La morte e Venezia
di Isabella Scaramuzzi
La città che flirta con la morte
Un luogo che da sempre flirta con la Morte, non può che assumere il declino dei suoi iscritti all'Anagrafe come conferma del proprio destino. Al contrario, qualunque dato o riflessione positiva -per esempio la vitalità delle sue popolazioni temporanee, abituali e giornaliere (Di Monte e Santoro, 2009) abitanti senza anagrafe- sono quasi un disturbo all'idillio con la Morte.
Siamo nell'ambito del subconscio collettivo dove nessun umile osservatore di dati può avventurarsi. Può solo dire che tale flirt con la propria Morte sostiene il sommo stereotipo che genera il bisogno turistico più banale: ripetitivo, retorico, mortifero. Paradossalmente, quanti piangono la Venezia che si estingue, danno vita alla sua rendita peggiore: Venezia muore, viva Venezia, la mucca-cassa (cash-cow) come la definiscono all'estero.
E siccome non c'è più la Peste, l'innalzamento del medio mare minaccia persino le Maldive e, alla fine, abbiamo il Mose contro le acque alte, a cosa attribuire il destino di Morte se non all'Anagrafe. O, forse, gli amanti della Morte a Venezia, pretendono di sceglierli uno ad una, i residenti ideali o idonei o degni. In tal senso uno studio ormai vintage del mio ex direttore, venezianissimo (Zanon, 1981), già negli anni Ottanta contava (all'Anagrafe) solo 1 nativo su 10 residenti e stimava con un generoso ottimismo che potessero essere 4 su 10, se coloro che erano immigrati dalla terraferma fossero stati (tutti) ex nativi a loro volta emigrati.
Oggi, sempre contando gli anagrafici, sappiamo che chi immigra nella città antica viene più spesso da oltre provincia, oltre regione, oltre nordest piuttosto che dalla campagna diventata metropoli intorno a Mestre e Marghera (Pedenzini, per Osservatorio Casa Comune di Venezia 2009).
Insomma, gli abitanti di Venezia Antica sono, con elevata probabilità e in gran parte, foresti.
Il futuro ha il cuore antico
Nell'ambito degli studi per un turismo sostenibile, voluti dall'Amministrazione comunale in carica, abbiamo cominciato a rileggere gli ultimi 50 anni veneziani attraverso l'andamento parallelo dei visitatori e degli abitanti, cercando di individuare delle fasi cruciali, delle politiche locali o dei fatti globali che spieghino se queste due popolazioni siano da vedere come conflittuali e siano davvero alternative, nonostante il dato superficiale ci mostri che gli uni aumentano e gli altri calano (per meglio dire: non si iscrivono all'Anagrafe).
Figra 1
Popolazione residente a Venezia città antica e presenze turistiche.
Anni 1951-2007. Valori standardizzati
Figura 6
Risultati dell'analisi statistica multivariata.
Effetto delle componenti del modello statistico
Fonte: Documento COSES 1022.1, 2008 a cura di Lo Castro, Pedenzini, Scaramuzzi
Dati Comune di Venezia, elaborazioni COSES 2008
In estrema sintesi, il modello statistico ci aiuta a vedere (grafico 6) come "la quasi totalità della variabilità della serie dei residenti è prevedibile sulla base del proprio passato ma non della serie delle presenze turistiche". "L'effetto dei turisti è costante e praticamente nullo (linea tratteggiata) […] mentre la dinamica passata è parte dominante nella spiegazione del calo dei residenti (linea a puntini)" (Lo Castro, Pedenzini et al. 2008).
C'è una prima fase, del lungo dopoguerra e del baby boom (tra 1951 e 1966), in cui il cosiddetto esodo dalla Venezia insulare non può in alcun modo essere addebitato al turismo, anch'esso tutto da ricostruire, ma alla situazione inaccettabile delle abitazioni e all'avvicinamento delle persone (soprattutto dei ceti popolari) ai posti di lavoro. Si perde oltre un terzo della popolazione anagrafica e, naturalmente, si attua una selezione per reddito, a scapito di chi vive in affitto, nei piani terra o in edifici che non ha i soldi per restaurare (Urbanistica 1972; Piovene 2007).
