Tornare al valore del lavoro

di S. Bragato

I numeri della crisi danno una misura delle perdite subite in termini di crescita dalle nostre economie. Guardiamo allo sviluppo, in particolare delle economie asiatiche, confidando che è da lì che riprenderà la crescita. Gli economisti si chiedono di quanto debba aumentare però il Prodotto Interno Lordo per avere effetti di ripresa significativi sul mercato del lavoro. Un mercato che presentava squilibri già da tempo non tanto in termini di disoccupazione, almeno per alcune aree del Paese, quanto per le diseguaglianze sempre più marcate tra buoni e cattivi lavori, tra lavoratori garantiti e non garantiti, tra buona e mala occupazione.
Un mercato dove, a seguito di importanti riforme legislative, la flessibilità del lavoro si è tradotta spesso in precarietà lavorativa vuoi per un uso troppo frequentemente non rispettoso delle regole nei contratti flessibili, vuoi per la mancanza di attivazione dei sistemi di protezione che andrebbero a tutelare le uscite temporanee dal lavoro.
Si è creato così un mercato duale composto, da un lato dai lavoratori protetti, quelli che godono per lo più del contratto a tempo indeterminato, dal quale le probabilità di uscita involontaria sono basse e che, quando il mercato mostra le sue crepe, possono godere della protezione degli ammortizzatori sociali. Dall'altra parte ci sono i lavoratori impiegati con i contratti "atipici" che frequentemente sono esclusi dal mondo delle tutele o ne godono in misura ridotta.
Abbiamo vissuto e viviamo in una società che vede nel successo personale la realizzazione della propria vita a prescindere dal prezzo pagato in termini sociali. Una società improntata al profitto personale, alla difesa delle posizioni di rendita, alla non redistribuzione dei vantaggi economici, all'accentramento delle risorse in poche mani. E crescono nuovi segmenti di povertà nella nostra società e gli immigrati ne costituiscono una parte.
L'aumento dell'indice di Gini relativo alla distribuzione del reddito testimonia l'accrescersi delle diseguaglianze, delle ricchezze concentrate, frutto frequentemente di remunerazioni del lavoro lontane dal valore del lavoro.
La mobilità sociale, che ha rappresentato nei decenni passati una modalità per una redistribuzione nel tempo della ricchezza, sembra essersi arrestata. I figli occupano, spesso più facilmente dei genitori, posti di lavoro poco qualificati e scarsamente retribuiti.
Il lavoro continua tuttavia a rimanere un elemento centrale nella vita dell'uomo, non solo per il suo valore estrinseco legato alla remunerazione, ma anche per la sua valenza identitaria, di status e di riconoscimento. Esiste un legame imprescindibile tra il progetto di vita di una persona e il suo lavoro. Ed è per questo che la qualità del lavoro (tipologie, remunerazioni, contratti) è un elemento centrale nella nostra vita.
Ma quando il lavoro manca, come sta accadendo, il rischio di esclusione sociale aumenta, la mala occupazione si trasforma per molti in assenza di occupazione.
La crisi ha ingrigito ancor di più un quadro del mercato del lavoro che mostrava sbavature. È cresciuta la disoccupazione, sono aumentati gli inattivi per effetto della rinuncia, perché sfiduciati, della ricerca di occupazione. Anche nelle zone più ricche del Paese è aumentata la disoccupazione da domanda. Ci troviamo quindi di fronte a squilibri crescenti nel mercato del lavoro. Guardando ai margini, agli occupati in cattivi lavori si sono aggiunti i disoccupati. Accanto al disallineamento tra caratteristiche della domanda (sbilanciata verso le qualifiche basse) e quelle dell'offerta (con aspettative elevate derivanti da livelli medio-alti di istruzione) è ricomparsa, quindi, la componente della disoccupazione da carenza di lavoro che era presente soprattutto negli anni Ottanta.
Se è vero che le politiche formative possono intervenire soprattutto tramite l'apprendimento delle skill tecnico-specialistiche per adattare l'offerta alla domanda, sono le politiche di sviluppo che possono aiutare un Paese a crescere alzando i livelli e la qualità della domanda di lavoro. Politiche che dovrebbero considerare non solo verso quale sviluppo economico si vuole andare, ma anche quale direzione dare alla crescita sociale perché si ritorni alla centralità e dignità del lavoro e si riducano le diseguaglianze che possono condurre a costi sociali elevati nella marginalità e nell'esclusione.

