Estratto dalla tesi di laurea specialistica in "Economia dello sviluppo locale" di Riccardo Dalla Torre
L'economia della cultura è un settore in continua evoluzione. Infatti, si stima che in Europa siano occupati nel settore culturale 4,2 milioni di persone (il 2,5% del totale dei lavoratori nel 2002), mentre solo in Italia (come si può vedere in fig. 1), il valore aggiunto del settore culturale, nel 2003, ha superato i 20 miliardi di euro, un valore in continua crescita.
Osservando i dati riportati in tab. 1, si nota come le percentuali più alte di occupati nel settore culturale spettino ai paesi che presentano, anche, un alto grado di innovazione tecnologica (che poi sono gli stessi che si contraddistinguono per una più vasta classe creativa tra le forze di lavoro). Di conseguenza, sembra delinearsi la prospettiva secondo la quale un tasso elevato di occupazione nel settore culturale sia indice di competitività. Anche perché, i medesimi paesi, non si trovano ai vertici della famosa World Heritage List dell'Unesco, che misura il numero di siti culturali di rilevante interesse internazionale. Quindi, molto probabilmente, questi Stati sopperiscono a una carenza connessa alla dotazione di patrimonio culturale, con una politica della competitività che, vista la situazione economica attuale, si mostra più vantaggiosa.
PAESI | Cultural employment (in migliaia) | Cultural empl. ratio (% di total empl.) | % di university graduates (1) Total empl. | % di university graduates Cultural empl. |
EU 25 (2) | 4.164,3 | 2,5 | 24 | 40 |
Belgio | 89,0 | 2,3 | 35 | 51 |
Rep. Ceca | 79,6 | 1,8 | 13 | 33 |
Danimarca | 79,9 | 3,1 | 27 | 43 |
Germania | 929,7 | 2,7 | 23 | 36 |
Estonia | 19,9 | 3,7 | 33 | 60 |
Grecia | 81,7 | 2,5 | 24 | 37 |
Spagna | 307,9 | 2,0 | 31 | 51 |
Francia | 434,0 | 2,1 | 28 | 51 |
Irlanda | 42,8 | 2,7 | 29 | 40 |
Italia | 453,0 | 2,2 | 14 | 27 |
Cipro | 7,3 | 2,5 | 33 | 65 |
Lettonia | 15,0 | 1,8 | 25 | 35 |
Lituania | 30,1 | 2,7 | 53 | 79 |
Lussemburgo | 3,2 | 1,8 | 21 | 31 |
Ungheria | 69,0 | 1,9 | 18 | 43 |
Malta | (3) nd | nd | nd | nd |
Olanda | 249,1 | 3,3 | 25 | 39 |
Austria | 70,4 | 2,0 | 19 | 32 |
Polonia | nd | nd | nd | nd |
Portogallo | 60,4 | 1,4 | 11 | 25 |
Slovenia | 20,1 | 2,5 | 16 | 34 |
Slovacchia | 27,0 | 1,4 | 14 | 34 |
Finlandia | 78,8 | 3,5 | 34 | 38 |
Svezia | 139,6 | 3,3 | 26 | 38 |
Regno Unito | 877,1 | 3,2 | 28 | 43 |
Islanda | 6,1 | 4,2 | 24 | 44 |
Norvegia | 48,4 | 2,2 | 34 | 45 |
Bulgaria | 50,5 | 2,1 | 28 | 54 |
Svizzera | 93,3 | 2,7 | 24 | 36 |
(1) Si considerano university graduates i laureati
(2) Il dato aggregato per l'Europa a 25 si basa, in realtà, su 23 Stati, in quanto non ci sono dati disponibili per Malta e Polonia (3) Nd indica un dato non disponibile |
Lo studio dei dati e l'analisi degli indicatori ci portano ad occuparci della cultura come business. Infatti, negli ultimi anni, in Italia è aumentato anche il volume di lavoro impiegato nel settore ricreazione e cultura e l'incidenza della spesa per i consumi culturali.
Tutto questo, poi, è inserito in un contesto nel quale il turismo culturale è in forte espansione e realtà molto dotate dal punto di vista del patrimonio culturale e artistico, come quella italiana, segnalano sensibili incrementi nelle presenze turistiche (vedi fig. 3).
