclusi dalla rilevazione censuaria gli edifici non ad uso abitativo e non utilizzati presenti nelle località case sparse).
La media delle abitazioni entro gli edifici ad uso abitativo è 2,7, un dato superiore a quello Veneto (2,1) e quasi in linea con quello nazionale (2,4).
Emerge come i centri siano caratterizzati per una diversa tipologia edilizia: una concentrazione di edifici plurifamiliari che via via si trasforma in case unifamiliari singole nei nuclei e nelle case sparse. A livello provinciale si registra una media di 3 abitazioni per edificio ad uso abitativo nei centri, e di 1,4 per nuclei e case sparse. Chi propone nei centri una elevata presenza di edifici plurifamiliari sono il capoluogo e tre comuni turistici, Caorle, San Michele al Tagliamento (Bibione) e Jesolo. Si tratta per questi ultimi del patrimonio edilizio ad uso vacanze spesso concentrato nei cosiddetti condomini, sia in proprietà che in locazione (cfr. Manente e Scaramuzzi, 1999, Le Case dei Turisti).
Modificando l'unità di misura dei terreni agricoli (da ettari a km2) e confrontandoli con la superficie totale dei comuni per definire quale sia la quota di terreno destinata all'agricoltura, in alcuni casi la superficie agricola risulta superiore a quella totale. Ciò avviene perché, come per il 1990, anche nel 2000 i dati diffusi riguardano le aziende agricole ricadenti nel comune e i terreni ad esse legate sono attribuiti al medesimo comune anche se si estendono oltre il confine amministrativo. Ad oggi sembra non siano ancora disponibili i dati "territorializzati", ovvero con l'attribuzione ai comuni delle superfici e degli allevamenti effettivamente ricadenti nel loro territorio. Le analisi che qui presentiamo risentono quindi della mancata "territorializzazione" delle informazioni, fattore di imprecisione che può ritenersi generalmente trascurabile a livello provinciale ma può risultare, in qualche caso, rilevante a livello di singoli comuni.
In provincia si possono identificare almeno 13 comuni "rurali", ovvero con una alta quota del suolo destinata all'agricoltura (oltre l'80% della superficie totale è agricola e oltre il 70% è classificata come SAU): Torre di Mosto, Fossalta di Piave, Fossalta di Portogruaro, S.Stino, Cona, Eraclea, Teglio, Musile, Annone, Meolo, Campolongo, Cavarzere, Camponogara.
In particolare, alcuni tra questi spiccano per l'elevato utilizzo dei terreni (percentuale di SAU sulla superficie agricola totale superiore all'88%): Cavarzere, Torre di Mosto, Eraclea, Fossalta di Portogruaro. All'estremo opposto, comuni come Jesolo, Venezia e Mira hanno un limitato utilizzo dei terreni agricoli (60-62% di SAU sul totale agricolo). Un indizio che in aree fortemente "urbane" o fortemente turistiche (le città della vacanza) la "campagna" è poco usata dall'agricoltura e costituisce greenfield pronto ad essere urbanizzato/edificato. Un allarme, anche, per quanti ritengono che la campagna, soprattutto se marginale e soprattutto se assediata dalla città, debba diventare una delle "infrastrutture di qualità" delle metropoli, al pari delle reti connettive viarie, delle public utilities (acqua, gas, ecc.) e dei servizi pubblici (trasporti, sanità, formazione
).
23 comuni hanno subìto un ridimensionamento della superficie agricola nell'ultimo decennio3 . Per alcuni la riduzione è stata consistente, oltre il 10% della superficie totale agricola. Si tratta di San Donà, Dolo, Fossò, Marcon, Noventa di Piave, Spinea. All'estremo opposto, ci sono ben 8 comuni che sembra (fino a che non sono disponibili i dati "territorializzati" il condizionale è d'obbligo) abbiano aumentato gli spazi rurali (una "riconquista" della campagna di oltre il 10% rispetto al 1990). Sono, nell'ordine, Jesolo, Torre di Mosto, Mira, Fossalta di Piave, S.Stino, Eraclea, Stra, Fiesso.
