La città di mezzo

AREA METROPOLITANA:
una ricognizione
sulla definizione di città di mezzo

Cosa indaghiamo

In questa relazione sono raccolte alcune schede bibliografiche, derivanti dalle Riviste della Biblioteca COSES, sul tema dell'area metropolitana.
Per alcune di queste letture si è prodotta una restituzione narrativa e interpretativa a cura dell'autrice. Per altre si riportano, invece, in modo sintetico alcune estrapolazioni, ritenute (sempre da chi scrive) di particolare interesse, suggestione o utilità.
Scopo di questo lavoro e della ricognizione in quanto tale - che prosegue come attività corrente del COSES - è quella di affiancare con la letteratura scientifica straniera, le riflessioni che -in diverse sedi, tra cui gli Studi per il Piano Strategico della Città di Venezia- si stanno conducendo su quale sia e cosa sia, oggi, l'area o città metropolitana di Venezia. In tal senso il Documento COSES n. 618/05 presentato in questo "studio in corso" è integrabile con il Documento n. 619/05 predisposto da Ciresola, su come è stata concepita, studiata e definita la stessa area in passato.
L'immediato utilizzo del Documento, quindi, è di essere condiviso dai ricercatori del COSES e di diventare base per una riflessione comune e completa su come "procedere" nella definizione aggiornata e convincente della città di mezzo: un ibrido difficile persino da definire lessicalmente, come la stessa letteratura straniera conferma.
In mezzo a tre province, a tre capoluoghi, in mezzo al Veneto e al sistema padano-danubiano; in mezzo ad una transizione economica, paesaggistica e sociale; in mezzo tra città e campagna residua, in mezzo a un piccolo mondo antico che muore e ad una losangeles che nasce; in mezzo ai residenti e ai turisti, in mezzo tra sviluppo e declino, tra crescita e sostenibilità. In mezzo.


Come indaghiamo

Ristrutturare e riordinare la metropoli elusiva
è il grande progetto del nuovo secolo.
Così come nel dopoguerra ci siamo dedicati
al rinnovo urbano, nel XXI secolo dovremo
occuparci delle città senza bordi.
R. Lang 2003


In cerca di una etichetta condivisa

Dare un nome appropriato alla nuova metropoli è un passaggio importante nella migliore comprensione di ciò che essa, oggi, è. Come nota Lewis (1995) il linguaggio è importante. Noi non possiamo parlare di un fenomeno senza possedere il vocabolario per descriverlo, e molti osservatori ancora non concordano su come denominare questa nuova forma amorfa della geografia urbana. Gran parte della ricerca sulla diffusione suburbana degli spazi terziari è focalizzata sulla etichetta. Oggi prolifera una nuova forma: la bassa densità, la dipendenza dall'automobile, spesso dispersa e senza margini, ma ancora non esiste un'unica denominazione per questo fenomeno. Al contrario, gli osservatori usano una lista molto creativa di denominazioni suggerendo che i pianificatori, gli investitori, i giornalisti e persino gli accademici non comprendono appieno che cosa stia succedendo



Vecchie e nuove forme metropolitane: il nome della cosa

ELEMENTI CANONICI DELLA METROPOLI
CBD CENTRAL BUSINESS DISTRICT (cuore terziario)
DOWNTOWN (PRIMARY, SECONDARY)
NON-DOWNTOWN
CORE
PERIPHERY
SUBURBS
CORE CITY (città cuore della metropoli)
CAPITAL CITY (città capitale della metropoli)
COMMUTER ZONE (aree da cui provengono i pendolari della capital city)
SMA STANDARD METROPOLITAN AREA (area metropolitana definita dai dati)
DUS DAYLY URBAN SYSTEM (sistema giornaliero del pendolarismo metropolitano)
SPRAWL (diffusione degli insediamenti)
SCATTERED CITY (città sparpagliata)
AUBOURGS (quartieri cittadini)
BANLIEUES (quartieri periferici)
URBAN REGION REGIONS URBAINES (città regione e regioni urbane)
VILLE NOUVELLE (città nuove ex nihilo)
CENTRES ANCIENS (centri antichi delle città)
MEGALOPOLI
AGGLOMERATION
CONURBATION


ETICHETTE CONTEMPORANEE
VILLE CAMPAGNE CITTA' CAMPAGNA
RURBANISATION
URBAN VILLAGES
EDGE CITIES (città ai bordi)
EDGELESS CITIES (città senza bordi)
ELUSIVE METROPOLIS (metropoli elusiva)
VILLE DENSE (città addensata)
VILLE COMPACTE (città compatta)
VILLE ETALEE (città sparpagliata)
VILLE FRAGMENTEE (città discontinua)
AIRES URBAINES
AGGLOMERATION (AGGLO)
COMMUNAUTE URBAINE

CITTA' DIFFUSA
JUMBLE CITY (città bazar)
BEADS NET (insediamenti a nodi di rete)
JAM CITY (città marmellata)
FUZZY METROPOLIS (metropoli casuale)
VILLE DES NON-LIEUX (città di non luoghi)
IN-BETWEEN CITY (città di mezzo)
MACHINE URBAINE
MACHINE A SPRAWL (macchina diffusiva)
STEALTH CITY (città elusiva)
PRIVATE CITIES GATED COMMUNITIES (quartieri chiusi da cancelli, riservati ai proprietari condomini)
VILLES GLOBALES
VILLE GENERIQUE
VILLE POST-GENERIQUE
TECHNOBURBS
PENTURBIA


Nota: le etichette sono state raccolte spigolando nella letteratura urbana e di economia urbana di oltre 10 anni, in particolare nelle riviste della Biblioteca COSES. Naturalmente gli autori illustrano e motivano le diverse etichette, preferendo ora l'una ora l'altra a seconda dei contesti analizzati e delle interpretazioni critiche. La nostra lista vuole solo dimostrare la ridondanza delle definizioni, alla ricerca del nome che corrisponda alla cosa.


