L'esercito di terracotta

Shanghai EXPO 2010 - Missione turismo

Riflessioni e suggestioni di I. Scaramuzzi

IL PRESENTE NON PUÒ CHE BASARSI SUL PASSATO

Nel logo che Venezia ha scelto per il proprio stand a Shanghai si fronteggiano un leone alato e un drago cinese: tra di loro gli ideogrammi che traducono questo motto locale, il presente non può che basarsi sul passato. Un motto che ben si addice sia alla Cina1 che a Venezia.
In questo Documento, si riferisce dell'esperienza che la Missione Turismo ha avuto nelle tre capitali cinesi della East Coast - Beijing, Shanghai e Guangzhong - all'interno del Programma che Comitato Expo Venezia-Shanghai promuove, da maggio ad ottobre 2010, in occasione dell'Expo su cinque temi economici ritenuti strategici (Turismo, logistica e portualità, rinnovo metropolitano, distretti industriali, ambiente e sviluppo). Si tratta di annotazioni, riflessioni e suggestioni a caldo, certamente suscettibili di integrazioni, correzioni, revisioni meditate ed eventualmente di articolazione in capitoli diversi, per stralci o per specifici utilizzi, di approfondimenti anche con il contributi di altri autori.
Lo spirito della missione è stato volutamente quello della collaborazione trasversale, tra soggetti e punti di vista compositi: istituzionali, pubblici, privati, associativi e singoli, di diverse età e genere. Tale spirito deve essere conservato e replicato ed un Dossier plurale potrebbe diventare una prima concreta azione con questo stile collaborativo, indispensabile al turismo e alla Città. Potrebbe diventare immediatamente utile per divulgare conoscenza, sia sulla Cina che sulle missioni promosse da Comitato Expo, oggetto di attenzione decisamente inferiore al loro merito e al loro potenziale.
Il COSES ha sviluppato nel corso del 2009 alcuni Dossier per il Comitato Expo riferibili, proprio, ad alcune delle Missioni Economiche soprarichiamate, tra cui segnatamente quella sul Turismo (a cura di Santoro e Di Monte), quella su Portualità e Logistica (a cura di Favaretto). In specifico sul Turismo, COSES nel 2010 si è impegnato nella progettazione di un Forum sul turismo sostenibile nelle Città e nelle regioni Italiane (da tenersi nel Pavillon Italia e insieme ad ENIT), per il quale si è proposta una comunicazione in versione inglese (doc.1158.1) di circa 40 minuti, come presentazione del caso Venezia e in specifico del modello di sostenibilità che ha dato vita alla piattaforma Venice Connected.
L'attenzione del COSES alla Cina, sotto diversi profili, è iniziata sette anni addietro: nel 2003 il Sito del COSES dedicò alcuni approfondimenti sull'evoluzione della Cina sia sotto il profilo urbanistico che turistico e sulla immigrazione e imprenditoria cinese in Italia. In quegli anni, infatti, la Provincia commissionò al suo Consorzio uno studio, presentato dal prof. Rullani e dalla dr.ssa Bragato in un Convegno del 2006 (cfr. Bibliografia).
Nel 2004 grazie ad un viaggio promosso da APT e da Acrib è stato possibile aprire una piccola porta su Beijing e sui (primi) tentativi istituzionali di conoscere il potenziale outbound della Cina. Nel 2006 in sede di Seminario nazionale ICE sul turismo dei cinesi in Italia, COSES ha presentato un paper (doc. 732) sul turismo legato al made in Italy e alla cultura del vivere italiano. Ci accorgiamo oggi di aver svolto il nostro compito di ricercatori, che devono vedere e far vedere in anticipo cosa potrebbe accadere e cosa si potrebbe fare. Abbiamo letto 10.000 libri e camminate 10.000 miglia, come recita un altro proverbio cinese: speriamo di essere arrivati per tempo.

L'autrice di questo Documento ne assume ogni responsabilità, interpretativa e documentale, inclusi gli errori.
Sarà grata a tutti i lettori che, con pazienza, vorranno segnalare questi ultimi e, comunque, indicare cattive comprensioni,
interpretazioni e pareri diversi, aggiunte o temi da approfondire.
Il ricercatore è certo di non sapere tutto, altrimenti il suo lavoro non esisterebbe.


LA GRANDE MURAGLIA

Nel 2006 a Firenze, ICE organizzò un Seminario di Studio nazionale sul turismo cinese in Italia (per l'intervento COSES si rimanda al sito www.esteri.it) . Eravamo nella fase iniziale di quella che pareva dovesse diventare una quasi invasione, da parte delle fasce più ricche dell'enorme bacino di consumatori cinesi. Le domande su cui riflettere erano, in sintesi, due: se l'Italia fosse pronta a ricevere tale onda e se conoscessimo abbastanza il profilo del nostro nuovo ospite potenziale. Le risposte furono, in sostanza, due no.
Quattro anni dopo, un periodo corto ma non con i ritmi a cui si sviluppa la Cina, mi sembra che le cose siano poco cambiate.