A livello complessivo provinciale le trasformazioni nell'ultimo decennio si sono concretizzate in una diminuzione sia della superficie totale agricola che della SAU ma con ritmi tra loro diversi, cioè con una intensificazione dell'utilizzo delle aree agricole ancora esistenti. Nei singoli comuni la situazione è alquanto diversa: in ben 24 comuni si assiste ad un processo inverso, cioè ad una diminuzione dello sfruttamento del terreno agricolo e, negli altri casi, ad eccezione di Campagna Lupia e Vigonovo, ad una variazione di utilizzo nell'ultimo decennio più ridotta della media provinciale.
Approfondendo meglio la questione, e quindi analizzando anche i comuni di Venezia e Cavallino-Treporti (come se fossero ancora un unico comune perché i dati del 1990 non ci permettono di trattarli separatamente) si scopre che, in termini assoluti, la maggior parte della diminuzione delle aree agricole è concentrata a Venezia dove sembrerebbe che il patrimonio agricolo sia stato eroso del 59% negli ultimi 10 anni (-11.255 ettari) e che l'utilizzo delle zone agricole rimanenti sia largamente aumentato (nel 1990 la quota di SAU sul totale superficie agricola era del 40%; nel 2000 tale dato sale al 63%).
Durante l'ultimo decennio non sembra di intravedere, dal vivo, una variazione della geografia del capoluogo tale da spiegare un cambiamento d'uso di una larga parte della superficie comunale. Forse i terreni potrebbero continuare ad essere "campagna", ma incolti e soprattutto non più legati ad una azienda agricola (il numero delle aziende agricole nel capoluogo è diminuito del 48%; nel 1990 ne sono state censite 2.122 e nel 2000 solo 1.112). Greenfield pronti a diventare nuove aree urbanizzate, come si diceva.
Altra possibile spiegazione potrebbe risiedere nella sovrastima del dato al 1990 o, in ogni caso, nella sua inconfrontabilità con il 2000. Il Servizio Statistica e Ricerca del Comune di Venezia ha depurato, per quanto possibile, alcune evidenti distorsioni ottenendo una stima, per il solo capoluogo nelle sue attuali delimitazioni amministrative, pari a 4.815,5 ettari di superficie agricola totale e 4.013,0 di SAU. Tale dato, confrontato con il 2000 non solo annullerebbe questa importante erosione delle aree agricole, ma addirittura ne registrerebbe un aumento.
Nell'ambito degli studi presentanti in occasione della Seconda Conferenza Economica Provinciale, l'Assessorato alle attività produttive della Provincia di Venezia ha richiesto all'IRES Veneto uno studio sull'agricoltura veneziana. Dalla pubblicazione dei risultati (Provincia di Venezia, COEP2, I nuovi scenari dell'agricoltura nella provincia di Venezia, 2004, Venezia) ricaviamo alcune riflessioni circa la specializzazione produttiva dei terreni agricoli (pag.41 e seg.).
"Stabilite sette categorie di utilizzazione della SAU (cereali, altri seminativi, ortive, orti familiari, vite, altre coltivazioni legnose agrarie, prati permanenti e pascoli), per ciascuna di esse è stata calcolata in ciascun comune l'incidenza percentuale della superficie investita sulla composizione della SAU; queste percentuali sono state quindi messe a confronto con quelle provinciali e ciascun comune è stato assegnato alla categoria di coltivazione alla quale corrisponde il massimo scarto positivo (in punti percentuali). [
] La classificazione così ottenuta può ritenersi indicativa delle specializzazioni locali della SAU nel senso che, rispetto a criteri basati sull'individuazione della categoria colturale prevalente, tende ad esaltare le concentrazioni "anomale" delle diverse categorie a prescindere dalla loro incidenza in termini assoluti. Naturalmente, in molti casi, la tipologia colturale prevalente e quella individuata come "significativamente concentrata" coincidono: non sono infrequenti, tuttavia, i casi in cui ciò non si verifica. Nel comune di Chioggia, ad es., la coltivazione prevalente in assoluto è quella dei cereali, che investe il 47,2% della SAU: tale valore, però, non viene preso in considerazione, in quanto "normale" per la provincia di Venezia (equivale esattamente, infatti, a quello medio provinciale). La quota delle ortive (23,7%) è, invece, la più distante (in positivo) della media provinciale (2,8%) e pertanto il comune è stato classificato fra quelli specializzati nell'orticoltura. [
] Applicando tale metodo i comuni risultano così classificati:
Cereali: i comuni specializzati sono 18, localizzati prevalentemente nel settore occidentale della provincia (Brenta-Dese e Adige), dove la coltura dominante è generalmente quella del granoturco, che supera in molti casi il 50% della SAU.