Elabora: I. Scaramuzzi, 2005 da autori vari



Parte del problema è che noi siamo tuttavia legati ad un linguaggio che mette in un ordine gerarchico gli spazi in cui viviamo - urbano, suburbano, exurbano, rurale - quando la vecchia visione "scalare" non è più applicabile (Lang, 1996). Laddove la delimitazione nello spazio aveva confini molto precisi, è emersa una nuova divisione tra la città e la campagna, dai margini più soft.
Molte etichette sottolineano lo sviluppo degli insediamenti terziari, dal momento che questo risulta essere uno degli elementi urbani più recenti che porta alla suburbanizzazione e il loro decentramento è diventato il simbolo della nuova metropoli (Mills, 1988). Pochi visionari, come Kevin Lynch o James Vance, avevano predetto il futuro del suburbio negli anni Sessanta ma molte delle etichette sono decisamente più recenti, con un picco di creatività nei tardi anni Ottanta.

Apriamo la nostra riflessione sulla nuova forma metropolitana con questa lunga citazione da Robert Lang (2003) da un libro il cui titolo ci pareva, tra tanti, particolarmente idoneo al caso della provincia veneziana: una città (o meglio una city) senza margini e una metropoli elusiva.
Lang introduce perfettamente lo stato di "confusione creativa" in cui gli osservatori della nuova forma urbana si trovano globalmente: da qualsiasi Paese e in qualsiasi contesto o caso di studio essi lavorino. Sta di fatto che il fenomeno urbano è profondamente mutato, negli ultimi due decenni, tanto da rendere il linguaggio condiviso insoddisfacente e inadeguato. In una parola la coppia città-campagna è straordinariamente in crisi e chi la deve governare manca persino di appropriati strumenti della conoscenza.
In questo contributo, il COSES, inizia a spigolare nella letteratura disciplinare con l'obiettivo concretissimo di fornire ai suoi interlocutori - segnatamente il Comune per il Piano Strategico e la Provincia per il PTCP - ipotesi interpretative per la nuova forma territoriale che si trovano a gestire quotidianamente e a progettare per il futuro.
Il riquadro sopra riportato tenta di assemblare le numerosissime etichette di cui parla Lang. Su alcune di queste ci soffermeremo, con l'aiuto delle Riviste e degli autori.


Retail follows people?

Continuiamo con Lang (2003).
La sua elusive metropolis ha come elemento cruciale gli spazi terziari: office, commerce, retail.
Il COSES, nella COEP2 si è occupato di commercio arrivando proprio alla considerazione che, nella nostra provincia, la funzione per eccellenza centrale si è diffusa "senza bordi" e ha anzi creato o sbozzato alcune nuove centralità (che abbiamo definito, appunto, edge cities) in ambito metropolitano, sovvertendo la canonica gerarchia territoriale (CDB ecc.) e innescando alcune "scintille" atipiche di sviluppo territoriale. Si è che nell'immediato futuro potrebbe sovvertirsi la teoria che il commercio segua la popolazione (retail follows people) e che siano invece i cosiddetti non-luoghi (Augè 1999) della distribuzione e dello svago a fungere da catalizzatori di nuovi addensamenti abitativi, nelle frazioni dei comuni, lungo gli assi di scorrimento, nella cosiddetta in-between city, una nuova forma (amorfa?) che connette i paesi, le periferie con le periferie e diffonde la città.





10 fattori critici nella gestione della metropoli elusiva

Nota: il decalogo elaborato da Lang è meglio apprezzabile nel contesto. I fattori infatti si spiegano e si sostanziano con lo svolgimento logico dell'autore. Tuttavia ci è sembrato utile uno schema sintetico che focalizzasse alcuni punti critici nel discorso sulla metropoli elusiva, al fine di indicare agli amministratori su quali nodi concentrare la attenzione e la ricerca di strumenti di planning e governance.


Elabora: I. Scaramuzzi, 2005 da Lang, 2002


Nel modello delle Edge cities si presuppone che le concentrazioni terziarie (office) siano sempre abbinate ai mall commerciali: in questo senso due fattori squisitamente urbani continuerebbero a "fare coppia" anche nei nuovi cluster extraurbani. Ma questo abbinamento non è affatto sempre vero, proprio a dimostrazione che la città canonica è in qualche modo superata dalla nuova forma. Nel nostro studio sul commercio, avevamo avuto conferma di una scarsa correlazione tra fattore C (il commercio al dettaglio e all'ingrosso) e fattore K (il cosiddetto terziario avanzato o servizi rari alle imprese). La realtà data per certa che i department store (grandi magazzini) e i palazzi degli uffici coabitassero nelle downtown, viene messa in crisi - scrive Lang - nei nuovi cluster terziari suburbani.
La mobilità garantita dall'automobile ha spostato il centro della "regione metropolitana" dal regno pubblico della downtown al mondo privato delle abitazioni. In questo modo la dispersione dei pendolari e dei bacini di consumo determinano oggi in larga misura la localizzazione dei punti vendita: una distribuzione che è apparsa già negli anni trenta (ad esempio a Los Angeles) dove i grandi magazzini si erano spostati verso le zone residenziali delle famiglie abbienti, nel West Side (Miracle Mile).