Alla svolta dell'acqua granda, del 1966, e ancor più alla Legge Speciale del 1971, l'esodo decisivo è già compiuto. Per tutti gli anni Settanta, la salvaguardia divenuta di preminente interesse nazionale vede come positivo un turismo destagionalizzato e rafforzato, che saturi la capacità ricettiva "a numero chiuso", per evitare che gli alberghi si mangino gli spazi residenziali e delle altre attività lavorative.
Intanto Venezia diventa una città di ceto medio impiegatizio (Cresme, 1981), con fortissimi investimenti pubblici sia in opere di manutenzione che di conservazione del patrimonio monumentale, sia in termini di amministrazioni attive, ministeriali, regionali, provinciali, municipali e di istituzioni culturali, Università, Accademie, Scuole, Istituti, Biennali. Qualcuno sostenne, negli anni Ottanta, che la Serenissima fosse la più meridionale delle città italiane, (leggi: parassitaria), con una dipendenza troppo forte dal denaro pubblico e dalla rendita immobiliare.
Una seconda acqua alta eccezionale, quella del 1979, potrebbe essere assunta come punto di non ritorno nella trasformazione, non solo anagrafica: in quegli anni, è importante dirlo, si è fermato del tutto anche il motore di Porto Marghera (in crisi dai primi anni Settanta) e della terraferma mestrina (la cui Anagrafe declina dal 1975 e che ha dimezzato l'attività edilizia) (Barbiani e Sarto, 2007; COSES Rapporto 149, 2009). Qualcun altro mette all'indice la legge sull'equo canone, del 1978, come intervento mortifero per la città antica: causa di uno spolverò degli appartamenti in locazione e di una emergenza sfratti (normale a livello nazionale e metropolitano) che rappresenta nell'isola un effetto speciale.
Anni Ottanta: un turismo da bere
Ed è proprio negli anni Ottanta che esplode l'escursionismo turistico, fenomeno globale ma che il blocco di posti letto in isola sicuramente esaspera, generando un alone di ricettività, cioè di economia, intorno a Venezia, la cui forza e dimensione determina una macchina di interessi compositi dai quali diventa via via impossibile prescindere.
Le politiche per la casa e lo straordinario patrimonio pubblico per locazione, il rifinanziamento della Legge speciale nel 1984 e l'agevolazione per l'acquisto della prima abitazione come risposta agli sfratti, possono comunque poco contro la marea del mercato, anche se radicano all'Anagrafe insulare molti che si sarebbero trovati ad emigrare. Questa fase, quindi, vede un notevole impegno per far abitare stabilmente Venezia, mentre la ricettività è bloccata e, dunque, non possiamo accusare il turismo di occupare spazi residenziali.
Semmai, la marea escursionista preme sull'uso dei piani terra, recuperandoli dal disuso o dal sotto utilizzo come magazzini: si alzano i valori immobiliari, ma anche le opportunità di lavoro e la "vitalità" di talune zone, comunque si voglia leggere la trasformazione in atto (il termine utilizzato è monocultura turistica).
Non a caso, a metà degli Ottanta, la differenza morti su nati diventa per la popolazione anagrafica, più importante di quella emigrati su immigrati, nel determinare il proseguimento del calo demografico (la popolazione influenza sè stessa). Una larga quota di patrimonio residenziale continua, così, a svuotarsi senza trovare sostituzione o, forse, trovandola in usi non dichiarati, sia ricettivi che per popolazioni temporanee (in primis gli studenti) o per magazzini, depositi, laboratori in qualche modo funzionali alle abitazioni stabili e/o a stabili attività economiche. In attesa di rendite migliori.
Il calo dei residenti anagrafici non ha più i caratteri di esodo ma di contrazione del cuore antico in un sistema urbano largo: questa normalità (Scalmana, 1982) non può essere accettata dai Serenissimi, ma è una questione antropologica che non siamo in grado di trattare. Quello che si vede dai dati è che in questo periodo, i turisti non aumentano parossisticamente (la capacità ricettiva è satura) e poichè gli escursionisti non occupano spazi residenziali non esiste una sostituzione nell'uso: la si può prevedere o attendere per il futuro, in mancanza di alternative.