Il testo riportato costituisce l'introduzione del terzo rapporto di documentazione dell'Osservatorio O.MER.O che offre, come i precedenti, un monitoraggio delle misure economiche riguardanti le imprese e il mondo del lavoro.
Nel 2009 il Prodotto interno lordo in provincia di Venezia è diminuito del 3,9%. L'analisi di alcuni indicatori segnano per la nostra provincia un impatto della crisi maggiore di quanto registrato in regione. In particolare, la crescita della disoccupazione veneziana (+62%) appare assai più elevata di quanto si è verificato in Veneto (+34%) (Capitolo 1).
Nel 2009 le assunzioni di lavoratori nel settore privato sono diminuite complessivamente del 17% con punte del 33% a Dolo e del 26% a Mirano. Dai primi dati relativi al 2010 e nel confronto con il primo trimestre del 2009 si registra invece un aumento delle assunzioni a termine, mentre quelle a tempo indeterminato mostrano un calo consistente (Capitolo 2).
Tra il 2008 e il 2009, secondo le fonti amministrative, il flusso dei lavoratori disoccupati che cercano lavoro è aumentato del 35%. Dolo e Mirano sono le aree più colpite dalla crisi. Le donne rappresentano il 50% dei flussi e gli stranieri il 26%. La classe di età con un peso maggiore (46%) è data dai 30-45enni. Va rilevato che lo stock dei lavoratori disponibili risultanti al 31.12.2009 si è formato per circa il 40% negli ultimi due anni (stima per difetto). Nei primi mesi del nuovo anno è diminuito il numero dei disoccupati in senso stretto (esclusi coloro che cercano lavoro per la prima volta) e sono aumentati i disponibili che hanno un lavoro temporaneo che consente di mantenere l'iscrizione alle liste (Capitolo 3).
La distruzione dei posti di lavoro nel settore privato è stata nel 2009 di circa 7.200 unità, di cui il 70% attribuibile all'industria. I più penalizzati dai saldi occupazionali negativi sono i lavoratori appartenenti alla fascia di età 46-64 anni. Al saldo negativo contribuisce la perdita di 1.000 lavoratori immigrati. Un calo vistoso ha interessato il tempo pieno, attutito dall'incremento dei saldi relativi al tempo parziale. Dal confronto tra il I trimestre 2010 e l'analogo periodo del 2009 si osserva un miglioramento dei saldi occupazionali che riguardano in particolare l'industria, le costruzioni e il commercio-turismo (Capitolo 4).
Seppure ci si trovi in una situazione di netta eccedenza dell'offerta di lavoro rispetto alla domanda emerge una richiesta di manodopera da parte delle imprese che si rivolgono ai Centri per l'impiego per soddisfare la loro ricerca. Le imprese cercano operai specializzati, figure artigianali, impiegati, professioni qualificate per il commercio e tecnici (Capitolo 5).
Nell'anno precedente, 142 aziende hanno concluso accordi per crisi aziendali, i lavoratori coinvolti dalle crisi sono stati circa 5.000 (mobilità collettiva e cassa integrazione straordinaria). Nei primi 3 mesi del 2010 le aziende con accordi di crisi sono 56 per un totale di 990 lavoratori. Entrando nel merito dell'insieme dei lavoratori licenziati, si registra che nel 2009 sono stati messi in mobilità collettiva (con indennità di mobilità) 945 lavoratori e 4.111 in mobilità individuale (senza indennità), quest'ultimi espulsi dalle piccole imprese. I settori da cui provengono i lavoratori sono tessile-abbigliamento, meccanica, costruzioni, commercio e alberghi-ristoranti. Nei primi 5 mesi dell'anno in corso complessivamente sono stati licenziati 970 lavoratori (Capitolo 6).