Altri seminativi: 15 comuni, prevalentemente situati nella parte centro-orientale della provincia (Venezia-Mestre, Piave e Livenza-Tagliamento). Le colture più praticate sono quelle della soia e della barbabietola da zucchero: la prima tende a prevalere nelle zone interne, mentre la seconda si concentra soprattutto nella fascia litoranea del Piave e del Livenza-Tagliamento.
Ortive: i comuni specializzati sono soltanto due: Cavallino-Treporti (Piave) e Chioggia (Adige), nei quali si concentra la quasi totalità delle colture protette della Provincia.
Vite: 6 comuni, tutti localizzati nella parte orientale, in zone distinte. Alla prima, compresa nell'ambito territoriale del Piave, appartengono Fossalta di Piave, San Donà e Noventa; alla seconda, compresa nell'ambito del Livenza-Tagliamento, appartengono i comuni di Annone Veneto, Portogruaro e Pramaggiore.
Altre coltivazioni legnose: a questa classe appartiene il solo comune di Jesolo (Piave), le cui aziende totalizzano circa 300 ettari investiti a fruttiferi.
Prati permanenti e pascoli: a questa classe appartengono due comuni: Santo Stino di Livenza (Livenza-Tagliamento) e Mira (Brenta Dese-Sud). In entrambi i casi, la concentrazione di prati e pascoli si associa a una forte prevalenza di seminativi ed è probabilmente connessa a fenomeni di riconversione produttiva o, più semplicemente, di avvicendamento delle colture".
Ciò che emerge da una prima analisi degli elementi demografici e di densità unitamente a quelli agricoli ed abitativi, è la difficoltà a raggruppare i comuni per comportamenti ed usi simili.
Ogni indizio di regolarità viene subito smentito dall'andamento di un altro comune o da un'altra grandezza. È tipico di ogni fenomeno complesso, come si presenta il tema dell'utilizzo del suolo, dove il tentativo di classificazione delle unità amministrative per comportamenti ed andamenti simili fa perdere una quota di variabilità4.
Per una migliore lettura della tab.7 sono stati indicati con le tonalità del giallo-rosso gli elementi di rilievo demografico (comune a importante taglia demografica e a popolazione crescente); con le tonalità del verde gli aspetti che caratterizzano i comuni agricoli con molte case sparse; con le tonalità del viola le effervescenze o le "anomalie" del settore abitativo; con le tonalità del celeste le ampiezze delle superfici totali e le densità abitative rilevanti; con le tonalità del grigio i casi di maggiore addensamento nei centri.
Di seguito vengono proposte alcune parziali e possibili letture.
Il centro e tutto intorno campagna: è il caso di Teglio e Fossalta di Piave, comunità di piccole dimensioni, anche in termini di superficie, in cui si registra una tenuta demografica.
Anche Fossalta di Portogruaro sembra rientrare in questo gruppo, ma con alcune distinzioni rispetto ai primi due: è un comune più esteso con un maggiore mantenimento e rafforzamento della tradizione agricola, una maggiore densità abitativa e una minore concentrazione nei centri.
Pur non essendo un comune classificato come agricolo, anche Stra ha un andamento similare: dimensioni ridotte, una certa vivacità demografica che si esplica soprattutto nei centri e una riconquista dei terreni da parte dell'agricoltura sia in termini quantitativi che di utilizzo.
Viva la vita in case sparse. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare in precedenza ci sono una serie di comuni dove l'abitare in case sparse è ancora una pratica diffusa.
Per alcuni (Musile di Piave, Cona, Annone, Jesolo) ciò coincide anche con uno spiccato utilizzo del suolo per attività agricole e con una contenuta diminuzione di popolazione che abita nelle case sparse medesime (anche nel caso di Cona che sta vivendo una stagione di recessione demografica).
Per altri si verifica lo stesso fenomeno pur se in modo meno evidente: si tratta di Eraclea, Meolo, Ceggia, Pramaggiore, Torre di Mosto, Cavarzere, Gruaro. Nei primi 5 comuni il fenomeno si accompagna ad un andamento positivo della popolazione residente, mentre a Gruaro e Cavarzere il calo complessivo degli abitanti avviene per lo più a discapito dei nuclei e, per Cavarzere, anche dei centri.
