Facciamo piano per un turismo forte

Comunicazione Convegno Jesolo 13 febbraio 2005

di Isabella Scaramuzzi

Cosa indaghiamo

Credo ci si aspetti da me un contributo tecnico.
Insegno da ormai 15 anni una materia inesistente nei curricula formativi italiani, che si chiama pianificazione dei luoghi turistici. Sarebbe facile ironizzare che io sia una pessima docente visti i risultati sul territorio.
Mi verrebbe da rispondere che "da sola" posso tutt'al più fare la famosa voce che urla nel deserto, ma questo è un problema della formazione, non è l'oggetto dell'incontro di oggi.
Oggi, invece, ringrazio per avere l'opportunità di parlare fuori da un aula universitaria di uno strumento in cui "credo" fermamente e credo anche di sapere come usarlo: il piano territoriale, nella fattispecie del PTCP, in un'area "vasta" nella quale l'ospitalità - o il sistema turistico - rappresenta una cospicua e concreta opportunità di sviluppo, benessere, ricchezza.
Per onore della memoria devo dire che anche il precedente PTP si è avvalso largamente delle mie competenze e di quelle del COSES complessivamente, ma le sue vicissitudini amministrative e politiche hanno trasferito molte delle idee e delle proposte che sono state elaborate nell'eremo dei libri, delle riviste e delle accademie. Un'occasione non del tutto sfruttata che ha insegnao alla Provincia come non fare.


Come indaghiamo

Fare piano: un mestiere di governance

Un grande dell'urbanistica italiana, Lodovico Quaroni, scrisse che "il piano si fa cercandolo e si trova facendolo": riassumendo in uno slogan suggestivo una caratteristica troppo massacrata dei piani (o del planning, un gerundio molto più appropriato del sostantivo) che è quella della processualità e, ancora di più, degli agenti che questo piano devono cercare e trovare.
Da questo il titolo del mio contributo di oggi che, con un gioco di parole, ribadisce che il piano va "fatto" da qualcuno - in realtà più siamo e meglio è - e nella particolare situazione veneziana deve avere tra gli obiettivi fare più forte il sistema turistico.
E qui vengo ad uno degli elementi caratteristici e ineludibili del PTCP per il turismo veneziano: quello del fare piano, se vogliamo il corrispettivo progettuale di quello che da anni è lo slogan per l'economia in generale "fare sistema", ovvero avere una molteplicità di soggetti che compongono i propri diversi interessi in un obiettivo condiviso, definito per questo strategico.
Tecnicamente, il PTCP si prevede assai diverso dal PTP in quanto una legge regionale ne ha sancito la natura strategica proprio nella duplice sostanza di:

Dico soltanto, per tornarci in seguito, che questa scelta tecnica - la partecipazione come procedura dovuta e la strategia come contenuto del PTCP - ha molto a che vedere con un altro strumento territoriale, conosciuto come place marketing (marketing territoriale) con il quale il turismo ha assoluta consuetudine, poiché da sempre e comunque "vende" un luogo o un insieme di luoghi ad uno specifico target di peculiari consumatori.
In qualche modo, gli anni trascorsi nella vicenda del precedente PTP, non sono passati invano poiché la nuova legge ha deciso per un tipo di planning particolarmente congruente con il territorio turistico.