In primo luogo resiste la grande muraglia dei visti governativi2 , concessi secondo la convenzione di Schengen, per turisti o viaggiatori d'affari che vogliano uscire dalla Cina e venire in Europa. Sono un numero risibile, 130.000 per l'Italia, (di cui 60.000 da Beijin e gli altri da due città come Shanghai e Guangzhou), 140.000 per la Germania, e così via. La Svizzera, recentemente inserita nello spazio Schengen, sta sviluppando una promozione aggressiva che le consente una crescita percentuale vistosa e fa parlare molto di una destinazione come Lucerna, che non è così famosa nemmeno in Italia.
Come sostiene il responsabile ENIT di Pechino bisogna avere molta pazienza, con la Cina. La muraglia è lunga, ma il percorso segnato: prima o poi il mercato outbound cinese si sveglierà pienamente, la 'piccole impresa' che produce i visti diventerà una grande industria se ci potranno essere ADS per tutti i Paesi ricettori.
La grande muraglia del visto è costruita dal combinato disposto di un Paese d'Origine, la Cina capitalista, che mantiene uno straordinario sistema di regolazione dei movimenti del proprio popolo, radicalmente statalista e di una cautela altrettanto straordinaria da parte dei Paesi Europei di Destinazione, rispetto alla immigrazione e, forse, anche rispetto al libero dispiegarsi di un business che continuiamo a ritenere invasivo. Nessuna politica turistica di incoming, nei confronti dei diversi segmenti oggi capaci di affrontare il viaggio in Italia, può avere un senso economico se permane intatta questa muraglia.
Penso che, dal 2006, molto si sarebbe potuto fare per la questione visti, che già era illuminata come quella principale per mettere a profitto il nascente mercato cinese. Certamente qualcosa è avvenuto e la nostra Missione ha incontrato tour operator cinesi (come CITIC Travel Co. Ltd di Beijing o Spring International di Shanghai), che lungo questa muraglia tracciano il cammino. Ma si tratta di noccioline rispetto al potenziale che già oggi potrebbe essere catturato: basta sfogliare le riviste cinesi dove si promuove un lusso senza freni (in larga parte legato ai brand Italiani come Ferrari, Lamborghini, Gucci…) o girare in un centro commerciale per cinesi, dove non si vendono le griffe clonate di cui vanno ghiotti gli Europei, ma marche per la Cina3, di ottimo livello e fattura, talvolta di importazione, sicuramente occidentalizzate quanto a design, stile di vita e prezzi, improbabili per l'impiegato e l'operaio della nuova Cina (che prendono, quando va molto bene, attorno ai 100 euro al mese nelle grandi città), ma evidentemente qualcuno le compra. Ci hanno parlato di 28 milioni di ricchi, ma sul web girano cifre attorno agli 80: comunque tanti (il decile più abbiente detiene il 45% delle ricchezze e dei beni).
Bisogna guardare con attenzione dentro le Statistiche Cinesi (questo documento è solo un resoconto di viaggio, non uno studio!), per capire quanto grande è il decile più ricco della popolazione: questi numeri confrontanti con quelli dei visti per l'Europa confermano che qualcosa non funziona (ancora). Per esempio che molti ricchi stanno scoprendo le destinazioni asiatiche, statunitensi, australiane, e perché no cinesi, come i nascenti resort di lusso, seaside e spa.
Il reddito soglia che discrimina chi può ottenere un visto dagli altri è molto elevato, a garanzia che non si tratti di 'emigrazione occulta': la cifra (recentemente abbassata) rappresenta diverse volte il reddito medio delle grandi capitali sulla East Coast, che a sua volta rappresenta diverse volte quello delle campagne e dei contadini in particolare (sono tutti dati ascoltati e che preferiamo verificare con cura prima di trascrivere). Secondo alcuni siti web sulla China, lo stipendio medio mensile è di 200 euro al mese nelle grandi capitali, per un operaio specializzato; un impiegato dirigente può arrivare fino a 528 euro per mese4.
Il costo medio del tour in Europa (incluso il volo) è tra i 12.000 e i 20.000 RMB (tra i 1.250 e i 2.050 euro), anche perché i cinesi difficilmente si adattano ad hotel inferiori a 4 stelle, troppo lontani dal CBD e fuori dalle downtown; il 70% accetta comunque indicazioni diverse da parte delle agenzie e solo il 10% dell'outbound sceglie (oggi) le destinazioni in Internet.
Interessante notazione di Enit riguarda il risparmio sull'hotel per poter destinare parte del budget allo shopping: la questione dei department store e delle griffe è ormai stata ampiamente trattata da chiunque osservi l'ospite cinese. Fino a farne uno stereotipo e quasi una macchietta.


