Memorie industriali,
tra terra e mare

Cosa indaghiamo

Sabato 18 febbraio 2006 è stata inaugurata, al Laurentianum di Piazza Ferretto, Mestre, l'esposizione Patrimonio Industriale tra terra e mare, per una rete Europea di Ecomusei.
Si tratta dei pannelli predisposti, all'interno del Progetto Culture 2000 che porta lo stesso titolo, per divulgare l'iniziativa nelle città della Rete: Viana do Castelo (Portogallo), Terrassa (Catalunya), Le Creusot e Rade de Hyéres (Francia) Iglesias (Sardegna), Venezia (Provincia), Tessalonica (Grecia), Sulina (Romania), Turku (Finlandia).
Pannelli e Catalogo, raccontano brevemente i patrimoni industriali, collocati in area costiera, che si intendono salvaguardare attraverso "dispositivi museali", che ne rendano fruibili "gli oggetti", facendo delle località selezionate "luoghi di memoria concreta" (secondo le parole di Louis Bergeron, nell'Introduzione al Catalogo, curato da Francesco Calzolaio).
La Provincia di Venezia è coorganizzatore del Progetto, insieme alla Università di Turku e ai Ministeri della Cultura di Romania e di Grecia. Il capofila è Maltae (Francia) un polo di economia del Patrimonio PEP, che ha sede nel Dipartimento del Var (porto di Hyéres).
Il Progetto ha il patrocinio del TICCIH l'organizzazione internazionale per la salvaguardia del patrimonio industriale.
Il sito internet del Progetto è www.amers.info.


Le stanze della memoria, in Laguna

Le stanze (possibili) dell'ecomuseo intessono, nel caso veneziano, una rete che copre l'intera Laguna (elaborazione Calzolaio, p.118 del Catalogo).
I luoghi della memoria concreta sarebbero 15:

  1. S. Donà Museo della Bonifica
  2. Campagna Lupia Museo del territorio e delle valli della Laguna
  3. Murano Museo del Vetro
  4. Chioggia Museo Civico della Laguna Sud
  5. Burano Museo del Merletto
  6. Venezia Museo Civico di Storia Naturale
  7. Venezia Museo Storico Navale
  8. Torcello Museo
  9. Meolo Centro di documentazione storico etnografica Pavanello
  10. Noventa di Piave Centro Didattico Pendolino
  11. Lazzaretto Nuovo (isola)
  12. Altino Museo Archeologico Nazionale
  13. Marghera Museo dell'Industria (ipotesi)
  14. Venezia Museo della Gondola (in costruzione)
  15. Mira Ecomuseo ad Mira Brenta

È evidente che alcuni di questi luoghi sono a pieno titolo Musei, alcuni inseriti negli elenchi ministeriali dei cosiddetti Istituti d'arte (es. Torcello, Altino, Storico Navale, Naturale) altri, purtroppo, meno riconosciuti e visitati (es. Bonifica, Laguna Sud), altri decisamente in nuce (es. Ecomuseo di Mira). Ci sono poi luoghi "non museali" (es. Pendolino) e ipotesi come Marghera.


Buone pratiche catalane

Venerdì 17, la Provincia ha organizzato un incontro tra i titolari delle "stanze dell'ecomuseo" per un confronto di opinioni e per condividere l'esperienza, assai concreta ed avanzata, del Museu de la Ciencia i de la Tecnica de Catalunya il nNACTEC, raccontata dal suo Direttore, il Prof. Eusebi Casanelles, il quale è anche l'attuale Presidente del TICCIH.
Casanelles ha illustrato i 20 nodi della rete catalana, ex fabbriche di lana, di cotone, miniere, stazioni ferroviarie, cartiere, mulini, tintorie, distillerie, idrovore, fucine, cementifici, città modello operaie, molte delle quali sono "unite" dal corso del fiume Llobregat, che sfocia a sud di Barcelona. Si tratta di una delle regioni industriali più rilevanti della Spagna, una delle storiche concentrazioni del tessile agli albori della rivoluzione industriale (analoga al Biellese), ricchissima, pertanto, di patrimonio documentale "da salvaguardare".
Il mNACTEC catalano compie, nel 2006, 20 anni di attività: è stato "voluto" dalla Generalitat de Catalunya (più o meno il corrispettivo della nostra Regione) ed ha avuto uno sviluppo incrementale: si è partiti con alcuni nodi principali di rete e si è andati via via arricchendo l'offerta, con un disegno e una gestione unitari. Anche il Governo di Madrid ha contribuito con finanziamenti destinati ai "percorsi industriali".
I punti salienti della buona pratica di Catalunya, sono:

