Fondaco Profilo della Provincia

Estratto dal Rapporto 102 Provincia di Venezia RELAZIONE SUI CARATTERI STRUTTURALI E CONGIUNTURALI DELL'ECONOMIA E DELLA SOCIETÀ IN PROVINCIA DI VENEZIA 2004 - 2005 Allegato al Bilancio di Previsione dell'Amministrazione provinciale di Venezia per l'esercizio 2006/2008. Novembre 2005.

I capitoli sull'economia sono stati curati da Luca Ciresola e Giuliano Zanon.

13. La provincia di Venezia nel contesto generale - 2004


L'Italia nel mondo

Il 2004 è stato uno degli anni di crescita più elevata dell'economia internazionale dell'ultimo trentennio, nonostante il rallentamento registrato verso la fine dell'anno. Il Pil mondiale è aumentato del 5%, mentre l'espansione del commercio internazionale ha raggiunto il 9%, superando ogni aspettativa. Si tratta di un risultato eccezionale, verificatosi malgrado il rincaro del petrolio ed il valore record del cambio euro/dollaro.
La crescita mondiale è risultata sbilanciata, con una ripresa trainata da Stati Uniti ed Asia (in particolare Cina, ma anche Giappone ed India). L'Europa è uscita dalla stagnazione, ma con uno scarso dinamismo.
Il risultato del 2004 ha confermato tutte le previsioni dei principali osservatori, che immaginano un andamento favorevole anche per il 2005, seppure con esiti leggermente più ridotti (+4,3%).

Dopo il primo semestre alquanto "fiacco", la congiuntura economica italiana ha manifestato, a fine estate, alcuni segni di miglioramento. In agosto si è verificato un balzo del fatturato (+6,6%) e degli ordinativi (+1,1%) dell'industria, che hanno portato rispettivamente ad una crescita dell'11,1% e del 12,9% nel confronto con l'agosto 2004. Anche a luglio, pur con valori più modesti, si era avuta una variazione positiva rispetto al mese di giugno e al corrispondente periodo dell'esercizio precedente. Inoltre, il Pil nel secondo trimestre di quest'anno, è aumentato dello 0,7% rispetto al trimestre precedente. Si tratta di un valore superiore a quello della media dell'UE (0,3%). Tuttavia, mentre in Italia il confronto viene eseguito con il risultato negativo della prima parte dell'anno, nell'UE anche nel primo trimestre si era verificata una tendenza positiva.

Il miglioramento della produzione industriale poteva in qualche modo essere previsto dal forte incremento verificatosi nelle importazioni, che faceva pensare ad una riorganizzazione in atto in molti comparti, piuttosto che a una vera crisi dell'industria.
Alcuni esponenti del governo (unitamente a qualche rara voce proveniente dal mondo economico) si sono subito affrettati a dichiarare che il periodo peggiore era passato e che l'economia stava riprendendo una tendenza espansiva: "la stagnazione è finita, le politiche di rilancio industriale hanno ben operato e già prodotto i loro risultati positivi".
I risultati della congiuntura italiana negli ultimi mesi appaiono comunque interessanti, perché possono far prevedere una svolta, seppur moderata. Ciò avviene dopo un primo trimestre 2005 ancora una volta negativo, che aveva portato i principali osservatori a correggere all'indietro le previsioni di variazione del Pil su base annua (diminuito dello 0,2%), anche a seguito dell' avvenuto sforamento dei parametri di Maastricht.
Se la recente dinamica positiva di alcuni comparti industriali (meccanica, apparecchi elettrici, prodotti in metallo) risulterà estesa ad altri ambiti e settori produttivi e durerà anche nei mesi che concludono l'anno, si dovrebbero attenuare le previsioni sostanzialmente negative per l'andamento generale dell'economia italiana. Il 2005 resterà comunque segnato da una "crescita zero", non sarà neppure in grado di ripetere il modesto risultato del passato esercizio (1%). Forse il 2006 potrebbe essere finalmente l'anno di una ripresa, seppur moderata.
La crescita del Pil italiano del corrente anno (secondo le ipotesi convergenti di diversi istituti) dovrebbe attestarsi sullo 0,2%-0,3% e solo nel 2006 dovrebbe ritornare significativa (+1,6%). Per il 2005, verrebbe conseguentemente confermata la fase difficile nella quale già da tempo si dibatte l'economia del nostro paese, che ha anche verificato due trimestri di "recessione tecnica".
Gli esiti recenti fanno credere che si tratti maggiormente di uno scampato pericolo, piuttosto che del riavvio deciso dell'economia. Sono ormai anni che il sistema produttivo si trova in una situazione precaria, con una strisciante stagnazione. Il modesto 1% di incremento del Pil nel 2004 non è stato sufficiente a far uscire dalle secche un'economia che strutturalmente ha perso molte occasioni.
Anche i più importanti osservatori economici non sono propensi ad immaginare sensibili miglioramenti nel futuro. Fino al 2015 non ritengono che l'Italia realizzi aumenti del Pil sopra l'1,6%. I segnali di ripresa non autorizzano a far pensare ad un cambiamento di tendenza, tanto meno ad una significativa modifica strutturale.
Sulla base degli elementi disponibili a fine ottobre, l'ottimismo espresso pare poco fondato, se assieme ai dati esposti si considerano altri aspetti della composita realtà economica. Accenniamo ad alcuni di questi.
Nel corso del 2005, si è aggravato il saldo negativo della bilancia commerciale, già fortemente in deficit e si sono ulteriormente deteriorati altri indicatori riferiti a diversi aspetti della situazione interna e al posizionamento dell'Italia nel contesto internazionale.