JOBS FOLLOW PEOPLE?
Come si diffondono le metropoli in USA

Persino negli USA, che hanno inventato le SMAs, Standard Metropolitan Areas, si sono verificati fenomeni di diffusione urbana, con la formazione di mini city che clonano il modello CBD-suburbs, oppure attraverso la diffusione di posti di lavoro (job) nelle aree prima viste come residenziali, a bassa densità e caratteristiche non urbane. Una città diffusa?. L'autore applica un indicatore SMI spatial mismatch index ovvero la misura del livello a cui iobs e people sono localizzati nelle differenti aree, attraverso la misurazione della percentuale di popolazione che dovrebbe muoversi (essere pendolare) al fine di rendere la distribuzione territoriale dell'occupazione e quella della popolazione identiche in tutta l'area metropolitana considerata (ovvero che tutti lavorassero dove abitano, determinando un pendolarismo zero).
I risultati sono: i jobs sembrano seguire la popolazione metropolitana; ma mentre i neri sembrano seguire i jobs nelle aree dove si concentrano, i bianchi se ne vanno dalle aree dove i jobs si concentrano (nelle downtown). Potrebbe anche essere che nel prossimo decennio il comportamento nero converga con quello della popolazione media. L'indice SMI, si domanda l'autore, è influenzato dalla dimensione della SMA? La crescita dell'occupazione fa elevare i prezzi delle case e "spinge" via via la residenza nei suburbi; la crescita dell'occupazione segue quella della popolazione, nei suburbi: il modello si riproduce e la città si diffonde in campagna….

Elabora: Scaramuzzi da MARTIN R.W. 2004 Spatial mismatch and the structure of american metropolitan areas, 1970-2000 In Journal of Regional Science vol.44 august n.3.




Secondo Gossè (Urbanisme n.339, 2004) si potrebbe arrivare al paradosso di una ville des non-lieux, in cui nuovi tipi di centralità in un tessuto esploso, attorno alle stazioni, agli aeroporti, e agli shopping mall (noi aggiungeremmo attorno alle aree economiche miste miracolate dalla Tremonti bis), si baseranno su una mobilità e su un consumo massivo, machines urbaine aggrappate alle reti di comunicazione, nuovi elementi strutturanti della ville generique, contemporanea ed universale. Una volta si diceva "tutto il mondo è paese", oggi tutti i paesi del mondo tendono ad assomigliarsi.


Il campo
dei miracoli

certi luoghi


Quale sia la forma di questa nuova metropoli elusiva è difficile dirlo, a meno che non ci si accontenti di guardarla dall'aereo se si ha la fortuna di volare alla giusta quota, o di "percepirla" dall'auto se si ha la sfortuna di attraversarla all'ora sbagliata.
Lang riporta due filoni di interpretazione della nuova forma:


In una recente riflessione su Venezia (curata da Dolcetta per L'Architettura Cronache e storia, Dicembre 2004) Scaramuzzi ha ipotizzato che, nel cosiddetto SUV (il sistema urbano attorno a Venezia, costituito al 1991 da 15 Comuni), la densità caratteristica delle città sia sostituita dalla mobilità come carattere costitutivo e distintivo: la nuova forma mobile.
Questa strana morfologia, che sicuramente non convince fino in fondo gli amanti irriducibili della città (storica? antica?), è una sorta di one-to-one city (per parafrasare lo one-to-one marketing) in cui esisterebbe una città per ciascun individuo, o famiglia, costruita sulla base della quotidiana e personale esperienza d'uso.
L'etichetta edgeless city in Lang individua quelle parti di area metropolitana, a scala sub-regionale, riconoscibili come luoghi ma senza una morfologia definita; è un concetto di geografia urbana, in qualche modo ancora elusivo.



La campagna: chi l'ha vista?

