I permessi rilasciati per lavoro sono stati 7.952 e quelli per ricerca lavoro (iscrizione al collocamento) 919. Quindi a fronte di 100 domande di regolarizzazione presentate, sono stati regolarizzati 93 soggetti dei quali circa 10 già al momento della regolarizzazione non avevano più un lavoro (il dato è calcolato sulle istanze valide risultanti dall'archivio della Prefettura dopo i lavori di pulizia dei dati, 9.498).
Il 48% dei permessi rilasciati per lavoro riguardano lavoratori in azienda, il 28% gli assistenti familiari e il 24% i domestici.
Tra i lavoratori che al momento della convocazione per la regolarizzazione non godevano più delle condizioni per poter disporre di un permesso per lavoro risalta il dato relativo ai lavoratori in azienda (48% del totale dei permessi per ricerca di lavoro). Il 36% del totale riguarda invece gli assistenti familiari, esito più atteso del precedente in quanto in molti casi la stessa morte dell'assistito creava di fatto la mancanza della condizione (rapporto di lavoro in essere) per il rilascio del permesso per lavoro. Minoritaria è la quota tra i permessi per ricerca lavoro dei domestici (16%).
Al di là degli episodi di truffa operati da datori di lavoro riportati sulla stampa durante il periodo delle operazioni di regolarizzazione (che - come è noto - hanno frequentemente dato luogo, al fine di tutelare gli immigrati truffati, a rilasci di permesso per ricerca lavoro) questi dati ragionevolmente dimostrano come, tra le caratteristiche della domanda di lavoro rivolta agli immigrati, siano presenti in modo non trascurabile le durate brevi dell'occupazione. Ciò rappresenta un elemento di riflessione nell'ambito della politica dei flussi e in quello della nuova legge sull'immigrazione che lega il permesso al contratto di lavoro. Il rischio che si corre è la continua richiesta di rinnovi con l'ovvia conseguenza di un sovraccarico del lavoro delle Questure o la ripresa dell'immigrazione irregolare e del lavoro nero.
Il 55% dei permessi rilasciati per lavoro riguarda tre nazionalità: Ucraina, Moldavia e Romania; l'età media dei lavoratori è di 36 anni, ma diventa di 43 per le provenienze dalla Ucraina, 37 per Moldavia e 32 per Romania. I lavoratori più giovani regolarizzati sono i bengalesi (26 anni), i più anziani i croati (47).
E' inoltre evidente lo slittamento verso età più elevate, passando dai lavoratori di azienda ai domestici e agli assistenti familiari.
Gli assistenti familiari rappresentano la categoria in cui la maggior concentrazione (per lo più riguardante provenienze dall'Ucraina e dalla Moldavia) è nella fascia di età 40-49 anni, mentre la maggior parte dei lavoratori di azienda ha meno di 29 anni (in prevalenza rumeni, albanesi, moldavi e cinesi). Tra questi due poli di età si trovano i lavoratori domestici (in prevalenza ucraini e moldavi).
Il 15% di coloro che hanno un permesso per lavoro sono stati assunti da datori di lavoro stranieri. Su 100 lavoratori totali (lavoratori in azienda + assistenti familiari + domestici) impiegati da datori stranieri, 23 hanno datore di lavoro cinese, 16 macedone, 12 albanese, 9 jugoslavo e il resto si distribuisce con peso nettamente inferiore tra varie nazionalità.
I lavoratori assunti in azienda da datori di lavoro stranieri sono 969 (il 26% del totale 3.793) di cui il 25% riguarda imprenditori cinesi, il 19% è impiegato da datori di lavoro macedoni, il 14% da albanesi e il 10% da jugoslavi. Il resto si distribuisce su varie nazionalità di assai minore importanza.
Tra i datori di lavoro stranieri che hanno regolarizzato assistenti familiari risalta il dato degli assunti da croati: 44% del totale (32 su 73 assistenti familiari).
Più consistente è il contingente degli immigrati domestici che si è regolarizzato presso le famiglie straniere. 158 sono i domestici impiegati da famiglie immigrate (8% del totale dei domestici regolarizzati), di essi il 17% sono stati assunti da famiglie cinesi, l'11% da nuclei senegalesi, il 6% da bengalesi e pari percentuale troviamo in corrispondenza delle famiglie croate, albanesi, e rumene. Percentuali che sottolineano un dato importante osservato in questa regolarizzazione: l'assunzione da parte dei datori di lavoro stranieri è stato spesso un mezzo per regolarizzare immigrati (connazionali) che altrimenti, con il sistema restrittivo delle quote e con i ben noti problemi legati all'ottenimento del ricongiungimento familiare, avrebbero avuto difficoltà ad entrare in Italia in modo regolare.
Tra i settori economici in cui i lavoratori di azienda hanno trovato impiego ne emergono tre che complessivamente assorbono il 62% del totale. Si tratta dell'edilizia (38%), del metalmeccanico (11%) e dei pubblici esercizi (12%).
In questi settori sono stati regolarizzati, in prevalenza:
Da un'analisi territoriale emerge che il livello di autocontenimento dei mercati locali (quota della domanda soddisfatta dall'offerta di lavoro domiciliata nello stesso bacino territoriale individuato dall'area di pertinenza del Centro per l'impiego) è elevato.
Il bacino territoriale più "chiuso" risulta il Centro di Portogruaro (92%) seguito da, Chioggia (91%); i più "aperti" sono quelli di Dolo (80%) e di Mirano (79%) che registrano però consistenti flussi di scambio tra loro. Il bacino di Venezia presenta un valore di autocontenimento dell'87%, quello di San Donà del 90%.
Infine, uno dei risultati restituiti dall'analisi dei dati sugli esiti della regolarizzazione riguarda i cittadini extracomunitari che dal 1° maggio sono cittadini europei.
I regolarizzati provenienti dai 10 Paesi sono solo 396 (di cui 310 polacchi) pari a circa il 4% del totale; analoghe percentuali si registrano a livello regionale e nazionale. Pertanto, risulta infondata - come peraltro emerge anche da altri indicatori e ricerche europee - la paura dell'invasione a seguito dell'apertura delle frontiere che come è noto ha portato i Paesi europei a stabilire limiti al flusso di arrivo di lavoratori provenienti dai "nuovi entrati" nell'Unione.