La cultura, tuttavia, non ha valore solamente in quanto crea profitti, ma anche perché indirizza la società verso nuovi modelli di uso del tempo e delle risorse. Bisogna infatti considerare l'aspetto più immateriale della cultura, intendendo la stessa come bene meritorio e per questo degna di tutela. Infatti, se il consumo culturale entra a far parte dei modelli di comportamento, il territorio riesce a manifestare una positiva tendenza verso l'innovazione e la creatività. Di questi aspetti, beneficiano tutti i settori ad alta intensità di conoscenza ed è a questo punto che anche l'industria culturale genera profitti.
St. Louis rappresenta l'esempio di una città industriale inquinata e insicura, che è riuscita a cambiare la sua immagine. La culla del blues, iniziò nel 1996 un programma radicale di rivitalizzazione che partì dall'iniziativa di 1200 volontari. Il primo passo fu quello di coinvolgere i cittadini nella gestione urbana, in un insieme eterogeneo composto da tutti gli attori sociali: prima il non-profit e la libera iniziativa civile, poi l'amministrazione pubblica locale.
Nacque il piano St. Louis 2004, con lo scopo di creare un vero e proprio progetto di sviluppo, coinvolgendo più soggetti possibili. Sembrava un progetto utopistico, lontano dalla realtà. Invece le cose andarono meglio di quanto ci si aspettasse. Forse perché ci furono ingenti risorse a disposizione e incentivi fiscali, forse perché si impegnarono sei gruppi di lavoro e ventinove task force, forse perché furono date scadenze da rispettare, parametri da valutare, effetti da monitorare. Fatto sta che St. Louis oggi viene indicata tra le dieci aree metropolitane statunitensi più sviluppate.
La cultura ha influenzato tutto il progetto: dalla riprogettazione del sistema dei trasporti pubblici, all'orientamento professionale dei giovani. Infatti, molti artisti vennero coinvolti (e lo sono tuttora) nella gestione dei trasporti e nella formazione dei ragazzi, sensibilizzandoli alle nuove opportunità lavorative in tema di creatività.
Ora la città può offrire molte alternative culturali ai suoi abitanti: c'è un'orchestra sinfonica (la seconda, per importanza, degli Stati Uniti), un museo d'arte contemporanea, uno dei parchi più belli d'America (più grande di Central Park), che ospita due musei e un centro scientifico. Questi sono solo alcuni esempi, all'interno di un fiorire di manifestazioni ed eventi culturali, con prezzi accessibili, alcuni gratuiti ed altri a partire da 25 centesimi di dollaro.
Non bisogna poi dimenticare che la cultura partecipa ai processi di trasformazione delle aree industriali dismesse, in partnership che coinvolgono il settore pubblico, le imprese, le organizzazioni non-profit. Le imprese, nel fare ciò, rispondono alle esigenze di responsabilità sociale, incrementando il consenso attorno a loro e, in ultima analisi, migliorando la loro competitività di sistema. I cittadini, che negli Stati Uniti sono i principali finanziatori della cultura, rafforzano, dal canto loro, la propria appartenenza comunitaria.
Se la rinascita di St. Louis è partita dal basso, in un chiaro esempio di politica bottom-up, l'esempio di Denver ci mostra come anche una strategia top-down possa funzionare e che quindi non ci siano ricette esclusive per favorire lo sviluppo di una zona attraverso la cultura.
La città del Colorado, infatti, nota come capitale degli sport di squadra tanto cari al popolo americano (basket, hockey, baseball, football), registra anche un elevato numero di turisti, spinti da motivi di carattere culturale.
Il fatto che Denver sia divenuta una destinazione culturale lo si deve, in parte, a una tassa di scopo. Infatti, le organizzazioni coinvolte nella fioritura di Denver quale centro culturale, sono quelle che ricevono fondi dal Scientific and Cultural Facilities District (SCFD): un'agenzia pubblica che si finanzia ricevendo un centesimo ogni dieci dollari di fatturato prodotti nelle contee che appartengono all'area metropolitana di Denver. L'agenzia ha potuto così disporre di molti fondi, destinati allo sviluppo dell'industria culturale, che ha portato ad un aumento complessivo dell'impatto economico del 73% nel periodo 1992-2001, al netto dell'inflazione. Va segnalato che, nello stesso periodo, la SCFD ha visto aumentare i propri fondi da 14 a 37 milioni di dollari. Il livello di impiego nel settore culturale ha avuto un incremento del 188%; il numero di visite ad eventi culturali dell'80%. I volontari, infine, che testimoniano il dinamismo sociale della città e il coinvolgimento identitario, sono aumentati addirittura del 212%.