Il numero estivo di Diagonal (n.166/2004) contiene un dossier sull'antinomia della città, vale a dire la campagna.
Il titolo della Rivista spiega immediatamente come sia cambiato il rapporto tra i due termini, lungamente antagonisti, dell'abitare umano: campagne de ville et campagne des campes. È evidente che una città la quale si diffonde lo fa "a spese" della campagna, dei greenfield, dello spazio verde non costruito: da sempre avviene così.
Ma il processo ha raggiunto una tale soglia da far etichettare la campagna in due modi: uno già completamente urbano e l'altro residuo, la campagna dei campi, una tautologia che indica ciò che rimane della vera campagna, quella di una volta, senza città.
Il titolo di un libro curato da Luca Dal Pozzolo per Franco Angeli nel 2002, Fuori città, senza campagna (sulla città diffusa padana) racconta la stessa cosa. È interessante cercare di capire cosa sia diventata la campagne de ville, secondo i francesi.
Il COSES sta conducendo per la Provincia di Venezia un paternariato europeo proprio sulla campagna periurbana (mestrina), e le riflessioni di Diagonal sono quanto mai stimolanti in merito: tutto il mondo è un ex paese?
L'irresistibile funzione residenziale della campagna, si legge nella rivista francese, tende a generare un territorio dove anziché addensarsi l'insediamento periurbano (appena fuori città, una prosecuzione della città stessa) si diffonde sempre più l'habitat individuale, toccando zone rurali sempre più distanti: una campagna suburbio.
Un recente contributo di Senior (2004) verifica la propensione di chi cerca casa nuova o migliore a muoversi verso abitazioni singole con giardino, nei suburbi. Solo alcune tipologie di famiglie, dimostra l'autore, e solo in alcune fasi della vita (giovani single e coppie senza figli), sono interessate alle nuove abitazioni che recuperano (ad esempio) aree portuali urbane, le quali tenderebbero alla densificazione della città antica (delle sue parti centrali) e al riuso dei cosiddetti brownfield in opposizione ai greenfield.
Questo accade nella regione della Rhur, in Germania a conferma di come anche in Europa, e non solo negli USA, non si sia affatto esaurito lo sprawl suburbano e come le preferenze delle famiglie continuino a privilegiare la diffusione urbana in campagna. In questo senso non vincono (ancora?) le tendenze neocentraliste di cui parla Lang.
L'agricoltura periurbana, in questa battaglia impari con la irresistibile funzione residenziale, rischia davvero di subire il colpo mortale e di lasciare campo libero ad un misto di dismesso, incolto, scarto e miracoli. È possibile che avvenga quanto nel secolo scorso abbiamo visto per alcuni parchi e territori montani abbandonati dalla silvicoltura e dall'allevamento? Che, cioè, come si diceva allora, i contadini diventino i giardinieri del paesaggio, e da produttori di beni agroalimentari si trasformino in venditori di seduzioni, per la ricreazione urbana e i turismi rurali (agriturismo, itinerari enogastronomici, attività sportive nel verde e così via)? I futuri agricoltori saranno addetti ad una nuova e particolare forma di "grande servizio" metropolitano, utile ad equilibrare e rendere sostenibile la nuova città diffusa?
Pierre Donadieu, professore alla Scuola Nazionale di Protezione del Paesaggio, suggerisce di considerare lo spazio agricolo periurbano come una infrastruttura pubblica, al pari di un sistema connettivo stradale, la rete del metano, l'illuminazione urbana. La campagna parco, per altro, ha fatto la sua comparsa nel lessico urbanistico nostrano, in molti piani metropolitani e intercomunali, e in più di qualche realizzazione: valga per tutti il caso Sud Milano e il famoso Parco del Ticino, che interessa una delle aree più urbanizzate della padania. Lo sviluppo della città a spese dell'agricoltura, secondo Donadieu, non è ineluttabile: occorre un progetto di paesaggio negoziato, condiviso che dia garanzie fondiarie agli agricoltori in cambio di una parte di appropriazione per i cittadini.
Hunter (1992) occupandosi di turismo sostenibile nota che l'ecoturismo rurale non necessariamente è più sostenibile dell'agricoltura: spesso siamo vittime di stereotipi e di 'cavalli di troia' con i quali un turismo di nicchia e dolce si insinua in territori vergini per poi trasformarsi in usi massivi e banali dell'ambiente, ad esempio le seconde case per il finesettimana. Sarebbe questo un altro modo di urbanizzare la campagna.
Viceversa, oggi, si deve considerare che corridoi verdi (greenways) e le cinture verdi delle metropoli (es. i boschi di Mestre, la rete dei suoi forti, i corsi d'acqua, i corridoi ecologici provinciali) sono davvero infrastrutture territoriali, al pari delle strade e degli ospedali, urbanizzazioni divenute "primarie" (irrinunciabili) in un contesto residenziale cui dare alta qualità.
Da noi, prosegue Donadieu, l'agricoltura diventa urbana allorché gli spazi coltivati e gli spazi costruiti costruiscono insieme il territorio della città. Un parallelo si impone con gli spazi forestati e boscati: non soltanto i boschi delle cinture verdi diventano intoccabili, ma una evidente metamorfosi li converte in parchi di loisir e in giardini. Nelle periferie urbane tuttavia è più frequente e migliore la protezione delle foreste rispetto a quella degli spazi coltivati, agricoli.
L'agricoltura periurbana è quella nella periferia delle città. Si rischia che in queste aree le coltivazioni non siano affatto distinte da quelle delle campagne più distanti (ad esempio mais o soia), mentre ci potrebbero essere coltivazioni "specializzate" anche rispetto agli sbocchi dei prodotti: raccolta diretta da parte dei consumatori (couillette a la ferme), distribuzione di ortaggi e frutti freschi sui mercati di prossimità, accoglienza per ristoro e alloggio.
Ancora si può pensare ad una funzione socializzante della campagna periurbana: per i disoccupati, per gli anziani, per lo sviluppo di orti e giardini comunitari.
Il rischio, viceversa, è che queste aree vengano interessate da una cosiddetta agricoltura d'attesa, coltivando per esempio cereali, nella speranza che i suoli entrino presto nel mercato fabbricabile: il proprietario ne ricaverà rendita fondiaria, l'agricoltore indennizzi "all'uscita dalla produzione", gli amministratori locali tasse ed oneri di urbanizzazione, nonché il gettito fiscale dei futuri residenti cittadini.
Ma è sufficiente, dice Donadieu, che i piani urbanistici congelino questi meccanismi perché si inneschino meccanismi diversi di prosecuzione della agri-coltura e meccanismi innovativi nella "vendita" di servizi. La crescita della città - da che mondo è mondo - ha sempre generato bisogno di natura: miti, nostalgie e ritorni. Oggi è possibile scegliere di abitare in campagna e lavorare in città, trascorrere il proprio tempo libero tra questi due "poli".
I cittadini cercano di ottenere una qualità della vita che abbia "livelli urbani" - servizi elevati, vitalità del mercato, intensi scambi - senza rinunciare ai plus della campagna: bellezza dei paesaggi e senso comunitario (solidarietà sociale), tranquillità. La loro identità urbana è uno strano ibrido tra due aspirazioni, un tempo nettamente contraddittorie.
Del resto il contadino ha sicuramente spezzato il legame secolare con la Natura ed è già diventato un mero produttore di beni agroalimentari o energetici, l'Antico e l'Arcadia anche per lui sono relegati nel mito, nel desiderio di paesaggio, dove lo spettacolo decisamente trionfa sulla produzione.
Può nascere pertanto una agricoltura de plaisance, da diporto, come la cultura della vigna o degli alberi da frutto, che hanno pure una loro redditività. Può nascere un impiego fortemente estetico della campagna, negli orti e nei giardini di comunità, dove la convivialità è il bene ricercato da soggetti che certamente non ne traggono reddito, ma anzi spesso ne impiegano una parte (almeno in termini di tempo sottratto al lavoro di mercato). Ciò si può abbinare alla ricerca di mantenere la diversità dei paesaggi: edilizia rurale, struttura delle proprietà, formule dei segni di confine, modalità di coltivazione. Entrano in campo, allora, considerazioni quali la protezione della biodiversità, la gestione del rischio idraulico (inondazioni), le ricostruzione di alcuni paesaggi con funzioni antinquinamento o di trattamento naturale dei rifiuti e delle acque, o con funzioni didattiche.
Infine la campagna perirurbana potrebbe avere un valore estetico per la diffusione della città, come si diceva prima, divenendo una forma di infrastrutturazione "pubblica", come le square di pertinenza delle abitazioni private, nel modello britannico.
Il contadino, allora, diventa produttore di beni anche immateriali - con il rischio, si diceva una volta, di fare il giardiniere collettivo, il manutentore del paesaggio per il consumo del tempo libero e la qualità dell'urbano: il territorio diventa agriurbano, campagna urbana o città-campagna.
Nell'area metropolitana di Marsiglia, leggiamo su Diagonal, quasi 100 mila abitanti perduti dalla città capitale negli ultimi 20 anni sono andati a vantaggio delle località situate ad est, in campagna: i comuni rurali hanno conosciuto un afflusso massivo di cittadini. Oggi la definizione di aire urbaine, oltre ai 3 criteri dell'INSEE (l'Istat francese) - percentuale di pendolari casa-lavoro verso un comune dell'area urbana (non verso la capital city), mobilità su autovetture e densità insediativa - si basa su altri elementi quali il tasso di incremento demografico, il tipo di habitat, lo statuto di occupazione dei suoli. La periurbanizzazione è un fenomeno complesso da non confondere con la semplice "diffusione spaziale" (la ville etalée).
Un altro caso di campagna urbana e di gestione strategica concertata -tra cittadini e agricoltori, per così dire- è quello della comunità di Lille: il progetto condiviso (dopo anni di muro contro muro, dal 1995 al 2002) è la creazione del Parc de la Deule, che mette a regime idee come i corridoi verdi (couloir ecologique), la gestione delle acque, le attrezzature ricreative, lo spazio naturale metropolitano, le vie navigabili, la campagna periurbana, proprio utilizzando lo strumento parco.
Questa modalità di gestione del territorio, il parco, non corrisponde alla imposizione di vincoli né alla museificazione della campagna ma ad un insieme di azioni incentivanti, finanziamenti, formazione, accoglienza.
Un esempio fra tutti le fermes d'accueil per gli studenti universitari e le fermes pedagogique, per la educazione degli scolari.