Fare piano: gli attori del turismo e le buone esperienze

In senso inverso l'esperienza turistica, maturata in quasi 50 anni nel territorio provinciale (se guardiamo a Venezia e alle Ville un'esperienza secolare!), potrà dare a questi nuovi strumenti di governo e, quindi, agli altri sistemi economici e sociali, tutto l'apporto di chi ha buone pratiche nel gestire le risorse territoriali "per un cliente" che potrebbe anche scegliere altri luoghi o altre soluzioni. Quando si parla di strategie si significa azioni e modalità per "vincere".
Quando affermo di credere nell'utilità di uno strumento territoriale per il turismo, voglio dire che il prodotto turistico (l'offerta) e il comportamento dei turisti nelle destinazioni, hanno assolutamente bisogno (anche se non sempre consapevolmente e esplicitamente) di disegno dei luoghi, di regole per edificarli o non costruire, di tutela delle risorse, di governo della mobilità, di qualità dell'ambiente e di tutte le altre declinazioni di ciò che oggi si definisce sviluppo sostenibile ma che è sempre stato l'obiettivo principale del planning. Non a caso il WTO, la maggiore organizzazione sopranazionale del turismo, dagli anni Sessanta raccomanda l'uso del planning nello sviluppo dei luoghi turistici.
Laddove il planning (il gerundio, appunto) è supporto allo sviluppo, nella attenuazione degli effetti negativi e nella esaltazione delle potenzialità positive (condivise) e non rigidità, chiusura, divieto, mero controllo.
Anche in questo caso la Provincia, con il PTCP, dovrà anche "trovare, facendo il piano" un assetto di regole e controllo condivisi - prima di tutto con i Comuni - che poi si attueranno nella approvazione (o meno) dei PAT e dei PATI. La legge regionale dice anche che se nei PAT si utseranno procedure concertative si avrà un percorso di approvazione facilitato da parte della Provincia.
In questo processo, è cruciale che - sia i Comuni che la Provincia - si arrivi al coinvolgimento preventivo di tutti gli attori territoriali e non, come l'istituto delle Osservazioni ai Piani sanciva, solo dopo che l'ente progettista ha deliberato.
In questa partecipazione propositiva, prevista dalla legge, ci sarà molto da imparare anche per il sistema turismo notoriamente atomizzato, individualista ed episodico che - però - ha dovuto in parte abituarsi alle azioni concertate e ai progetti condivisi, per esempio con l'esperienza dei cofinanziamenti europei o con i consorzi di promozione.
Le esperienze già promosse dalla Provincia sono state tesaurizzate nell'approccio al PTCP, che ha scelto un metodo, un processo, di coinvolgimento 'ab origine' del tutto diverso da quello del precedente PTP.


Il turismo: un prodotto a base di risorse territoriali

Una seconda novità tecnica della legge Veneta è rappresentata dalla VAS, valutazione ambientale strategica he in inglese si chiama SEA, come il mare (una coincidenza simpatica).
La VAS e i suoi strumenti sono ovviamente questioni tecniche specifiche che qui non tratteremo.
La filosofia della VAS, invece, ribadisce due caratteri intimamente turistici:

Dichiaro subito che non sono una "verde forte" ma una "verde morbida" e sono certa che la sostenibilità sia un concetto politico - di politica del territorio, di politica economica e di politica tout court - e un criterio di gestione, non il sacro graal.
Affermo anche che il turismo è un consumatore di risorse come quasi tutte le attività umane e segnatamente quelle di consumo, ma è anche un formidabile riciclatore di risorse dismesse o trascurate o inutilizzate, un produttore creativo. La storia lo dimostra.
Quindi una VAS, tecnicamente, dovrebbe soddisfare alla verifica e alla discussione - assistita dai dati e dalle simulazioni degli effetti - sulle alternative d'uso delle risorse e sulla loro durabilità.
Penso soprattutto al cosiddetto capitale naturale critico (aria, acqua, suolo, vegetazione, energia) che ha specifiche declinazioni nel turismo (es. arenili, mare) e che sopportano carichi eccezionali proprio per la larga ospitalità (rifiuti, smaltimento, traffico).
Ma una VAS, proprio perché strategica dovrà anche valutare le alternative d'uso: essendo l'alternativa una variabile dimenticata della pianificazione.
In poche parole se il turismo è uno dei caratteri strutturali della nostra provincia, non è detto che esso sia l'unica possibilità e/o non debba convivere positivamente con altri usi delle risorse e altri disegni del territorio. Il caso dello spazio rurale è eclatante.
Tuttavia anche il "suolo marrone" (brownfield) - opposto al "suolo verde" (greenfield) - lo spazio già costruito e usato deve essere rivalutato, anche dalla VAS, e anche per rinnovare lo spazio e i luoghi del turismo. Il caso del patrimonio immobiliare "vetusto" è eclatante. Cito sempre l'esperienza di Agenda 21 di Calvià, una destinazione matura del turismo mediterraneo (Baleari), che ha ridisegnato il lungomare demolendo gli hotel e sostituiendo posti letto con prodotti innovativi a base di risorse paesaggistiche.
L'uso alternativo o l'uso precauzionale sono da assumere tra le linee guida del PTCP.