Le capitali del consumo di massa
Quando si aprono gli anni Novanta si assiste ad un comportamento paradossalmente analogo tra residenti anagrafici e ospiti turistici: le due categorie sono diventate fortemente pendolari verso la città antica, che resta fulcro di attività lavorative (turismo, commercio, istruzione e amministrazioni) per addetti e studenti che vivono in terraferma e visitatori che vi pernottano.
La stigmatizzazione del turista mordi e fuggi è automatica: il nuovo volto della Morte che si aggira per la Serenissima, minacciandone la sopravvivenza. L'ultimo periodo, che va dal 1995 ad oggi, è segnato da una decisa accelerazione di fenomeni già pienamente rivelati in precedenza: l'unica vera novità è lo sblocco dei posti letto, sia alberghieri che cosiddetti residenziali, appartamenti, affittacamere, B&B.
Questa scelta, messa a punto con il piano urbanistico per la Città Antica e sostenuta dall'effervescenza giubilare nonchè dalla successiva legislazione regionale (tutto accade tra 1996 e 1999), è una risposta all'accumulo di patrimonio liberato (dall'esodo degli anni Sessanta in poi) o liberabile (con le dismissioni dei palazzi e la mortalità naturale dei residenti) e alla pressione di un mercato di consumo dei "luoghi urbani e d'arte" che non conosce precedenti.
La marea dei consumatori di cultura, di eventi, di week-end e di voli low-cost, alimentata dai baby boomers ormai quarantenni e dai nuovi ricchi del globo, è pronta a riversarsi sul patrimonio locale come su quello di ogni altra capitale europea, Praga, Barcellona, Bilbao, Stoccolma, Berlino.
A Venezia non serve nemmeno un'Expo, una Olimpiade, una Capitale della Cultura: ma il fenomeno è quello, a prescindere da qualunque specificità e qualunque amministrazione locale. La normalità, così come la condivisione di fenomeni è rifiutata a priori dalla Dominante, eppure il mondo sembra non curarsi affatto di questo DNA unico e raro e la tratta come una destinazione turistica di massa.
D'altro canto, gli anni Novanta sono anche il periodo in cui l'Amministrazione locale avvia i piani di recupero urbano (i cosiddetti 1.000 alloggi per Venezia - Dina e Ortelli, 1997) e il progetto Giudecca, isola nell'isola, appartenente alle cosiddette periferie centrali, che smette di perdere abitanti (COSES, Urban 2000 e 2008). Segno che è possibile una politica per la residenza stabile e per la vitalità urbana.
A parte le crisi meta-turistiche del 2001 (Ground Zero) e del 2008 (crollo delle Borse), la marea degli ospiti è diventata stabilmente granda e ha innescato -oggi sì- un circolo causa-effetto-causa tra aumento dei posti letto, che occupano spazi dismessi da usi pubblici o da residenza, pernottanti (non mordi e fuggi!), conversioni d'uso. E' doveroso annotare che il B&B, se gestito correttamente, sarebbe di per sè una soluzione finalizzata a trattenere in loco residenti effettivi, tramite l'impiego di parte del proprio alloggio primario, libero o liberato. Se poi chiamiamo B&B un albergo "fuori norma" o diffuso, gestito da residenti ombra (magari pure iscritti all'anagrafe!), è un problema di legalità e non di politiche urbane.
In ogni caso c'è un dato interessante. Proprio nello stesso arco di tempo (dopo il 2000), pur continuando la contrazione demografica numerica, attorno ad una soglia di piccola città (60 mila iscritti all'Anagrafe), la Città Antica ha rafforzato sensibilmente la propria popolazione in-stabile (stimabile in oltre 100.000 persone al giorno, senza i turisti) fatta di abitanti temporanei, saltuari, ricorrenti e di ospiti di lunga durata. Si è cioè mantenuta viva, ha flirtato con la Vita degli studenti universitari fuori sede (anche internazionali), dei giovani metropolitani che utilizzano i suoi servizi di tempo libero e ristoro, dei lavoratori pendolari, degli studenti medi, dei fruitori di servizi rari, di quella che definisce -in ogni parte del mondo- la popolazione dei cuori urbani.