Terres en villes

Terres en ville nasce nel 2000 da una serie di comunità urbane e città della Francia con l'intenzione di gestire le campagne periurbane. È una rete di studi e di scambio di esperienze, di confronto e di progetto condiviso che si occupa di:

  • gestione fondiaria (es. acquisizione pubblica delle campagne periurbane e riassegnazione agli agricoltori). Un esempio è la SAFER Societè d'Amenagement Foncier et d'Equipement Rural che gestisce bandi di assegnazione delle terre, eventualmente li acquisisce e li rivende senza interessi con possibilità di riscatto in 10 anni
  • valorizzazione dei prodotti (es. marchio e circuito di distribuzione unico per specifici prodotti tipici locali). Un caso è quello de Les Jardins du Pays d'Aubagne
  • miglioramento delle condizioni di redditività (es. formazione dei giovani agricoltori e diversificazione delle attività e del reddito)



Dominante e campagne

Dove, meglio che a Venezia, il conflitto tra città dominante (core o capital city come si definisce il perno di una metropolitan area) e campagne (come vengono definiti sprezzantemente gli abitanti oltre il ponte) può essere paradigmatico?
Ed è forse anche per questa ulteriore differenza che a Venezia rimane tanto difficile trovare una nuova definizione della "cosa urbana", un condiviso riconoscimento della giusta scala di governo, un superamento degli schemi usati fino agli anni Novanta. Persino il Piano strategico, avendo nel titolo la metropoli, non è andato, nei fatti, fuori dai confini della Città di Venezia.
Sempre Lang scrive che ci sono 3 classi di metropoli (in USA):
  1. la core dominated: quella, appunto, che riconosce una città non solo madre ma a sua volta fortemente centralizzata nella downtown o nel proprio CBD
  2. la balanced: ovvero quella che, pur riconoscendo una madre, ha una cospicua quota di terziario fuori da CBD o downtown (potrebbe avere due CBD come Mestre e Venezia?)
  3. la dispersed dove vengono addirittura a perdersi concentrazioni esterne a CBD o downtown, ed appunto si è in presenza di edgeless (office) space.

