Fondaco profilo di Venezia

4. Venezia cioè Marghera?

A partire dal primo dopoguerra (1920) e fino alla metà degli anni '70, Marghera aveva costituito il principio ordinatore dell'economia e del territorio veneziano. A quella data si arresta l'espansione dell'area industriale che ha raggiunto il massimo numero di addetti: 35.000 unità.
La lievitazione dei prezzi delle materie prime, specie quelli del petrolio e delle altre fonti di energia, modifica radicalmente gli equilibri sui quali si fondavano le attività insediate a Marghera. La ridistribuzione internazionale del lavoro delle produzioni di base, ha indotto a ridimensionare molte delle zone industriali portuali (ZIP) europee. A questo destino partecipa anche Marghera. Conseguentemente, alcune aziende del polo sono costrette a cessare la loro attività, o a modificarla più o meno radicalmente. Anche se qualche azienda individua nuovi equilibri ed espande, magari, il volume della produzione, tutto avviene in genere con una contrazione dei livelli occupazionali raggiunti precedentemente che è partita dai primi anni '80 e prosegue ancora oggi.

Non dimenticare
Porto Marghera

navilio attraccato

Osservatorio
Porto Marghera

navilio attraccato

Viceversa nelle province venete confinanti e in quelle di Vicenza e Verona, ma in generale in tutta la regione, a partire dagli stessi anni e con maggior intensità nel decennio successivo, si afferma una dinamica economica-produttiva molto accelerata, a cui si associa un sensibile aumento di addetti.
Gli effetti di questo differenziale nella dinamica dello sviluppo veneto e veneziano, si possono individuare chiaramente nelle vicende del polo industriale di Marghera e di riflesso in tutta la provincia.
Venezia e la sua cintura urbana, ma anche la maggior parte del territorio provinciale, sono state dapprima scarsamente interessate dal fenomeno che definiamo "modello veneto". La città nel suo insieme sembra quasi un ingombrante peso, che riduce con i suoi risultati poco brillanti, gli indicatori regionali che rimangono spesso ugualmente di sicura eccellenza.
L'estraneità dell'area di Venezia a tale processo è sottolineata dal fatto che anche le importanti infrastrutture di potenziale collegamento con i mercati internazionali, che sono presenti proprio nel comune capoluogo (porto, aeroporto), non sono state in grado, per molti anni, di costituire un conveniente supporto al resto dell'economia regionale.
Esse sono state poco utilizzate dagli operatori dell'hinterland veneto. Solo in tempi relativamente recenti sembra invertirsi tale rapporto, a testimoniare un recupero della realtà veneziana rispetto al contesto regionale.
Solo dalla metà degli anni '80, in alcuni comuni veneziani, prossimi alle province di Padova e Treviso, si è diffuso un insediamento produttivo con caratteristiche simili a quello delle aree contermini che, in poco tempo, ha conseguito risultati tali da porre gli stessi comuni ai primi posti in tutto l'ambito compreso tra i capoluoghi delle province di Venezia, Padova e Treviso (cfr. Cap. 2 Fondaco Censimenti e Anagrafi e Capitolo 8 - PATREVE).
Il calo occupazionale che si verifica a Marghera, a partire dal 1976, ha, dapprima, un effetto scarsamente significativo, sia in sede locale, che rispetto al totale provinciale. Nel 1981, anzi, l'occupazione totale in provincia di Venezia, e anche quella nei comparti manifatturieri, risulta molto più elevata di quella di dieci anni prima, ma evidentemente si è tutta realizzata al di fuori del polo industriale del capoluogo.
Tra '81 e '91 Marghera ha perso la metà dei suoi occupati, (almeno 17/18 mila unità) e, malgrado l'andamento molto positivo del settore secondario in alcuni altri ambiti della provincia, dal confronto complessivo (per le sole attività comprese nel Censimento '96) si constata una riduzione del numero di addetti totali a tutte le attività censite in provincia.
Già nel 1981 la provincia di Venezia aveva perso il primato occupazionale essendo stata superata da Vicenza e Padova. Nel '91, con un numero di addetti al di sotto anche di quello di Verona e Treviso, Venezia si colloca dietro a tutte e quattro le province centrali.
Dai dati del recente Censimento 1996, la provincia Venezia, con un quarto di addetti in più rispetto al '71 (25,%, 50.000 unità in valore assoluto), realizza un buon risultato. Si colloca al di sopra della media italiana, che registra un incremento del 20%, ma con un valore più contenuto rispetto a tutte le altre province venete. Il Veneto nello stesso periodo ha compiuto un balzo pari al 46,7%, alcune province hanno superato il 50%.
La provincia di Venezia, nel 1996, si colloca al quinto posto con i suoi 230 mila occupati (nel solo ambito rilevato da questo ultimo Censimento): malgrado il sensibile incremento occupazionale realizzato in valore assoluto tra 1971 e 1996, precede soltanto le due province minori di Belluno e Rovigo. Esaminando le varie fasi di tale processo si constata che gran parte dell'incremento occupazionale complessivo si era prodotto per Venezia già nel primo intervallo censuario. Infatti tra '71 e '81 gli occupati erano cresciuti (rispetto al solo ambito del Censimento '96) di 44 mila unità cioè del 24%. Ma, ciò non era bastato a tenere il passo delle altre più importanti province che avevano registrato risultati migliori e della regione, che nel suo insieme aveva realizzato un incremento del 32%.
Per effetto di tale differenziale, Padova e Vicenza sorpassavano Venezia già nel 1981. Tra '81 e '91 si produce invece il vero distacco della provincia veneziana dal contesto veneto. Venezia arriva persino a perdere occupati in valore assoluto (-0,9%). All'inverso gli addetti alle Unità Locali operanti a Padova e Treviso aumentano del 15% e quello della regione del 9%.
Nell'ultimo intervallo censuario ('91-'96), il numero degli addetti nella provincia veneziana ritorna a crescere (2,0%) e si avvicina al valore medio della tendenza regionale 2,2%, collocandosi in posizione migliore di quella di Vicenza e Verona. Gli addetti alle U.L. insediate nelle aree interne al comune di Venezia, sia valutati secondo i comparti rilevati nel '96, sia seguendo le estensioni dei singoli censimenti, risultano assottigliarsi (soprattutto se si confrontano i due estremi 1971 e 1996).
Secondo i dati dei relativi censimenti economici si sarebbe, comunque, verificato un incremento occupazionale fino al 1981 (dai 134.000 del 1971 ai 154.000 del 1981), quindi una progressiva contrazione nei due periodi successivi: al 1991 139.000 addetti; al 1996 (-2.000). (I valori relativi al numero di addetti qui riferiti derivano dai censimenti economici. Pur essendo simili a quelli fin qui commentati sul numero dei posti di lavoro presenti nelle diverse zone del comune di Venezia e nel SUV, provenendo da una fonte diversa differiscono in alcuni particolari).
Ma più che dei posti di lavoro disponibili in comune di Venezia nei suoi principali ambiti, si sono ridotti nel tempo i lavoratori veneziani residenti nello stesso comune. Erano 111 mila nel 1971, quando entravano ogni giorno in città 24 mila pendolari.