Per quanto riguarda l'import/export, va segnalato che gli scambi con i paesi extra UE (40% del totale) contribuiscono in maniera decisiva al dilatarsi del deficit commerciale. Malgrado un aumento delle esportazioni (+6%) e un buon recupero registrato nei flussi diretti verso USA e Cina, le importazioni da quest'ultimo paese sono cresciute in maniera molto più rapida. Esse, da sole, spiegano la gran parte dell'esito negativo registrato.
A settembre 2005 il deficit della bilancia commerciale ha superato i 2 miliardi di euro. Si tratta di un valore pari a quasi tre volte quello del corrispondente mese del 2004. Con tale apporto, nella prima parte dell'anno corrente, il disavanzo ha toccato i 7,5 miliardi, mentre era inferiore a 250 milioni per lo stesso periodo dello scorso anno. È necessario risalire al 1993 per ritrovare una situazione altrettanto precaria. Bolletta energetica ed import cinesi sono gli elementi che hanno trainato gli effetti registrati. Entrambi sembrano dover caratterizzare anche il futuro più o meno prossimo e non autorizzano previsioni benevole.
In effetti la situazione difficile viene confermata da ricorrenti perdite di posizione nelle diverse graduatorie compilate a livello internazionale.

Per quanto riguarda la capacità competitiva, l'Italia ha mantenuto nel 2005 la stessa posizione occupata l'anno precedente (47 su 60), dopo aver perduto 6 posti tra 2003 e 2004 e allontanandosi di ben 17 posti dalla posizione occupata nel 2000. Viceversa, i maggiori paesi europei hanno migliorato o confermato la loro capacità competitiva, collocandosi appena dopo il 10° posto nella classifica.

A ciò si accompagna una perdita di otto punti per quanto riguarda la capacità di attuare investimenti esterni. Secondo il Business International, ha perso otto punti in classifica e si situa al 31° posto su sessanta paesi. È il risultato peggiore degli ultimi anni. Esso colloca l'Italia al livello dei paesi europei meno brillanti, nel gruppo a cui appartengono Grecia, Spagna e Messico. Malgrado le critiche che si rivolgono a tale indicatore, è sicuramente una performance poco brillante.

Negli ultimi giorni di ottobre, l'autorevole previsione che anticipa le stime autunnali dell'Esecutivo europeo non sembra condividere il giudizio positivo dei nostri governanti. Tale organo, infatti, sulla scorta delle analisi più aggiornate, ha rivisto verso il basso le valutazioni effettuate in primavera, sia per quanto riguarda l'Unione nel suo insieme, sia per i principali paesi membri, tra i quali l'Italia. Se a fine anno il risultato previsto sarà confermato, si tratterrà probabilmente del peggiore esito tra i paesi appartenenti all'UE. Il quadro anticipato si inserisce in una prospettiva poco esaltante, per tutti gli aspetti considerati e per l'insieme dell'area UE.
L'Italia si colloca comunque al di sotto dei valori medi europei, sia per l'esercizio che sta per concludersi, sia per il prossimo. Caro petrolio, disoccupazione elevata, inflazione crescente, contribuiranno pesantemente a tali esiti, che risulteranno solo attenuati dall'influenza favorevole di bassi tassi di interesse, dell'aumento dei profitti aziendali e della svalutazione dell'euro.