Nel mare delle valutazioni: la SEA diventa VAS

La nuova legge regionale urbanistica del Veneto istituisce la VAS valutazione ambientale strategica: non più, dunque, una valutazione preliminare ai singoli (grandi) progetti ma all'intero disegno di sviluppo del territorio provinciale. La VAS è la traduzione italiana della SEA strategic environmental assessment, già "obbligatoria" in base alle direttive Comunitarie (direttiva della UE 2001).
Un articolo interessante su questo tema è quello di Owens et al. 2004, dal quale sono tratti questi riferimenti nel web:

Fonte: OWENS S. RAYNER T. BINA O. 2004 New agendas for appraisal: reflections on theory, practice and research In ENVIRONMENT AND PLANNING A. VOL.36



Paesaggio, panorama, luoghi ameni e qualità della vita

Tecnicamente, il PTCP assume valenze di piano paesistico, uno strumento di competenza Provinciale che traccia linee per la tutela e la conservazione di specifici beni "di insieme", a scavalco tra le risorse naturali pure e la loro antropizzazione (secolare) che le ha trasformate in "paesaggi" caratteristici e a riconosciuto valore: identitario, estetico o "commerciale".
Non mi perdo in tecnicismi, ne a spiegare quale valore attrattivo anche "dirimente" per la generazione di flussi turistici abbia un paesaggio: il litorale marino, le lagune, le visioni di Venezia, le enclaves dei giardini di Villa e quant'altro.
Introduco invece due opportunità strategiche che il PTCP dovrebbe svolgere:

Come dicevo all'inizio la stessa filosofia del place marketing ci dice che oggi - tra territori supposti in competizione - si devono attrarre nuovi cittadini e nuove imprese (nuovi investimenti) attraverso una promozione (non solo comunicazione) della qualità dei luoghi.
Il turismo pratica da sempre la promozione di luoghi (è un gran maestro, poco riconosciuto) e forse i contenuti e gli strumenti non sono poi così distanti.
Più in generale, la richiesta di qualità della vita, da parte dei cittadini, dovrà essere soddisfatta, oltre che con una politica ambientale (risorse critiche) anche con una politica dei servizi che spesso, segnatamente nel caso del tempo libero, della cultura e dell'intrattenimento, vengono a intricarsi con quelli turistici (leisure=amenities).
La spiaggia, per esempio, diventa un parco territoriale urbano, per un periodo assai più lungo di quello della stagione balneare.
Va senza dire che molte residenze turistiche, in luoghi ameni, potrebbero diventare residenze stabili o semistabili, in una regione dove le distanze "sulla carta" sono di fatto ridotte e abitare a Jesolo, lavorare a S.Donà dipende soltanto dalla scorrevolezza del traffico. La diffusione di "nuove comunità urbane" stabili o semistabili (es. campus universitari o villaggi per giovani-anziani), segna questa possibilità "ospitale".


Un turismo forte: è tutto intorno a te(turista)