Non vi è dubbio che questi abitanti transienti hanno aumentato quella che gli stranieri definiscono vibrazione (a vibrant city) o movimento (la movida), elementi che rischiano di generare conflitto ma che sono endemici delle grandi città: grandi per funzioni e non necessariamente per taglia. Nello stesso arco di anni questa città dei centomila, più 50 mila turisti (in media, inclusi gli escursionisti), con un rapporto 2:1 (mediamente sostenibile, secondo i parametri WTO), ha stabilizzato la propria perdita anagrafica grazie ad un positivo andamento della immigrazione: si iscrivono più nuovi veneziani di quanti se ne vanno, un quarto viene dallo stesso comune (sono ritorni.) e gli altri sono attratti, vengono ad abitare per motivi per lo più di lavoro, sono persone giovani, con figli o con la probabilità demografica di averne.
Verrebbe da dire che attrattività turistica, abitativa e pendolare si stiano combinando positivamente.
Ma essere ottimisti è quanto di meno adatto a filtrare con la Morte. Meglio i Funerali per la TV.
Tabella 1 - Popolazione residente a Venezia città antica e presenze turistiche.
Anni 1951-2007. Valori assoluti e standardizzati
ANNI | VALORI ASSOLUTI | VALORI STANDARDIZZATI |
Residenti | Presenze | Residenti | Presenze |
1951 | 174.808 | 1.128.699 | 2,172 | -1,326 |
1952 | 174.448 | 1.209.733 | 2,162 | -1,248 |
1953 | 172.195 | 1.259.477 | 2,094 | -1,199 |
1954 | 170.446 | 1.317.402 | 2,042 | -1,143 |
1955 | 167.069 | 1.420.749 | 1,941 | -1,043 |
1956 | 162.834 | 1.468.555 | 1,815 | -0,997 |
1957 | 158.466 | 1.539.111 | 1,684 | -0,928 |
1958 | 154.268 | 1.489.286 | 1,559 | -0,977 |
1959 | 150.242 | 1.503.674 | 1,438 | -0,963 |
1960 | 145.402 | 1.563.427 | 1,294 | -0,905 |
1961 | 137.150 | 1.575.724 | 1,047 | -0,893 |
1962 | 132.148 | 1.714.792 | 0,898 | -0,758 |
1963 | 129.468 | 1.731.440 | 0,818 | -0,742 |
1964 | 126.808 | 1.696.536 | 0,738 | -0,776 |
1965 | 123.733 | 1.720.660 | 0,646 | -0,752 |
1966 | 121.309 | 1.843.605 | 0,574 | -0,633 |
1967 | 118.889 | 1.677.371 | 0,502 | -0,794 |
1968 | 116.270 | 1.701.816 | 0,423 | -0,771 |
1969 | 113.587 | 1.836.467 | 0,343 | -0,640 |
1970 | 111.550 | 1.940.239 | 0,282 | -0,539 |
1971 | 108.426 | 1.901.208 | 0,189 | -0,577 |
1972 | 106.516 | 1.968.892 | 0,132 | -0,512 |
1973 | 106.806 | 1.857.713 | 0,141 | -0,619 |
1974 | 105.656 | 1.801.564 | 0,106 | -0,674 |
1975 | 104.106 | 1.859.826 | 0,060 | -0,617 |
1976 | 102.269 | 1.920.411 | 0,005 | -0,559 |
1977 | 100.608 | 2.076.229 | -0,045 | -0,408 |
1978 | 99.189 | 2.179.730 | -0,087 | -0,307 |
1979 | 97.280 | 2.294.975 | -0,144 | -0,196 |
1980 | 95.222 | 2.487.687 | -0,206 | -0,009 |
1981 | 93.598 | 2.574.363 | -0,254 | 0,075 |
1982 | 92.118 | 2.604.204 | -0,298 | 0,104 |
1983 | 90.414 | 2.655.181 | -0,349 | 0,154 |
1984 | 87.936 | 2.846.007 | -0,423 | 0,339 |