Dove lo sprawl di attività terziarie si riaddensa in edge city (che potrebbero essere anche paesi divenuti metropolitani), la metropoli potrebbe tendere ad un sistema policentrico: un CBD che funziona da hub e dei "raggi di ruota" costituiti da città satellite.
Uno dei principali problemi di questi nuovi cluster suburbani è quello di introdurre una rete di "strade urbane" in luoghi che si sono sviluppati attorno alle automobili e ai parcheggi: dove, cioè la funzione stradale è molto lontana da quella di spazio pubblico "abitato".
In un certo senso le nuove città ai bordi sono intrappolate: se guadagnano in densità la rete viabilistica, costruita per essere a bassa densità, collassa e la residenza suburbana raggiunge livelli di congestione assolutamente urbani, cioè perde l'irresistibile attrattiva che ha portato i cittadini ad abitare "fuori città". Un paradosso di crescita: lo sviluppo dei nuovi poli comporta un aumento di costi e di congestione, motivi per cui si era "usciti dalla città"; viceversa se si prosegue la diffusione verso l'esterno si rischia di creare un continuum urbano indefinito. Persino negli USA, dove certamente la densità insediativa non ha nulla a che vedere con la nostra, si parla di infill developments ovvero di crescita interstiziale che incorpora alcune preesistenti aree residenziali (potrebbero essere le frazioni dei nostri paesi) in un compattamento quasi-urbano. Il fitting in determina, in crescendo, un coinvolgimento della (residua) campagna.
Conclude Lang: the country is now full of local metropolitan horror stories of the once livable suburban counties that have been ruined by over development. La dispersione dei pendolari (che continuano a dirigersi ogni giorno verso la capital city) inghiotte suoli e luoghi che sono appartenuti allo spazio rurale. In USA siamo, perciò, di fronte a due possibilità:
Nell'area metropolitana veneziana (la Padova, Venezia, Treviso o Patreve) non potremo che percorrere una via di mezzo: campagna periurbana ne è rimasta poca e le aree urbane si toccano attraverso paesi e frazioni, che si addensano.



Voila la cite

Secondo la Documentation Française (2002) i comuni classificati come urbani nel 1990 (5.277) sono cresciuti fino a 5.954 nel 1999 (e vengono riclassificati come unità urbane): 677 comuni in più pari a 1.016.000 cittadini che portano la popolazione urbana francese da 41.855.000 (nel 1990) a 44.197.000 nel 1999. La crescita di popolazione, in 9 anni, è stata del 3%: 12% nei nuovi comuni urbani e soltanto 3% in quelli già urbani al 1990. In termini di superficie occupata i comuni urbani rappresentano al 1999 oltre 100.000 km2 di cui quasi 11.000 nei nuovi entrati. Tra 1990 e 1999 i comuni a dominante rurale sono calati nella misura del 20.6%, a vantaggio dello spazio a dominante urbana (vedi tabella).

Le categorie in cui viene diviso lo spazio a dominante urbana sono:


Il resto dell'Esagono è considerato espaces a dominante rurale. Il termine metropoli non è più utilizzato.
Nel capitolo in cui si tratta delle periferie urbane - ville etalèe o ville fragmentèe - troviamo ragionamenti assai vicini a quelli provenienti dagli USA. La famosa banlieue parigina, si osserva, è diventata in qualche caso citè; molte delle lottizzazioni pavillonaire (case singole, unifamigliari, con giardino) hanno conquistato le frange rurali della città.



Aires urbaines en France 1999

La nouvelle délimitation des aires urbaines: rèpartition de la population

n.comm.pop. 1990pop.1999ev. 99/90km2
Communes dèja urbaines en 1990 5.277 41.855.00043.060.000 2,8889.167
Nouvelles communes urbaines en 19996771.016.0001.137.00011,9110.874
Unitès urbaines en 19995.95442.871.00044.197.0003,09100.041


La population dans les catègories du zonage en aires urbaines en 1999 et 1990

dèlimitations 1999dèlimitations 1990
n. comm. pop. 1999pop. 1990n. comm.pop. 1999pop. 1990
espace à dominante urbaine (1) 18.030 47.965.268 46.129.541 13.224 44.890.92743.234.159
aires urbaines 13.908 45.052.901 43.379.888 10.687 42.792.703 41.277.871
poles urbaines3.100 35.708.162 34.807.335 2.793 35.216.858 34.372.027
couronnes pèriurbaines 10.808 9.344.739 8.572.553 7.894 7.575.845 6.905.844
communes multipolariseès 4.122 2.912.367 2.749.653 2.537 2.098.224 1.956.288
Espace à dominante rurale 18.535 10.553.127 10.485.614 23.341 13.627.468 13.380.996
ENSEMBLE (2)36.565 58.518.395 56.615.155 36.565 58.518.395 56.615.155
(1) lo spazio a dominante urbana è la somma delle aree urbane e dei comuni mulitpolarizzati
(2) l'ensamble è la somma dello spazio rurale e dello spazio a dominante urbana
Source: Insee, Recensements. La Documentation Française 2002