Termino questo contributo con un aspetto che, ho già detto, è cruciale nella utilità di fare piano per il turismo: una questione di metodo.
Come architetto che ha sempre lavorato con gli economisti (macro e micro) non credo affatto alla dicotomia tra territorio economico (produttivo, aziendale, turistico) e territorio urbanistico e sociale (risorse, paesaggi, comunità): lo trovo un alibi falsamente tecnico per far prevalere ora questo ora quell'interesse o peggio per porsi dei veti incrociati (un termine della vecchia politica). Il lavoro fatto dal 1995 al 2000 per il PTP da un gruppo composito di professionisti era stato proprio quello di coniugare con gli strumenti propri del planning territoriale le esigenze della "produzione turistica". È presuntuoso ma non posso che rimandare alle cose che ho scritto, prima su Alfabeto Veneziano Ricerche COSES 1996 e poi su Quaderni di Urbanistica a cura di Anna Marson (Assessore del PTP), nel 2000.
Con qualche eccesso di dettaglio (dovuto alla questione dei dimensionamenti e dello zoning) superato alla scala provinciale dalla natura strategica del PTCP, non getterei via niente di ciò che si è elaborato per il PTP (come si fa col maiale). Credo che pochi conoscano quelle proposte: lo dico col massimo della presunzione, ci sono soluzioni "progettuali" che restano validissime, e lo dimostra il fatto che alcune tra queste sono state assunte dai Comuni - come la riedizione dei lungomari - e in qualche caso realizzate.
Segno che la teoria non era poi tanto lontana dal reale e che la Provincia non voleva imporre niente di stravagante alle destinazioni turistiche. Non voglio trastullarmi col ritornello "noi l'avevamo detto" ne assicurare crediti alla Provincia (la quale ha il difetto di non averli condivisi).
Come nel PTP si era utilizzato il paradigma del prodotto-luogo (place product alla base del place marketing) per svolgere la progettazione del PTP (in quel caso con un processo che partiva dai singoli prodotti-luogo, di scala comunale o inferiore, per arrivare ad una coerenza provinciale, di sistema vasto), per il PTCP si potrebbe pienamente adottare il "punto di vista dell'ospite": progettare tutto intorno a te, turista (usando uno slogan delle telecomunicazioni).
Vale a dire che ripensare il nostro territorio come un ambiente capace di soddisfare l'esperienza dei diversi tipi di ospiti (giornalieri, viaggiatori, vacanzieri, visitatori, escursionisti, ma anche studenti residenziali….), ci permette di avere come obiettivo un forte sistema locale di offerta. Cercando tale sistema con il metodo della collaborazione e condivisione, faremo piano.
E viceversa.
Mi si potrebbe facilmente obiettare (accadde davvero mentre elaboravamo il PTP) che il PTCP non è il piano del turismo provinciale, né viceversa un piano territoriale soddisfa tutte le esigenze di un planning turistico (es. la promozione, la gestione della destinazione, i bilanci).
Ma è facile rispondere che il PTCP è lo strumento strategico di una Amministrazione e in quanto tale ha la possibilità (e il dovere) di coordinare tutte le politiche settoriali: sia quelle turistiche - appunto la promozione - sia le altre: trasporti, ambiente, formazione, agricoltura.
E, ancora, la Provincia ha il ruolo di promuovere e sostenere la azione congiunta dei Comuni e i paternariati di progetto e di gestione, anche con altre scale di governo e con i privati. Ciò che già fa.
Non solo PTCP dunque, perché nemmeno il piano diventi il sacro graal, ma sia uno strumento di governo dello sviluppo. Cercare il piano ci deve insegnare a fare insieme, come soggetti e come strumentazione - la squadra e la macchina: capacità che, nel turismo più che in altri settore, davvero fa la forza.
In questo percorso di fare insieme anche ciò che la legge non dice deve essere valutato e chiudo con un unico esempio, cruciale: quello della contabilità del piano. Una questione enorme (da sempre e per ogni tipo di planning) ma che in un approccio strategico davvero non può mancare.
In questo senso la creatività della Provincia nell'individuare un metodo e la partecipazione dei Comuni e del sistema turismo a "mettere sul tavolo" le questioni finanziarie (capitali disponibili, costi pubblici, investitori, tasse, gestioni correnti, patrimoni ecc.) dovranno costituire un momento del fare piano di assoluta novità e indispensabile a "vincere".


Consultazione del lavoro

La Comunicazione Convegno Jesolo 13 febbraio 2005 di Isabella Scaramuzzi è contenuta nel Documento COSES n. 616/2005 qui presentato in versione integrale.
Per approfondimenti sugli argomenti trattati si rimanda al Fondaco Turismo e al Fondaco Provincia di Venezia in questo sito.

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