Il terzo Veneto è in cantiere

di Isabella Scaramuzzi, luglio 2007

Mi viene una facile risposta alla provocazione di Micelli che domanda (sulla Nuova Venezia del 20 luglio 2007) che fine ha fatto il Terzo Veneto?: il terzo Veneto è in cantiere.
Girando la provincia di Venezia, e dico girando con voluto riferimento alle rotatorie che ne hanno ridisegnato la distribuzione a raso, si ha la assoluta certezza che qualcosa di terzo sia in avanzata costruzione.
Effettivamente non è la stessa rappresentazione che ne danno i filmati RAI presentati da Fondazione Nordest: è un reality fortemente diverso, con quartieri importanti della nuova metropoli diffusa, luoghi di residenza, mescolati audacemente ai capannoni, alle aree cimiteriali, alle pertinenze di villa. Un economista potrebbe connettere questa esplosione costruttiva alle tabelle sulle imprese edilizie o sul terziario immobiliare, o sull'ingrosso. Un sociologo dovrebbe rivedere la teoria dei cosiddetti non luoghi già ferrovecchio, nel giro di quindici anni. In questi non luoghi, le rotatorie, le aree produttive, l'area grigia non più campagna e non città, si sta addensando quella particolare forma di urbanità che ha contraddistinto il Nordest, almeno quanto i distretti industriali.
I latini dicevano che "il terzo non è dato": o una cosa o l'altra. O il Veneto rurale o il Veneto manifatturiero; o il paesaggio di Zanzotto o quello di Marghera; o l'icona della Venezia turistica o il brutto di Mestre. Invece no. Quella parte di Veneto che è la nostra provincia, sta dimostrando nel filmato in cui tutti davvero recitiamo, di poter mescolare tutto questo, tenerlo insieme, contaminarlo. Forse siamo così abituati alle second life televisive che il mondo reale in cui viviamo, non lo vediamo più.
Non so se quello che non si può non vedere, abitando in questo pezzo di Veneto, sia solo immagine o rappresenti la materialità dello sviluppo: direi che sia così, cosa c'è di più materiale del mattone? E siamo proprio sicuri che molti capannoni siano vuoti? Ieri sera, tornando dal quartiere costiero della metropoli diffusa, lungo la SS14, molti capannoni erano accesi, attivi. E siamo sicuri che il sistema reticolare della distribuzione dei beni, intermedia e finale, che incessantemente si espande e si rinnova sia solo un attacco mortale ai piccoli negozi di paese e non una versione di quella logistica o quasi-manifattura di cui si dibatte accanitamente nei convegni? E siamo sicuri che l'evoluzione innescata dai corridoi (e dalla loro attesa) nelle aree produttive, verso quasi-quartieri a mixitè funzionale, non possa essere un modo di compattare la città sparpagliata?
Mentre combattiamo la guerra delle "cittadelle", una terza forma urbana, che tiene insieme cittadino e campagnolo, è in cantiere: nell'area di Veneto city è mezza costruita qualcosa che non sarà una city, ma assomiglia sempre di più ad un luogo con cui Cazzago, Ballò, Vetrego e quindi Pianiga, Dolo, Mirano, graticolato e Brenta dovranno fare i conti. Lì, non altrove, ci saranno le stazioni della mobilità prossima ventura e lì i residenti della città di mezzo, tra Venezia e Padova, dovranno abituarsi a fare tappa, come fanno già trasportatori e viaggiatori di lunga tratta. Nella Città del Piave tra Noventa e San Donà e giù dritti fino a Jesolo si sta strutturando con forza un sistema distributivo e connettivo che si mescola all'esistente, addensa e potenzia, in attesa dei corridoi, i punti di opportunità del territorio. Interventi stradali, capannoni, attività e residence (intesi come nuclei abitativi) riempiono fotogrammi del nostro film quotidiano.
Si lavora in questi nuovi luoghi? Nei cantieri di sicuro e il reality conferma le tabelle. Nei capannoni forse si celano persino lavori immateriali, terziari avanzati, innovazioni applicate al manifatturiero e al magazzino. Forse anche sulle strade, si potrebbero applicare innovazioni, da logistica intelligente. Sicuramente in questi luoghi si vive: si abita, si acquista, si beve lo spritz, si va a sentire Elisa, si va a scuola dal nido al master, in palestra, dal sarto, dalla sorella. Di solito dove le persone investono per abitare vuol dire che ci stanno bene, che hanno soldi da spendere.
E per venire al turismo, industria trascuratissima da Fondazione Nordest, il cambiamento dei quartieri di costa, attraverso un restyling fisico epocale, si mescola con l'evidenza di nuovi luoghi, che in questa industria si chiamano prodotti: le darsene e i fronti d'acqua, i parchi, i percorsi fluviali, una rete diffusa di alloggio e ristoro, un potenziale tutto da gestire di piste ciclabili, di siti recuperati, di contesti figurativi pregiatissimi e trascurati o maltrattati fino a dieci anni fa. Risorse pronte (perché qualcuno ci ha investito, e spesso è stato l'attore pubblico) per produrre economie future, culturali, di comunicazione e intrattenimento.
Non so se sia il terzo Veneto che voleva Lago o che piacerebbe a Micelli. E' il Veneto che c'è e batte un colpo.


elenco Studi in corso