Questa onda (termine che si accoppia a quello di marèe pavillonnaire) è talvolta brutale e si spande ogni giorno più lontano, rarefacendosi: è stato proposto di darle l'etichetta di rurbanizzazione.
In campagna abita ormai un numero cospicuo di cittadini, tributari della città densa in termini di posti di lavoro e di un gran numero di servizi.
Passata la stagione delle villes nouvelles (un tipico prodotto francese) e dell'urbanizzazione delle campagne (anni Settanta), con riferimento a diversi modelli -quelli dispersi del pavillonnaire, quello denso dell'habitat collectif, quelli che imitano le città giardino, e così via- si approda al modello delle private cities (gated communities).
Vari modelli e forme di espansione e diffusione dell'urbano nel rurale.
A fianco delle residenze, però, vengono a modificarsi le localizzazioni produttive e soprattutto terziarie: segnatamente attorno agli ipermercati cominciano ad addensarsi altri servizi alla persona e uffici.
Questi cluster sono frequentati non soltanto per "bisogni" ma per flaner - cosa esiste di più intimamente cittadino del flaneur? - darsi buon tempo, girovagare, immergersi nella folla, guardare le vetrine, osservare, sentirsi distaccati e unici ma al tempo stesso dentro il grande flusso di massa tipicamente metropolitano.
Il cittadino sempre più mobile cambia luogo incessantemente - un nomade stanziale direbbe Marco Paolini - sette giorni su sette e anche nottetempo, vive alla dimensione della agglomerazione intera, utilizzandola a suo piacimento, in modi sovente imprevedibili.
È ciò che Gianfranco Bettin descrive come la consapevolezza, normale, di un giovane mestrino per cui Venezia è una città mondiale: semplicemente molto più accessibile di Parigi.
Come stupirsi, dunque, scrive la Documentation Française che solo il 30% degli spostamenti osservati nelle grandi agglomerazioni siano legati al lavoro o agli studi! Il 70% sono legati ai capricci degli abitanti, per nulla costretti: ed è chiaro che chi non dispone di un auto per poter soddisfare questi capricci si sente prigioniero, né può essere soddisfatto dai mezzi pubblici.
Nei suggerimenti per politiche adeguate alla dimensione delle aires urbaines, i trasporti collettivi detengono la prima posizione, ma seguono argomenti come la intercomunalità e la solidarietà nel rinnovo urbano: sicuramente meno scontati.
La legge francese del 1999 detta Chevènement ha come scopo semplificare e rinforzare i processi aggregativi tra Comuni: le grandi agglomerazioni si vedono proporre dallo Stato una organizzazione in communautès urbaines o communautès d'agglomeration, sostenute e spinte da forti investimenti centrali. Naturalmente lo scopo è di gestire alla scala adeguata argomenti come trasporti, alloggi sociali, sviluppo economico, sistema delle acque, trattamento rifiuti, e altri. Naturalmente ciò impone un ridisegno di tutti gli altri organismi territoriali già esistenti alla scala intermedia.
Queste communautès, in base alla legge francese conosciuta come SRU del 13.12.2000 dovranno occuparsi di Solidaritè et Renouvellement Urbain (appunto SRU), attraverso nuovi strumenti di uso del suolo che sostituiscono i vecchi piani comunali francesi: lo SDAU schema di sviluppo e gestione urbana (un disegno strategico) e i POS piani di uso del suolo (la zonizzazione). Andranno formulati SCOT schemi di coerenza territoriale e PLU piani locali di urbanistica.



Indicatori per descrivere la città di mezzo

Mentre le classiche SMAs USA erano determinate dal 15% di lavoratori che "pendolavano" su una città madre o capital city (generando così i DUS i sistemi urbani giornalieri), la proposta francese per le aires urbaines è quella di calcolare il 40% di residenti che "pendolano" per lavoro dentro la stessa area, non verso un unico comune dominante ma in qualsiasi comune, diverso dal proprio, in un area di contiguità.
Un "selettore" per i comuni da considerare nella geografia del pendolarismo potrebbe essere, secondo i francesi, una soglia di 5.000 addetti.
Altri indici, incontrati, nella letteratura sulla metropoli contemporanea sono:

  • Housing sprawl index (descrive la diffusione delle abitazioni)
  • Density index (descrive la pressione insediativa su unità di suolo)
  • Retail mix (descrive i rapporti tra tipi di negozi e merceologie, determina la specializzazione di aree)
  • Tertiary mix (descrive i rapporti tra commercio, uffici, servizi alla persona e all'impresa, nuovi servizi tecnologici, consulenza, progettazione…. determina la specializzazione di aree)
  • Pedestrian friendlyness (descrive il rapporto tra viabilità veicolare e pedonale; la dimensione delle zone e dei percorsi pedonali; la loro sicurezza)
  • SMI saptial mismatch index (vedi Martin, 2004)



SOGNANDO CALIFORNIA
Aree metropolitane di confine - indicatori e pattern

La trattazione molto particolare di due aree metropolitane gemelle - San Diego (CA) e Tijuana (Mexico) -, appartenenti a due nazioni diverse e pertanto connotate non solo da contiguità fisica ma dalla condivisione di un confine (border cities) e dalle speciali relazioni che si intrattengono in questo caso (immigrazione-emigrazione di prossimità, pendolarismo transfrontaliero, mix di culture e caratteri nazionali, ecc.) può dare - quanto a metodo - dei suggerimenti per altre condizioni metropolitane.
In particolare il set di 16 variabili prese in considerazione (vedi occhiello seguente), tra i Censimenti nazionali USA e Mexico, confermano la rilevanza di alcuni caratteri sociali ed economici nella analisi e descrizione di un contesto metropolitano; l'analisi multivariata e l'analisi dei cluster, applicate in doppio senso - a partire da criteri precostituiti e viceversa a partire dai dati raccolti (a priori groups vs data-driven groups) - offrono alcuni pattern spaziali condivisi dalle due città di frontiera.
In particolare viene ricercato e stimato un cosiddetto commonality index, vale a dire - appunto - un indicatore di sintesi delle situazioni similari, di qua e di là del confine tra Stati, le quali evidenziano e danno misura alla "confusione2 metropolitana. Uno dei principali esiti di questa confusione, dimostrano gli autori, è la effervescenza demografica dei cluster di confine delle due aree: caratterizzate (a prescindere dagli Stati) da un recente e forte sviluppo della natalità e da flussi cospicui in entrata dall'esterno. L'area sud di San Diego assomiglia, in questo, alle periferie di Tijuana.
Viceversa, emergono interessanti differenze tra le due metropoli: sinteticamente, San Diego rivela una situazione definita "a mosaico" delle caratteristiche sociali ed economiche (es. indici demografici, redditi, scolarità), che diserta la struttura teorica classica delle metropoli USA (Burgess, 1925) - il CBD e gli anelli di espansione suburbana - per avvicinarsi ad una metropoli diffusa; Tijuana viceversa rispetta ancora i canoni centro-periferia, con un core ben distinto, circondato da numerose zone periferiche, secondo il modello delle città messicane di confine (Hoffmann, UCLA 1983).
Nonostante la cospicua differenza dei contesti - Venezia e la California - indicatori, indici e metodi di analisi sono interessanti per la nostra "provincia metropolitana". Per esempio si potrebbe capire se la confusione con Padova e Treviso generi aree transfrontaliere che si assomigliano e sono caratterizzate da indici di natalità e pattern sociali o economici effervescenti: il caso di S.Maria di Sala, Quarto d'Altino, Scorzè potrebbero confermarlo.

