Fondaco Turismo

15. Tra PIL e shock il turismo si rinnova

Si sono riunite a Madrid le massime personalità del turismo mondiale e "hanno manifestato il proprio ottimismo per il 2003". Così leggiamo sull'ultimo numero di OMT Nouvelles, bollettino dell'Organizzazione Mondiale del Turismo (WTO), diffuso in aprile.
Si augurano, gli esperti, di avere dati più tempestivi, ogni tre e quattro mesi, e soprattutto di poter valutare le entrate (la spesa dei turisti) più che il loro numero di arrivi: è chiaro che l'attuale congiuntura rende necessario monitorare la situazione quasi in tempo reale, adattare le politiche di breve e brevissimo periodo, in reazione a fattori metaturistici che, sempre più frequentemente, turbano gli andamenti normali o attesi.

 
Dipendenza del turismo dall'economia
Crescita del PIL mondiale e degli arrivi turistici internazionali dal 1975 al 2002

Fonte: OMT 2003 - Elabora: COSES 2003
 

In questo senso non bastano più alcune grandezze generiche del fenomeno: bisogna scandagliare i comportamenti delle domanda, rappresentati in qualche modo dalla spesa effettiva oltreché dalla capacità di spesa potenziale.
Proprio in relazione al PIL come indicatore, molto grezzo, della possibile crescita di consumo turistico il bollettino WTO porta un grafico molto interessante che pone in relazione prodotto interno lordo reale e arrivi turistici internazionali (si ricorda comunque che a questo movimento mancano tutti i turisti domestici, italiani in Italia e così via, e tutti gli escursionisti cioè coloro che non dormono fuori casa).
La serie storica dal 1975 al 2003 evidenzia una sostanziale coerenza tra crescita del PIL e crescita dl turismo, solitamente con un anno di ritardo del secondo indicatore sul primo: una maggiore crescita percentuale del flusso turistico è determinata dalla migliore performance del PIL (sempre in termini di crescita percentuale anno su anno) realizzata l'anno prima.
Ci sono poi periodi di costante crescita per entrambi i parametri (1987-1990) e picchi del turismo non spiegati da analoghi picchi del PIL, come nel 1975 e nel 1991.
Quello che, tuttavia, ci pare più interessante è l'effetto dei fenomeni metaturistici sull'andamento del turismo: nel 1982 la crescita percentuale degli arrivi turistici registra un segno negativo in coincidenza con la seconda crisi petrolifera, la legge marziale in Polonia e la guerra della Malvine; la stessa cosa succede nel 2001 come reazione all'11 settembre (attentato alle Twin Towers di New York).
Sono gli unici due anni, su 26, in cui la crescita percentuale del turismo ha un segnale negativo, mentre il PIL continua a crescere. Potremmo dire che si tratti di shock non reddituali (meno capacità di acquistare vacanze) ma relativi alla "sicurezza" del viaggio e/o ad una limitata "capacità di movimento" (legata al costo del petrolio).
Nel 1991 però la guerra del Golfo e nella ex Jugoslavia (due episodi di riduzione della sicurezza e della instabilità internazionale) abbassano entrambi i valori di crescita percentuale, anno su anno, (PIL e arrivi turistici) senza conferire loro un segno negativo; la crisi finanziaria asiatica nel 1977 lascia sostanzialmente insensibili entrambe le variabili.
E' difficile, quindi, trovare un vero discrimine su ciò che influenza negativamente il turismo internazionale e ciò che lo lascia indifferente.
Dobbiamo dire che il calo del 1982 si inserisce in una stagnazione del turismo cominciata nel 1980 e durata fino al 1984, mentre il forte calo del 1991 resta un fatto isolato negli splendidi Novanta.
La crisi del 2001 è un fulmine nel cielo sereno di fine Secolo: dopo l'exploit del biennio 1995-1996 il turismo era sempre cresciuto, in percentuale, più del PIL (che pure cresceva) fino al top dell'anno giubilare. Una doccia fredda, quasi gelida, alla quale però i risultati preliminari del 2002 portano già una reazione positiva (cfr. Osservatorio Turistico Comunale - Bollettino n. 4).
In generale gli arrivi turistici sono cresciuti percentualmente, tra 1975 e 2002, più significativamente del PIL, ed hanno avuto andamenti più altalenanti, tra un anno e l'altro.
Difficile, quindi, sempre più difficile esercitare il risky business delle previsioni: benché il 2003 sia iniziato con la guerra in Iraq e la SARS, prosegua con atti terroristici a geografia variabile e con un atmosfera di "duratura belligeranza", non sembra automatico che la capacità di produrre (e spendere) e quella di viaggiare (e acquistare vacanze) debbano soffrirne.
Vorremmo aggiungere, a quanto scritto dal WTO, che il turismo dal 1975 ad oggi ha avuto uno sviluppo costante e notevole, con rari contraccolpi agli shock esterni, spesso ben assorbiti dalla propria struttura di economia robusta e da indubbie e radicali trasformazioni, che il solo indicatore degli arrivi impedisce di cogliere.
In altre parole quando il turismo è in un buon periodo, reagisce prontamente anche ai forti imprevisti; bisogna temere maggiormente le crisi che interferiscono con una fase di stagnazione interna al sistema specifico.
Vediamo, a proposito, cosa dicono le personalità del WTO, in senso qualitativo, sulle modificazioni del turismo.
Il vero problema, scrive il WTO, potrebbe essere il "dollaro debole", in termini di contrazione del mercato emettitore (gli statunitensi all'estero): una questione di "cambi" che potrebbe pesare molto sui paesi destinazioni (tra cui l'Europa). Viceversa il turismo domestico, interno a ciascun paese, tiene bene: è aumentato del 2% anche nel 2002 e si ritiene che cresca del 3% nel 2003.
A questo atteggiamento di "sicurezza" ha senza dubbio contribuito il biennio terribilis del traffico aereo (2001 e 2002) che (secondo quanto scrive il WTO) "ha perduto in questo periodo quanto aveva guadagnato nei precedenti 45 anni di sviluppo".
Le guerre "petrolifere", poi non promettono nessuna facilitazione per la ripresa.
I consumatori sono sempre più indirizzati verso vacanze corte, verso destinazioni e prodotti nuovi, verso prenotazioni all'ultimo istante.
Il mercato si sta polarizzando (si muove per grandi direttrici promozionali) e diventa sempre più sensibile a Internet: la ricetta non è abbassare i prezzi giacché "un buon cliente non è mai stato fidelizzato da una politica discount", parola di Thomas Cook (uno dei maggiori tour operator internazionali).
Anche nell'industria turistica, come nelle produzioni materiali, ciò che conta è, dunque, competere sulla qualità?!

 

Fonte: OMT Nouvelles n.1/2003 - Sintesi di Isabella Scaramuzzi, COSES, 28 maggio 2003.
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