Per S.Stino e Campolongo, anch'essi comuni classificati come agricoli, la presenza di abitazioni e popolazione nelle case sparse è importante, ma il fascino dell'abitare isolati non ha coinvolto né i nuovi abitanti che si sono aggiunti nell'ultimo decennio, né la comunità già residente.
La vita in abitazioni sparse è praticata anche in alcuni comuni non classificati come agricoli:
Per qualcuno il fascino della vita agreste si sta opacizzando. Noventa di Piave e Pianiga pur mantenendo una quota evidente di case sparse, stanno perdendo interesse nei confronti della vita "isolata" (a tutto vantaggio dei nuclei e dei centri) e dell'attività rurale stessa (sono in dismissione molti terreni che un decennio fa appartenevano al patrimonio delle aziende agricole).
Interesse passato e presente per le frange. Salzano e Matellago, comuni ad alta densità abitativa e ad espansione demografica, si caratterizzano, oltre che per una quota ridotta di territorio destinata all'attività agricola, anche per la dislocazione degli abitati: nel primo caso i nuclei rappresentano una parte importante del comune (il passato) e si affaccia un andamento della popolazione più rivolto verso i centri; nel secondo i nuclei "assorbono" invece buona parte dell'aumento di popolazione a fronte di una presenza nei centri ancora dominante.
Campagna Lupia è invece un comune con una pressione abitativa del suolo notevolmente minore rispetto a Salzano e Martellago, ma abbiamo inteso accomunarlo ai primi due non solo per la sua espansione demografica e per la scarsa rilevanza dimensionale dei terreni in gestione alle aziende agricole, ma soprattutto per una distribuzione e un andamento della popolazione nelle varie località abitate simile a quella descritta per Salzano (alta quota di abitanti nei nuclei e uno sviluppo dei centri).
Portogruaro, comune di grandi dimensioni e taglia demografica, presenta una densità abitativa contenuta e una quota maggiore di abitanti nei nuclei. A fronte di una diminuzione complessiva della popolazione residente si nota un aumento di abitanti nei centri.
Si precisa la dualità centro-campagna. Aumenta il peso dei terreni agricoli e aumenta consistentemente anche la popolazione. Camponogara, comune ad alta densità abitativa ancora per lo più concentrata nei nuclei, sta trasformando le proprie periferie: la pressione demografica esercitata su una superficie già di per sé ridotta e in larga parte destinata alle attività agricole si riversa sui nuclei e sui centri (entrambi in aumento).
Si ridimensiona la "pressione" sul territorio. I comuni di Concordia Sagittaria e San Michele al Tagliamento, il primo agricolo e il secondo turistico (Bibione, con un ampio patrimonio di case ad uso vacanza situate in edifici plurifamiliari), si sono caratterizzati negli anni Novanta per un ridimensionamento su più fronti: dal numero di residenti, alle superfici in capo alle aziende agricole. Anche l'aumento del patrimonio edilizio è più contenuto di quello registrato in molti altri comuni veneziani (la graduatoria li vede rispettivamente al 31° e al 34° posto). Entrambi comuni con bassa densità abitativa e una concentrazione degli abitanti e della case nei centri, hanno "spalmato" la riduzione demografica in tutte le località abitate.
Chioggia e Cavallino turistici e agricoli. Nella provincia di Venezia gli unici due comuni specializzati nella coltura delle ortive sono proprio loro. Qui si concentrano la quasi totalità delle colture protette della provincia. Non sono classificati come comuni agricoli per la varietà dell'uso del suolo che vede, oltre all'agricoltura, anche un'imponente macchina turistica che preme il territorio attorno alle spiagge. Ma le similitudini tra i due comuni si fermano qui. Il primo, con la taglia demografica provinciale più grande (preceduto solo dal capoluogo) sta vivendo un forte declino della popolazione residente in tutte le località abitate. La densità abitativa è molto elevata e gli abitanti sono fortemente concentrati nei centri. L'affaccio al mare e alla laguna viene sfruttato anche per le attività legate alla pesca e, nell'ultimo decennio, si è assistito ad un recupero di superficie da parte delle aziende agricole. Il secondo, parte del capoluogo fino al 1999, è un comune di medie dimensioni in espansione demografica e con una densità abitativa piuttosto contenuta. Le case sparse sono percepite come un buon posto dove vivere (circa il 28% della popolazione vi risiede), mentre poco si può dire sull'andamento dei terreni agricoli visto l'impossibilità, per il 1990, di scindere i dati di Cavallino da quelli di Venezia.