VOLARE

Una delle canzoni italiane più popolari in Cina, ci dicono, sia Volare. Questo trait-de-union culturale non sembra altrettanto esplicito nei voli materiali, quelli operati dai vettori aerei: per parlare solo del caso Marco Polo (che sarebbe un fausto nome per operare con la Cina) il diretto Venezia-Shanghai non è partito neppure in occasione dell'EXPO, un evento che sappiamo mettere in moto infrastrutture ed iniziative onerose sotto il profilo finanziario e progettuale, rendendo possibili start-up che poi dovranno mostrare nel tempo la propria sostenibilità.
Si dice che una Compagnia cinese la Eastern China sia interessata ad operare su questa tratta e le delegazioni all'EXPO devono servire anche a questi contatti e ai loro esiti positivi. Potrebbero essere voli saturati dal solo business italiano verso la Cina o da nostri viaggi outbound, ma logicamente possiamo pensare almeno ad un mezzo-e-mezzo e si fa presto, in base agli aeromobili dedicati e ai voli operati, a calcolare quanto incremento si dovrebbe/potrebbe ottenere rispetto ai modestissimi numeri attuali. A quel punto, vinta una parte della competizione Schengen (il maggior numero delle notti dovrebbe essere in Italia) saremo in grado di trattenere a Venezia e in Veneto, la maggior parte del soggiorno? Su una permanenza media che non supera gli 8-10 giorni, con un itinerario fast-Europe che non escluda Parigi, Roma, Firenze (e magari Milano per la moda o Napoli con Capodimonte, o Pisa con la sua Torre…) avremo davvero conseguito un vantaggio competitivo strategico?
Molto diversa sarebbe una promozione per repeaters, cinesi che hanno già superato il tour di iniziazione europeo e decidono di tornare in Veneto e a Venezia: un altro tratto sulla lunga muraglia che si può compiere, avendo pazienza e idee mirate allo scopo e al target.
Certo è che, a distanza di soli 4 anni dal mio precedente viaggio a Beijing, il loro l'aeroporto sfavilla: una architettura di sir. Norman Foster e Partners, bellissima, degna dei maggiori hub globali. Lascito, ovviamente, delle Olimpiadi del 2008 insieme a 12 linee di metropolitana, perfettamente efficienti, con le quali siamo in grado di muoverci facilmente in una metropoli da 17 milioni di residenti (in realtà i 17 milioni sono abitanti della provincia di Beijing).
A volte, tra tante politiche di welcoming per il turista, si mettono in secondo piano le infrastrutture pesanti, quelle metropolitane che normalmente utilizzano i cittadini: al contrario il sistema di trasporto di Beijing, una rete sotterranea la cui corsa semplice costa 2 RMB (cioè meno di 23 centesimi di euro) e un plancton di taxi che coprono la viabilità di superficie, con un costo medio per corsa di 30 RMB (poco più di 3 euro), sono uno dei migliori biglietti da visita qualunque sia la vostra motivazione ad essere qui.
Altrettanto lussuosi gli aeroporti di Shanghai e di Guangzhou. Ma del volto architettonico della Cina, e dei nuovi monumenti globali, va sicuramente scritto a parte. Sono quel volto occidentalizzato, in tempi e con dimensioni sfacciate, con effetti laceranti rispetto alle agglomerazioni preesistenti che la Cina vuole ad ogni costo esibire: senza darci veramente a sapere se siano tutti pieni (non soffrano di sottoutilizzo come era capitato nel dock renewal di Londra), se genereranno un effetto città o almeno city, o se rischiano di rimanere episodi fantasmatici (qualcosa che aleggia sul villaggio olimpico e sul Nido di Herzog e de Meuron, solo 2 anni dopo), rappresentativi ma non metabolizzati, manifesti della nuova Cina troppo grandi e, alla fine, con un messaggio ingannevole.
Naturalmente gli hub globali favoriscono le Destinazioni che li gestiscono, dove le compagnie operano voli diretti, o dove gli altri Paesi devono fare scali obbligati. Molti, dall'Italia volano Emirates e quindi arrivano a Shanghai da Dubai. Questa semplice questione aerea ci aiuta anche a vedere che l'outbound cinese ha già disegnato abbastanza chiaramente il proprio atlante e che in quelle pagine l'Europa, tutta insieme, conta ancora poco: il vecchio caro continente che si era abituato a dominare il mondo dei viaggi, come generatore e come ricettore, deve finalmente abituarsi ai posti fuori podio.
Infatti, se guardiamo le statistiche outbound (presentate appositamente alla nostra missione dalla professoressa del WTO) dobbiamo sottolineare che di cinesi fuori confine ne vanno parecchi (pur essendo ancora pochi sul totale di 1.3 miliardi), ma la loro stragrande maggioranza fa spostamenti di vicinato, quasi-domestici: verso Hong-Kong e Macao si sposta oltre il 65% di loro, sono spesso viaggi transfrontalieri magari di poche ore, per lavoro, affari, studio F&R, shopping, cura. Vecchio difetto delle statistiche sul turismo che conferiscono alle zone frontaliere primati ambigui, per ragioni composite: è il caso del Friuli con la Slovenija, della Languedoc con la Costa Brava, della Danimarca con la Svezia (ponte di Malmo), di Tallin con la Finlandia. Depurato da questa ambivalenza, il dato resta comunque molto significativo se si guarda ad altre destinazioni, come l'Australia -un paese vicino anche per tradizione delle relazioni (molti prodotti venduti nelle metropoli cinesi sono australiani come il vino, il pesce)- come il Giappone vicino nemico-amico, il resto dell'Asia (Laos, Vietnam, Birmania). E poi esiste il turismo domestico, in un continente come la Cina le cui 22 province (+ 5 regioni autonome + 4 municipalità) presentano tutto ciò che un viaggiatore absolute beginner (qualche centinaio di milioni di persone che non si sono mai mossi dai villaggi) può desiderare, per le vacanze di tutta una vita (in sintonia con la parte del proprio reddito che riuscirà a destinare al viaggio leisure).
In questo caso una terza muraglia chiuderà a lungo la Cina dall'outbound, per milioni di consumatori, ed è forse inutile inserirsi in questa competizione tra viaggi domestici e viaggi di prossimità (vicinato regionale), che presentano vantaggi difficilmente superabili. Restiamo sul long haul come suggerisce ENIT, sapendo che, anche in questo caso, ci sono evocazioni radicate, come quella verso gli USA, che sull'onda consistente degli scambi finanziari e commerciali hanno ogni facilitazione per imporsi. Di fronte al gigante che si è svegliato, noi restiamo proprio abitanti di Lilliput. E dobbiamo mettere in campo altre armi, che non siano soltanto numeri.
Non inutile, al contrario, pensare a degli investimenti per i cinesi in Cina, cammino che tutte le grandi catene di hotellerie globale hanno fortemente intrapreso se è vero che Marriott sta per aprire altri 90 hotel in Cina (China Daily, may 2010) . Poiché ci dicono che una delle caratteristiche principali del cinese che viaggia è la scelta di marchi hotellieri, pensate quanta promozione e quanto marketing sta passando per il word of mouth tra cinesi in Cina, attraverso il medium alberghiero. Un canale sconosciuto agli Italiani che fanno difficoltà ad allearsi tra alberghi di un sestiere e vedono con fastidio, o non vedono, le poche catene che operano in Italia. Forse, per volare alto nei cieli della Cina, ci vuole qualcosa di più complesso e completo rispetto al solo volo diretto (pur strategico).