Elabora: Scaramuzzi da VISWANATHAN N.K., PICK J.B., HETTRICK W.J., ELLSWORTH E. 2005 An analysis of commonality in the twin metropolitan areas of San Diego, California and Tijuana, Mexico, In Socio Economic Planning Sciences vol.39.1




Set delle variabili utilizzate per l'analisi dei cluster metropolitani (città di frontiere)


VARIABILI DEMOGRAFICHE
POPOLAZIONE TOTALE
INDICE DI DIPENDENZApopolazione di età inferiore ai 18 anni e di età superiore ai 65/ popolazione tra 18 e 65 anni
INDICE DI GENERE (1)popolazione maschile/popolazione femminile
INDICE DI NATIVITÁnumero di nati nello stato/totale popolazione
INDICE DI IMMIGRAZIONEpopolazione oltre i 5 anni di età, residente fuori dallo stato nel 1985/popolazione oltre i 5 anni

VARIABILI SOCIALI
EDUCAZIONE PRIMARIApersone oltre i 15 anni con istruzione primaria/popolazione oltre i 15 anni
EDUCAZIONE SECONDARIApersone oltre i 15 anni con istruzione secondaria/popolazione oltre i 15 anni
MATRIMONIpersone sposate con età superiore a 12 anni/popolazione oltre i 12 anni
PROPRIETÁ DELLA CASAabitazioni in proprietà/abitazioni occupate

VARIABILI ECONOMICHE
ATTIVIpopolazione attiva/popolazione totale
DISOCCUPATIdisoccupati/popolazione attiva
SOTTOCCUPATIoccupati da 1 a 32 ore a settimana/popolazione attiva
POVERTÁlavoratori che guadagnano meno della paga minima/popolazione attiva

VARIABILI ABITATIVE
CASE ONE-BED ROOMabitazioni con una camera da letto/abitazioni occupate
CUCINE ABITABILIabitazioni con cucina separata abitabile/abitazioni occupate
FOGNATURE COMUNEsistema fognario connesso a livello di strada (abitazioni occupate)
(1) In Italia si definisce questo indice come RAPPORTO DI MASCOLINITÁ.
Nota: il Censimento USA definisce la povertà attraverso soglie diverse di reddito per numerosità della famiglia e sua composizione. Se la famiglia viene classificata come povera tutti i suoi componenti sono poveri. Le soglie di reddito sono aggiornate annualmente sulla base dei prezzi al consumo e non variano geograficamente. La soglia di reddito viene calcolata al netto della tassazione ed esclude redditi da capitale e benefit non monetari quali l'assistenza medica e alimentare.
Elabora COSES, da Viswanathan et al.

BIBLIOGRAFIA UTILIZZATA

LANG R. 2003 Edgeless cities: Exploring the Elusive Metropolis METROPOLITAN INSTITUTE OF VIRGINIA TECH, DRAFT from Internet BROOKING PRESS BOOK, 2003.

COLLODI C. 1960 Le avventure di Pinocchio, Mondadori 1960.

VISWANATHAN N.K., PICK J.B., HETTRICK W.J., ELLSWORTH E. 2005 An analysis of commonality in the twin metropolitan areas of San Diego, California and Tijuana, Mexico In Socio Economic Planning Sciences vol.39.1

MARTIN R.W. 2004 Spatial mismatch and the structure of american metropolitan areas, 1970-2000 In Journal of Regional Science vol.44 august n.3.

LA DOCUMENTATION FRANÇAISE n.8025 2002, Urbanisation et urbanisme en France Les metropoles de province

NELSON A.C., BURBY R.J. FESER E. ET AL. 2004 Urban containment and Central-City revitalization In JAPA JOURNAL

BRAKMAN S. GARRETSEN H. SCHRAMM 2004 The spatial distribution of wages: estimating the helpman-hanson model for Germany In Journal of Regional Science vol.44 august n.3.

OWENS S. RAYNER T. BINA O. 2004 New agendas for appraisal: reflections on theory, practice and research In ENVIRONMENT AND PLANNING A. VOL.36.

SENIOR M.L. et al. 2004 Residential preferences versus sustainable cities: quantitative and qualitative evidence from a survey of relocating owner-occupier In TPR TOWN PLANNING REVIEW vol.75.3.

Consultazione del lavoro

Documento COSES n. 618/2005 "Area metropolitana: una ricognizione bibliografica sulla definizione della città di mezzo, a cura di Isabella Scaramuzzi.


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