Siamo una città. San Donà e Dolo, importanti sotto il profilo della taglia demografica (più il primo del secondo) e della densità abitativa, ognuno partendo da punti diversi stanno sviluppando una continua intensificazione dei centri attraverso l'aumento della popolazione residente e la diminuzione dei terreni agricoli. San Donà non è già più classificato come comune agricolo anche se alla continua diminuzione di suolo destinato a tale attività fa da contraltare un maggiore utilizzo di quello ancora esistente. Dolo, ancora agricolo in termini di percentuale di superficie, contrae sempre più questa sua dimensione non solo in quantità complessive, ma anche con riferimento all'uso (SAU). Inoltre, alcune zone classificate precedentemente come case sparse ora sono passate a nuclei assegnando a questi ultimi un andamento decennale più che positivo in termini di popolazione residente.
Spinea "città consolidata". È il comune a più alta densità abitativa e nell'ultimo decennio subisce una battuta di arresto nella crescita della propria taglia demografica. La popolazione è concentrata per lo più nei centri e si evince una scarsa presenza di superfici agricole, un uso limitato del suolo agricolo e una diminuzione dei terreni di competenza delle aziende agricole.
Costruire per chi vive qui, tutto l'anno. Si è placata l'onda edilizia dei comuni turistici di Caorle, San Michele (Bibione) e Jesolo. Nell'ultimo decennio la spinta del settore edilizio è avvenuta nelle aree in cui si è verificata una concomitante espansione demografica. È il caso di Quarto d'Altino, S. Maria di Sala, Meolo, Fossò, Marcon, Vigonovo, Scorzè, Torre di Mosto dove l'aumento del patrimonio abitativo è risultato di oltre un quarto rispetto all'esistente. Il forte incremento del numero di abitazioni ad Eraclea sembra invece un'onda lunga e ritardata del turismo mescolata a quella demografica che porta a sviluppare la residenza anche nelle zone periferiche.
Caorle: i condomini li lasciamo ai turisti. Il comune presenta un assetto tipico di alcune zone turistiche: una concentrazione di edificato nei centri che non corrisponde ad una uguale quota di abitanti. Le case nei centri per i turisti e quelle in periferia per i residenti, fenomeno che si è sviluppato in quest'ultimo decennio assieme ad una complessiva crescita demografica. È un comune a bassa densità abitativa anche se presenta un edificato plurifamiliare tra i più spinti della provincia (i grandi condomini sono, appunto, per i turisti).
Stiamo cambiando la nostra geografia. Marcon, Santa Maria di Sala, Vigonovo, Fossò, Quarto d'Altino, Scorzè e Noale nell'intervallo intercensuario hanno subìto consistenti modifiche economiche e abitative che hanno avuto ripercussioni sull'uso e sulla classificazione del suolo. Per tutti, tranne Vigonovo e Scorzè, si registra innanzitutto una erosione delle superfici destinate alle aziende agricole.
Per Marcon la vita e l'economia agreste stanno diventando un ricordo del passato. È un comune in forte espansione demografica ed edilizia con un accentuato interesse per la vita nei centri.
Pur mantenendo ancora una rilevante presenza di abitazioni e popolazione nelle case sparse, anche Noale e soprattutto S.Maria di Sala stanno trasformando ciò che prima era periferia e campagna (nuclei e case sparse) in centri a seguito del loro elevato sviluppo demografico ed edilizio.
Vigonovo, pur mantenendo, come già detto, un forte legame con la campagna, ha vissuto nell'ultimo decennio una espansione edilizia addirittura 4-5 volte superiore alla sua espansione demografica (+28,2% per il numero di abitazioni e +6,4% per gli abitanti) dando un forte impulso al processo di accentramento.
Quarto d'Altino e Scorzè, ancora classificati come comuni agricoli (data la consistente incidenza dei terreni agricoli sul totale superficie comunale), hanno vissuto un decennio di forte effervescenza demografica ed edilizia, ridisegnando la geografia delle località abitate a tutto vantaggio dei centri. Quarto d'Altino ha quasi raddoppiato il proprio patrimonio abitativo (il maggiore aumento percentuale del veneziano), evidentemente puntando ad un progressivo allargamento della propria taglia demografica anche nel futuro (l'11% delle abitazioni risulta infatti non occupato).