  1. molti "oggetti" superati dalla tecnologia, senza museo, si perdono per sempre
  2. nelle regioni come la Catalunya esiste una forte tecnodiversità, che, al pari della biodiversità, va salvaguardata per memoria. Anche se esiste un cluster molto specializzato (tessile) è l'insieme delle tecnologie che deve essere documentato
  3. il sistema ha inteso superare il concetto di Museo della Tecnica (stile Monaco) per mettere insieme evoluzione delle tecniche, della società e dell'ambiente
  4. lo scopo è quello di conservare gli oggetti ed educare la popolazione attraverso la memoria
  5. il promotore pubblico deve vertebrare l'insieme dei luoghi della memoria concreta, offrire al pubblico un sistema unico e immediatamente riconoscibile
  6. la rete consente di tenere insieme relazioni asimmetriche, una diversità di oggetti e di servizi, di potenziali evolutivi e creativi che ciascun punto della rete sviluppa liberamente. I 20 musei del mNACTEC sono un caos dirigido un'insieme disparato gestito e offerto come unità
  7. primo target del mNACTEC è la popolazione catalana, i residenti. 7 milioni di utenti potenziali non sono sufficienti per avere 3 o 4 musei della carta, per "percepire" mille piccoli siti: occorre avere una massa critica attrattiva e dare un messaggio unico
  8. mNACTEC è una rete di musei unici (non ci sono duplicati: es. tanti siti etnografici, tanti musei dell'industria)
  9. Barcellona è meno mitica di Venezia ma è pur sempre un faro che rischia di mettere in ombra le "attrattive" della regione circostante: uno degli obiettivi è diffondere i benefici delle visite turistiche fuori dalla capitale
  10. per avere un pubblico "proprio" occorre proporsi con distinzione e chiarezza
  11. Alla Fiera del Turismo di Madrid il turismo industriale è stato presentato distintamente dal turismo culturale
  12. Il pubblico dell'arte resta sempre, in qualche misura, un pubblico d'elite. Il fruitore di un musei della tecnica e della storia industriale è più popolare, più numeroso e diffuso, più famigliare e intergenerazionale. Vedere "come le cose funzionano" o come si "producevano" è diverso dal "gustare l'arte"
  13. Nei luoghi della memoria occorrono dei punti di interpretazione, che accolgano il visitatore e lo "introducano" alla lettura del luogo e della storia
  14. Tenere in vita i "paesaggi culturali", salvarli, deve essere utile alla produzione di economia culturale per il futuro. I musei devono funzionare come laboratori di cultura sul territorio circostante
  15. I manufatti recuperati, che hanno valore in sé come documenti architettonici e tecnologici, devono avere anche valore per sé per esempio alloggiando produzioni artigianali attuali (non solo "riproduzioni" turistiche)
  16. Il coinvolgimento delle comunità locali alla "vitalità" dei luoghi di memoria è essenziale, può avvenire in varie modalità lasciate alla creatività locale, caso per caso.


La stanza di Marghera

L'intenzione di dar vita, a Marghera, ad un luogo della memoria concreta è stata esplicitata dalla Provincia in più sedi: l'occasione del Progetto europeo Culture 2000 è una di queste. Includere Marghera tra le possibili stanze dell'ecomuseo della Laguna apre una possibilità in più, non solo per scambiare idee e "imparare" dalle buone pratiche europee, ma anche per esplorare i futuri assi di finanziamento Comunitari, in grado di far maturare questa intenzione verso la "concretezza".
L'Assessorato alle attività Produttive della Provincia si è fatto parte diligente nel promuovere l'incontro tra quanti, pubblici e privati, siano proprietari di alcuni degli "oggetti della memoria" che rischiano di andare perduti per sempre.
Negli ultimi 20 anni qualcosa è stato effettivamente perduto, ma qualcosa è stato anche salvaguardato, a Marghera, senza ricorrere ai dispositivi museali: si tratta, per esempio, di tutti gli edifici "salvati" non in sé ma per sé e destinati ai più vari riusi, tra cui quello neoindustriale. Una forma di tutela della tecnodiversità da non sottovalutare. Molti dei "progetti" per Marghera, non sono affatto di tipo museale e, benché si sottolinei spesso che il "caos" creativo non abbia un regista che lo "dirige", la stanza ecomuseale non può che tener conto di questa tecnodiversità tutt'altro che esaurita.
Questo "caos creativo" è verosimilmente la ragione sostanziale per cui l'intenzione per la stanza ecomuseale fatica a tradursi in azioni concrete. C'è chi pensa ma perché mai dovremmo fare un museo a Marghera che è ancora diffusamente viva?! Non si può biasimare questa visione del museo come "luogo di oggetti morti", soprattutto quando si è inquinati dalla struggente dicotomia veneziana tra città museo e città.
Forse è ora che i dispositivi museali vengano utilizzati per generare città, come avviene diffusamente in tutta Europa e in alcuni casi eccellenti, come la Catalunya, con vistoso successo.
Il caos genera idee, occorre dirigerle verso il concreto. Le buone idee hanno in sé un vantaggio straordinario: resistono, finché trovano una buona pratica.


Isabella Scaramuzzi, 19/02/2006


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