Un aspetto da non trascurare è il costo per utente, che è di soli 14,58 dollari. Irrisorio, in confronto alla vastità della produzione culturale. Questo è possibile perché la SCFD spende pochissimo per i costi amministrativi (lo 0,75%) e perché compie un accurato controllo dei destinatari dei fondi che eroga.
In tab. 2 si può notare il notevole incremento dei visitatori, presso i musei senesi, nel corso degli anni Novanta. Col passare degli anni, vengono aperti nuovi musei e quindi, in particolare sul finire del decennio, c'è una maggiore distribuzione delle presenze tra le diverse strutture.
MUSEO | ANNI | |||||
1988 | 1989 | 1990 | 1997 | 1998 | 1999 | |
Museo archeologico nazionale | - | - | - | 6.574 | 3.800 | 2.114 |
Pinacoteca nazionale | - | 54.169 | 59.944 | 43.635 | 46.238 | 41.195 |
Totale Musei statali | - | 54.169 | 59.944 | 50.209 | 50.038 | 43.309 |
Museo civico | 206.207 | 225.197 | 233.397 | 219.744 | 217.853 | 232.783 |
Torre del Mangia | - | - | 182.840 | 195.045 | 207.110 | 211.515 |
Santa Maria della Scala | - | - | - | 38.571 | 52.692 | 60.967 |
Palazzo delle Papesse | - | - | - | - | 5.000 | 23.268 |
Totale Musei civici | 206.207 | 225.197 | 416.237 | 453.360 | 482.655 | 528.533 |
Museo dell'Opera | 119.033 | 157.209 | 126.216 | 170.130 | 149.918 | 152.865 |
Libreria Piccolomini | 153.215 | 176.132 | 154.654 | 299.344 | 140.559 | 149.950 |
Battistero San Giovanni | - | - | - | 199.656 | 186.267 | 286.813 |
Oratorio San Bernardino | - | - | - | 23.044 | 4.595 | 2.928 |
Totale Musei opera | 272.248 | 333.341 | 280.870 | 692.174 | 481.339 | 592.556 |
Accademia Fisiocratici | - | - | - | 2.409 | 2.362 | 3.068 |
Cripta delle statue | 24.599 | 26.046 | 22.962 | - | - | - |
Orto botanico | - | - | 3.000 | 8.000 | 7.000 | 7.000 |
Villa Chigi Farnese | - | 4.915 | 667 | - | - | - |
Totale Musei altri enti | - | 30.961 | 26.629 | 10.409 | 9.362 | 10.068 |
Totale Visitatori | 490.755 | 643.668 | 783.680 | 1.206.152 | 1.023.394 | 1.174.466 |
Fonte: IZI su dati Enit, Comune di Siena, Sovrintendenza BAAS di Siena
e Grosseto, Ministero BAC, Opera della Metropolitana, Santa Maria della Scala,
Palazzo delle Papesse, Orto Botanico, Accademia dei Fisiocratici
Beni e servizi forniti | Il modello | Esternalità positive | Protezione della conoscenza e della reputazione | Esempi | |
Distretto culturale industriale | design audiovisivi cinematografia moda | storico- evoluzionista | di produzione | brevetti, segreti, conoscenza tacita, marchi di fabbrica | Murano, Caltagirone, Los Angeles, Valenza Po |
Distretto culturale istituzionale | cultura delsavoir vivre, mostre e fiere | fondato sulle istituzioni | di produzione e di consumo | diritti di origine, diritto collettivo di denominazione | Langhe, alimentare tipico in generale |
Distretto culturale museale | reti di musei | politica pubblica | di consumo e di rete | copyright, marchio di fabbrica (logo, insegna) | Strasburgo, Amsterdam, Berlino, Venezia |
Distretto culturale metropolitano | teatri cinematografia gallerie d'arte | politica urbana | di agglomerazione | copyright, diritti d'autore | Glasgow, Manchester, Bilbao |
Innanzitutto Santagata considera i beni e i servizi forniti da ciascuno.