A luglio 2005, le stime contenute nel Dpef (Documento di Programmazione Economica Finanziaria) predisposto dal governo (che negli ultimi esercizi si è sempre dimostrato largamente più ottimista della realtà) indicavano un Pil reale costante (+0,0%), un Pil potenziale in crescita (+1,3), un indebitamento netto della P.A. (-4,3%), nonché un saldo primario pari allo 0,6% e un debito pubblico del 108,2%. Si tratta di valori tutti peggiori di quelli constatati nell'esercizio precedente. In realtà, i primi dati divulgati relativi a Pil, investimenti e produzione industriale (estesi su base annua) fanno ritenere molto difficile il raggiungimento degli obiettivi previsti nel documento di bilancio.
Questa situazione non sorprende se si considerano le misure previste nei provvedimenti adottati dalle nostre autorità governative con le diverse "finanziarie". Il ministro competente sostiene che il Pil crescerà da solo e non servono particolari interventi. Secondo quanto ha recentemente commentato un quotidiano: "in realtà l'economia italiana non si muove, appare una macchina in cui si è rotto qualche ingranaggio e il motore della crescita funziona al minimo di giri. L'Italia è ferma, sembra morta, ma non è vero, respira e questo è già qualcosa".
Comunque, come spesso è accaduto in questi ultimi anni di fronte alla situazione precaria di stagnazione e persino di lieve recessione in cui l'economia si è dibattuta, le terapie sono risultate incerte e molto difficili. Sembra di stare in una situazione analoga a quella in cui si trovano i medici accorsi al capezzale di Pinocchio (nel famoso libro di Collodi) per sapere se "questo disgraziato burattino sia morto o vivo!".

"A vederlo pareva morto, ma non dev'essere ancora morto per bene, perché appena gli ho sciolto il nodo scorsoio che lo stringeva attorno alla gola, ha lasciato andare un sospiro, balbettando a mezza voce: "Ora mi sento molto meglio" aveva sentenziato il corvo"
Il primo medico sentenziò: A mio credere il burattino è bell'è morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!"
Ma il secondo medico replicò "per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero!"

Non sarebbe difficile applicare alla situazione della nostra economia la diagnosi rivolta al povero Pinocchio! Situazione, diagnosi e rimedi, non sono molto dissimili.


Il Veneto

Anche l'economia regionale, nel corso del 2004, ha registrato un esito modesto, che non si discosta dalla media dell'Italia e dalle attese degli operatori. La perdurante fase di bassa crescita dell'economia ha fatto registrare un processo di ristrutturazione che investe soprattutto le strutture economiche, ma coinvolge anche l'insieme della società veneta.

Il Pil ha avuto un aumento dell'1,2%, che pur allontanandosi dai risultati negativi del 2002 (-0,7%) e dall'incerto 2003 (+0,4%), non appare ancora in grado di far uscire l'economia regionale dal lungo periodo di stasi.

L'industria manifatturiera ha manifestato risultati poco favorevoli, pur con un ritorno a livelli positivi della produzione e del fatturato. Migliore è il trend del comparto edile.

Le buone condizioni climatiche hanno permesso al settore agricolo un certo recupero rispetto alla stagione negativa del 2003. In tal modo, il settore primario ha contribuito in modo sensibile alla crescita del Pil reale.

Minore è stato l'apporto dei Servizi, tra i quali si evidenzia una flessione dei consumi (e conseguentemente del commercio interno), un esito non completamente positivo per il variegato comparto turistico, mentre porti ed aeroporti hanno il loro sviluppo (in termini sia di passeggeri, sia di merci trasportate).

Le esportazioni hanno registrato un incremento nominale del 4,2%. Le importazioni sono aumentate del 7,4%, sostenute dai flussi provenienti sia dai paesi emergenti (Europa dell'est ed economie asiatiche) sia dagli Stati Uniti, in quest'ultimo caso per effetto della svalutazione del dollaro. Il saldo import-export per il Veneto continua comunque ad essere positivo.

Per effetto dell'onda lunga della regolarizzazione degli immigrati, in Veneto la popolazione nel corso del 2004 è cresciuta, mantenendo costante la quota in età lavorativa.

Nel corso dell'anno, si è verificato un aumento dell'occupazione, ma la spinta espansiva si è esaurita nell'ultima parte dello stesso, mentre è cresciuto il ricorso all'impiego degli ammortizzatori sociali (Cig, mobilità, sussidi di disoccupazione). Ciò sicuramente riflette le difficoltà di una situazione di stagnazione dell'economia, ma anche di rilevanti trasformazioni in atto. Prosegue l'aumento dell'occupazione nei Servizi e la partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Aumenta anche la partecipazione degli immigrati, che raggiungono le 200 mila unità e rappresentano l'8% del totale delle forze di lavoro.