Le ore autorizzate in cassa integrazione, che come è noto non corrispondono a quelle effettivamente utilizzate (60% circa nel 2009 in Italia), sono state concesse, nel precedente anno, per un ammontare tale da corrispondere a circa 4.600 lavoratori occupati per un anno a tempo pieno; un incremento del 237% rispetto al 2008. Il 55% del totale è da attribuire alla cassa straordinaria nella quale è confluita la cassa in deroga concessa per lo più all'artigianato. Nonostante ciò l'incremento più sostenuto ha riguardato la cassa ordinaria (+366%), mentre la componente straordinaria ha avuto un aumento del 175% (Capitolo 7).
Escludendo le procedure di crisi trattate a livello regionale e nazionale e concentrandoci su quelle concluse in accordi raggiunti a livello provinciale, risulta che nel 2009 le aziende dell'area industriale di Marghera che hanno chiuso procedure di crisi sono 14, mentre i lavoratori coinvolti sono stati 586. Nel primo trimestre del 2010 le aziende risultano 5 e i lavoratori 202 (Capitolo 8).
Al di là della difficile congiuntura, alcuni elementi strutturali influiscono e influiranno sugli equilibri nel mercato del lavoro. Uno di questi è dato dall'evoluzione demografica. Un Paese sempre più di vecchi, in cui l'ingresso degli immigrati non arresta il processo di invecchiamento, farebbe dire ai più cinici e ignari del ruolo della popolazione nei processi di sviluppo che per tale via si possono risolvere alcune tensioni nel mercato del lavoro. L'evoluzione demografica influisce, inoltre, anche sulle trasformazioni della domanda di lavoro, ne è un esempio il bacino della domanda per i servizi di cura (Capitolo 9).
Una tenuta dei settori commercio e turismo e solo in parte dei servizi emerge anche dai dati dell'indagine Excelsior. La fonte viene utilizzata in questo rapporto, inoltre, per analizzare il fenomeno della terziarizzazione del mondo produttivo, enucleando prima ed esaminando poi, le professioni terziarie. Esse pesano sulle previsioni di assunzioni espresse dalle aziende nel 2009 per il 73%. Le professioni terziarie mostrano, rispetto alle altre, minori difficoltà di reperimento (26% contro 33%) (Capitolo 10).
Tutte le misure fin qui presentate si riferiscono al lavoro osservabile, che è contabilizzato negli archivi o che è desumibile da confronti tra indagini e fonti amministrative. Si tratta del lavoro regolare. Ma accanto ad esso c'è il lavoro non osservabile, il lavoro sommerso, che non è in regola con le norme fiscali e contributive. Di questo l'ISTAT fornisce una stima nell'ambito della contabilità nazionale e ci fa vedere che negli anni, soprattutto dopo la regolarizzazione dei lavoratori immigrati del 2002 e a seguito di alcune modifiche legislative intervenute dal 2006, il lavoro irregolare dipendente è diminuito, mentre quello autonomo continua la sua crescita dall'inizio del nuovo millennio (Capitolo 11).

di S. Bragato, luglio 2010


Alla redazione dei vari capitoli hanno partecipato: Stefania Bragato (coordinatrice del progetto e curatrice dei documenti di ricerca O.MER.O.), Luca Ciresola, Pierpaolo Favaretto, Cristiana Pedenzini, Ilaria Rosa e Giovanni Santoro.
Il rapporto, come le altre ricerche prodotte dal gruppo di lavoro COSES, sono disponibili nel Portale Lavoro della Provincia di Venezia nella sezione Osservatorio Mercato del Lavoro.

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