Il distretto culturale industriale produce soprattutto beni di design, ad alto contenuto artistico, come quelli destinati al settore cinematografico e audiovisivo, o alla moda. Si tratta di produzioni assimilabili per molti aspetti ai tradizionali distretti industriali.
Il distretto culturale istituzionale, invece, riguarda prodotti più legati alla cosiddetta cultura del savoir vivre: si annoverano in questa categoria le produzioni eno-gastronomiche di alta qualità, che spesso si accompagnano a mostre e fiere promozionali.
Il distretto culturale museale mira alla gestione integrata di più musei.
Il distretto culturale metropolitano, infine, ambisce alla produzione di cultura, nell'ambito degli spettacoli dal vivo e dei prodotti multimediali.
Santagata, poi, prende in esame il modello distrettuale, intendendo riferirsi al modo in cui lo stesso prende forma.
Il distretto culturale istituzionale si fonda sulle istituzioni stesse, il distretto culturale industriale è molto vicino al modello tradizionale, con le differenze connesse alla natura speciale dei beni presi in considerazione. Balza agli occhi la natura di policy delle ultime due tipologie.
Analizziamo ora le esternalità positive delle diverse classi.
La prima tipologia si dimostra ancora una volta molto simile, per così dire, all'originale, in virtù delle esternalità di produzione che sviluppa.
Il distretto culturale istituzionale, si differenzia grazie a delle esternalità di consumo collegate in modo particolare alla promozione dei beni, attraverso fiere locali.
Il distretto museale, invece, registra esternalità di consumo per la concentrazione spaziale degli edifici, che favorisce i visitatori, e per la rete, che gestisce le strutture in maniera coordinata.
Il distretto metropolitano sfrutta l'agglomerazione degli spazi destinati alla cultura.
L'ultima caratteristica che Santagata prende in esame è la protezione della conoscenza e della reputazione del distretto.
Questa avviene in molti modi per il distretto culturale industriale, dai brevetti ai marchi, senza dimenticare la conoscenza tacita, che rappresenta il substrato storico del distretto, il tratto sociale distintivo, in quanto espressione del saper fare degli addetti.
I diritti di origine, invece, sono le risorse su cui i distretti istituzionali basano la loro reputazione, l'equivalente del copyright degli artisti che operano all'interno del distretto metropolitano.
Per quanto concerne il distretto museale, le strategie adottate possono essere diverse, più verosimilmente associate ad un marchio comunicativo e identitario.
Il distretto culturale evoluto dovrebbe convogliare tre effetti:
La combinazione di questi tre effetti può costituire un'occasione di crescita per il territorio. Infatti, le politiche internazionali di successo, sono passate attraverso un'impostazione che aveva, come punti cardine, i tre approcci di Florida, Porter e Sen, più o meno implicitamente. Peraltro si tratta di strategie collegate le une alle altre, quasi concatenate, visto che, per esempio, si produce più facilmente innovazione in un ambiente creativo.
A questo modello si ispira la Fondazione per la Cultura di Firenze. Si tratta di un progetto di sviluppo culturale cui partecipano istituzioni pubbliche, enti e associazioni. Si fa riferimento al modello di distretto culturale evoluto, con l'obiettivo di dare vita ad un sistema locale fortemente orientato ai processi ad alto valore aggiunto immateriale, capace di integrare le filiere della creatività culturale e del turismo con le filiere produttive industriali del territorio.
In particolare, sono stati individuati dieci obiettivi strategici per la città, che la Fondazione dovrà perseguire:
Gli ambiti a cui questi obiettivi si riferiscono, riguardano cinque settori di attività: grandi mostre e patrimonio storico, cultura del contemporaneo, networking territoriale, giovani, networking esterno. Si tratta, in definitiva, di una vera e propria politica industriale per la cultura del territorio, che non si limita a promuovere lo sviluppo locale di attività storico-artistiche ma che si propone di mettere in valore la produzione culturale come fattore più generale di innovazione dell'industria e dei servizi.