La provincia di Venezia

Risulta molto difficile proporre una riflessione articolata sull'andamento dell'economia nella provincia veneziana, in quanto a tutt'oggi non sono ancora disponibili dati certi sui principali indicatori utilizzati per l'intero anno 2004. Malgrado ciò, dalle informazioni frammentarie disponibili, si può ritenere che l'area provinciale non si discosti in misura significativa dall'esito regionale. Talvolta, dimostra risultati più modesti di quelli regionali o maggiormente negativi, in altri casi le variazioni sono di segno positivo. Appartengono alla prima classe, in genere, i dati relativi all'industria, mentre sono significativamente migliori quelli riguardanti i settori di specializzazione dell'area veneziana (porti, aeroporto, turismo).

Per quanto concerne l'andamento dell'industria manifatturiera veneziana, le due fonti disponibili (Un industria e Camera di Commercio) forniscono risultati parzialmente divergenti. La produzione nelle aziende aderenti a Unindustria è cresciuta dello 0,5% contro lo 0,3% regionale. Diminuiscono molto di più gli ordini e pertanto si configura una situazione probabilmente negativa nel 2005. Contro un 40% di quota esportata a livello veneto, nella provincia veneziana tale valore scende ad un quarto della produzione totale. Da ultimo, per quanto riguarda l'occupazione, si constata un andamento negativo (-7%), analogo al dato regionale.
Per il campione della Camera di Commercio, il settore industriale nel 2004 si è caratterizzato per un generale peggioramento degli indici di performance per il settore manifatturiero, con l'unica eccezione dal lato degli occupati, che risulta positivo (e pertanto di segno opposto a quello riscontrato per il campione Un industria).
Il fatto che la dimensione aziendale degli appartenenti ai due campioni è relativamente diversa, spiega probabilmente questo diverso comportamento.
Per il 2005, entrambi gli osservatori prevedevano andamenti positivi e davano tutti gli indicatori in crescita. I più recenti risultati, riferiti al secondo trimestre dell'anno corrente, smentiscono tali ipotesi, confermando il prolungarsi del periodo di stallo che sta interessando l'economia provinciale. Infatti, rispetto all'analogo periodo 2004, calano produzione, fatturato e scambi commerciali, nonché il numero di occupati. Nel Veneto, invece, nei primi due trimestri dell'anno, ed in particolare in alcune province, sono evidenti segni di recupero per il settore secondario, e si prevedono prospettive ancora migliori, con l'unica eccezione per quanto riguarda l'occupazione, ancora in difficoltà. In realtà, i risultati appaiono ancora troppo deboli e non consentono di immaginare una definitiva uscita dalla fase congiunturale avversa.

Per quanto riguarda le attività caratteristiche del settore produttivo provinciale, vanno segnalati i risultati, ancora una volta positivi nel 2004 ed in questa prima parte dell'anno, per porti (con l'unica eccezione del traffico petrolifero, in diminuzione a Venezia, che determina anche un leggero calo per l'intera movimentazione delle merci in questo scalo) aeroporto e settore turistico.
In quest'ultimo caso, è Venezia, soprattutto con il suo Centro Storico, a compensare con risultati sorprendenti (quasi il 16% in più di presenze) l'andamento problematico delle spiagge nel 2004 (con l'unica eccezione di Eraclea, che ha registrato un incremento di flussi turistici).
Anche nel 2005, i primi risultati confermano alcune difficoltà delle località balneari a recuperare e diversificare la clientela, con particolari problemi per Jesolo, mentre continua ancora la tendenza molto positiva di Venezia.

Dopo due anni particolarmente difficili per i flussi commerciali con l'estero (del Veneto come di Venezia) il 2004 ha evidenziato segnali di ripresa. La nostra provincia ha acquistato all'estero il 13,6% in più rispetto all'anno precedente. Rimangono però delle difficoltà in termini di capacità competitiva sui mercati internazionali, con valori di export stabili (+0,6%). Nel 2004 gli scambi commerciali superano i 9 miliardi di euro, con 4.761 milioni di euro di acquisti e 4.311 milioni di euro di vendite.

La popolazione della provincia ammonta al 31 dicembre 2004 a 829.418 persone. Rispetto all'inizio dell'anno si registrano quindi quasi 7.000 "nuovi" residenti (+0,8%). Ciò è frutto principalmente delle iscrizioni anagrafiche successive alla regolarizzazione degli stranieri. Saldo naturale e movimento naturale movimento interno all'Italia sono risultati negativi, compensati dall'incremento del movimento migratorio con l'estero. La crescita è stata più moderata rispetto al 2003, in quanto si sta riducendo l'effetto positivo della regolarizzazione degli stranieri.



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