 

 

Occupati dal 1971 al 1991 - Venezia, Padova e Treviso, città e provincia

 

Dieci anni dopo si erano ridotti a 101 mila i veneziani che erano occupati nello stesso comune, i pendolari totali sfioravano i 50 mila (34.000 provenivano dal SUV). Nel '91, solo 92 mila erano ancora i veneziani che coprivano i posti di lavoro offerti nel comune. Anche se questi ultimi nel frattempo si erano ridotti, l'effetto non era stato rilevante per il flusso dei lavoratori pendolari in entrata che restavano comunque circa 46 mila (32.000 dal SUV).
All'interno del quadro comunale si constata che il Centro Storico passa da 53 mila addetti del '71 pari al 39% del totale, ai circa 50 mila del '91 che rappresentano una percentuale vicina a quella di venti anni prima, dopo che nel 1981 aveva toccato i 58-60 mila addetti.
La Terraferma nel '71 ha nel complesso quasi 69 mila addetti, 51% del totale, quasi equamente distribuiti tra Marghera e Mestre. Dieci anni dopo i posti di lavoro nella Terraferma sono arrivati a quasi 80 mila e costituiscono la stessa percentuale del censimento precedente (52%). Mestre, con quasi 44.000 addetti, comincia a prevalere, a causa della espansione avvenuta in quegli anni di un gran numero di attività terziarie e il concomitante arresto dell'espansione del polo industriale di Marghera dopo il 1975 che, tuttavia, conserva 36.000 occupati nell'ambito del quartiere urbano.
Nel censimento del 1991, si constata per tutto il comune una perdita di 15 mila posti di lavoro -10%. Essi risultano essere 139 mila. E' in Centro Storico che si verifica una riduzione di 10 mila addetti (-17%), Mestre appare sicuramente l'ambito che presenta la quota più elevata di addetti (34% e 47.000 occupati). Marghera con 29.000 addetti risulta aver perso più di 6.000 posti di lavoro.
In qualche modo Mestre diviene negli anni più recenti il centro delle attività produttive dell'intero comune. Ma Marghera, in questo caso l'ambito dell'intero quartiere e non solo l'area industriale, ha contenuto la perdita di posti di lavoro. E' sicuramente l'insediamento di nuove attività legate alla logistica e al terziario (soprattutto commerciale e servizi alle imprese) che compensa la riduzione dei comparti tradizionali del secondario appartenenti alla grande industria.

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