L'alto sviluppo demografico ed edilizio (rispettivamente +11,1% e +32,4%) ha favorito un ulteriore aumento della vita nei centri anche a Fossò.
La quiete dopo la tempesta. Dopo lo sviluppo dei precedenti decenni, tipico dei comuni di prima cintura del capoluogo, negli anni Novanta Mira, comune ad alta densità abitativa, ha spento la propria forza espansiva demografica ed edilizia e si è invece orientato nell'incremento delle superfici in dotazione alle aziende agricole anche se con uno sfruttamento a fini produttivi abbastanza limitato rispetto alla media provinciale.
Anche Fiesso, pur con una superficie e una taglia demografica diversa, registra un andamento di alcune variabili simile a quello di Mira. La sua popolazione, in recessione nell'ultimo decennio, abita densamente nei centri e lascia sempre più spazio alle aziende agricole le quali, a differenza di Mira, propongono un interessante livello d'uso dei terreni a fini agricoli.
Venezia, calo vertiginoso dei terreni agricoli. Negli anni Novanta nel capoluogo è avvenuta, secondo i dati degli ultimi due Censimenti, una "rivoluzione agraria": sarà così nella realtà o la fotografia è risultata sfuocata? Come già detto precedentemente, le aziende agricole si sono dimezzate; ciò ha corrisposto ad una perdita di superfici agricole pari al 59% del totale. Con la dismissione di oltre 11 mila ettari di terreno agricolo si impoverisce l'articolazione del tessuto produttivo della città e contemporaneamente si aprono nuovi quesiti e nuove opportunità per il loro impiego. Tanto più se si guarda agli aspetti della pressione demografica che, pur essendo complessivamente in ampio declino, risulta in aumento nei nuclei e nelle case sparse.
La difficoltà di lettura congiunta degli indicatori proposti ci fa propendere verso un approfondimento con analisi statistiche multivariate che verranno presentate quando saranno disponibili ulteriori informazioni atte a fotografare altri elementi del territorio veneziano e quando si potrà disporre delle superfici agricole "attribuite" al comune di effettiva localizzazione e non, come ora, assegnate tutte al comune sede dell'azienda agricola.
È disponibile per il Download l'Allegato statistico a cura di: Vania Colladel
Sono scaricabili anche le Mappe tematiche a cura di: Silvia Aliprandi
1. A. Bondesan, M. Meneghel (a cura di), Geomorfologia della Provincia di Venezia. Note illustrative della carta geomorfologica della Provincia di Venezia, 2004, Esedra Editrice, Padova, pag. 16.
2. In questa sede si intende proporre una analisi delle abitazioni funzionale alla descrizione dell'utilizzo del suolo e della geografia del territorio. Per l'osservazione incentrata sulla tematica della residenza, invece, si rinvia ad un successivo documento di approfondimento.
3. Le analisi comunali delle variazioni avvenute nell'ultimo decennio non considerano i comuni di Venezia e di Cavallino-Treporti che nel 1990 erano ancora un'unica unità amministrativa.
4. Per le analisi multivariate (ad esempio le cluster analyses) la determinazione dei gruppi è effettuata sulla base dei confronti dei profili dei singoli comuni con il profilo medio provinciale. A priori devono essere distinte le variabili "attive" (cioè variabili sulla base delle quali si cerca di ottenere una plausibile spiegazione dell'oggetto preminente dell'indagine) da quelle "supplementari" (ovvero variabili che non vengono utilizzate nella individuazione delle classi, ma che contribuiscono a meglio descriverne il profilo). I risultati che si ottengono (le classi di comuni) riescono a cogliere e spiegare solo una quota parte della variabilità dei fenomeni indagati (i pacchetti informatici predisposti per tali analisi forniscono, assieme alle classi, anche la percentuale di inerzia spiegata).
Anche non utilizzando tecniche multidimensionali si incorre in una certa perdita di variabilità, oltretutto non sempre misurabile. Ad esempio, nel caso qui presentato, da un lato si è operata una ri-classificazione delle variabili in 4 modalità (livello basso, medio-basso, medio-alto, alto) e, dall'altro, si sono messe in evidenza difformità e similitudini attraverso una sorta di corposo insieme di raggruppamenti.
In generale, qualsiasi tentativo di classificazione e di semplificazione di un fenomeno o, ancor più, di un insieme di fenomeni, porta con sé una inevitabile "perdita informativa" (varianza non spiegata).