1985 | 86.072 | 2.768.655 | -0,479 | 0,264 |
1986 | 84.355 | 2.457.695 | -0,530 | -0,038 |
1987 | 82.703 | 2.324.636 | -0,580 | -0,167 |
1988 | 80.988 | 2.392.981 | -0,631 | -0,101 |
1989 | 79.487 | 2.662.670 | -0,676 | 0,161 |
1990 | 78.165 | 2.760.068 | -0,715 | 0,255 |
1991 | 76.644 | 2.508.595 | -0,761 | 0,012 |
1992 | 75.159 | 2.680.179 | -0,805 | 0,178 |
1993 | 73.149 | 2.872.298 | -0,865 | 0,364 |
1994 | 72.037 | 3.063.046 | -0,898 | 0,549 |
1995 | 71.053 | 3.234.870 | -0,928 | 0,716 |
1996 | 69.906 | 3.288.115 | -0,962 | 0,767 |
1997 | 68.600 | 3.325.556 | -1,001 | 0,804 |
1998 | 67.838 | 3.444.938 | -1,024 | 0,919 |
1999 | 66.945 | 3.459.323 | -1,050 | 0,933 |
2000 | 66.386 | 3.562.728 | -1,067 | 1,033 |
2001 | 65.695 | 3.728.713 | -1,088 | 1,194 |
2002 | 64.076 | 3.587.434 | -1,136 | 1,057 |
2003 | 63.947 | 3.829.285 | -1,140 | 1,292 |
2004 | 63.353 | 4.435.241 | -1,158 | 1,879 |
2005 | 62.296 | 4.925.182 | -1,189 | 2,354 |
2006 | 61.611 | 5.387.695 | -1,210 | 2,802 |
2007 | 60.755 | 5.875.370 | -1,235 | 3,275 |
Fonte: elaborazioni COSES su dati Comune di Venezia-Ufficio Statistica; APT Venezia, anni vari
Tabella 2 -Popolazione residente a Venezia città antica e presenze turistiche.
Anni 1951-2007. Variazioni percentuali annue
ANNI | DINAMICA |
Residenti | Presenze |
1951 | - | - |
1952 | -0,206 | 7,179 |
1953 | -1,292 | 4,112 |
1954 | -1,016 | 4,599 |
1955 | -1,981 | 7,845 |
1956 | -2,535 | 3,365 |
1957 | -2,682 | 4,804 |
1958 | -2,649 | -3,237 |
1959 | -2,610 | 0,966 |
1960 | -3,221 | 3,974 |
1961 | -5,675 | 0,787 |
1962 | -3,647 | 8,826 |
1963 | -2,028 | 0,971 |
1964 | -2,055 | -2,016 |
1965 | -2,425 | 1,422 |
1966 | -1,959 | 7,145 |
1967 | -1,995 | -9,017 |
1968 | -2,203 | 1,457 |
1969 | -2,308 | 7,912 |
1970 | -1,793 | 5,651 |
1971 | -2,801 | -2,012 |
1972 | -1,762 | 3,560 |
1973 | 0,272 | -5,647 |
1974 | -1,077 | -3,022 |
1975 | -1,467 | 3,234 |
1976 | -1,765 | 3,258 |
1977 | -1,624 | 8,114 |
1978 | -1,410 | 4,985 |
1979 | -1,925 | 5,287 |
1980 | -2,116 | 8,397 |
1981 | -1,705 | 3,484 |
1982 | -1,581 | 1,159 |
1983 | -1,850 | 1,957 |
1984 | -2,741 | 7,187 |
1985 | -2,120 | -2,718 |
1986 | -1,995 | -11,231 |
1987 | -1,958 | -5,414 |
1988 | -2,074 | 2,940 |
1989 | -1,853 | 11,270 |
1990 | -1,663 | 3,658 |
1991 | -1,946 | -9,111 |
1992 | -1,938 | 6,840 |
1993 | -2,674 | 7,168 |
1994 | -1,520 | 6,641 |
1995 | -1,366 | 5,610 |
1996 | -1,614 | 1,646 |
1997 | -1,868 | 1,139 |
1998 | -1,111 | 3,590 |
1999 | -1,316 | 0,418 |
2000 | -0,835 | 2,989 |
2001 | -1,041 | 4,659 |
2002 | -2,464 | -3,789 |
2003 | -0,201 | 6,742 |
2004 | -0,929 | 15,824 |
2005 | -1,668 | 11,047 |
2006 | -1,100 | 9,391 |
2007 | -1,389 | 9,052 |
Fonte: elaborazioni COSES su dati Comune di Venezia-Ufficio Statistica; APT Venezia, anni vari
Riferimenti Bibliografici
di Isabella Scaramuzzi, Doc. COSES n. 1125.0, novembre 2009