LIFESTYLE

Dopo che ci siamo sentiti ripetere, dai nativi e dagli italiani in Cina come una litania, che per accogliere il cinese è indispensabile il bollitore in camera (per il thè verde o per i ravioli al vapore?), insieme agli ideogrammi che indicano le uscite, ai trolley che funzionano con il RMB negli aeroporti, ad una colazione calda con i vermicelli e la pappa di riso (mizhou), alle fotografie dei piatti sul menù, qualche dubbio alla nostra missione ha cominciato a venire.


Piccole cose di buon senso per l'ospite cinese

Bollitore per acqua in ciascuna camera (set per il the)
Pantofoline da usare in albergo
Antenna satellitare per programmi televisivi cinesi
Alimenti caldi per la prima colazione (ravioli, vermicelli, pappa di riso….)
Ristorazione cinese per i pasti fuori hotel
Fotografie dei piatti pronti nei menu o indicazioni pittografiche delle pietanze
Monetina disponibile per il trolley in aeroporto
Indicazioni con ideogrammi delle principali direzioni (es. uscita...)
Auguri per il compleanno (controllo della data al check in)


Tutte queste piccole cose di buon senso, va bene, ma sta tutto qui il cammino competitivo che ci garantisce di arrivare in fondo alla grande muraglia? Forse non è del tutto malizioso chi dice che la Cina ci mostra il volto globale dei grattacieli, degli aeroporti e dell'EXPO, ma come sia davvero continua a tenercelo nascosto, non si è affatto occidentalizzata. Diffidenza, reticenza, cultural clash?
Non c'è dubbio che siamo davvero molto diversi e anche quando utilizziamo un inglese reciprocamente imperfetto, rischiamo di capirci poco. Spesso il cinese o la cinese (tanto il TO globale che la commessa del negozio di lusso per cinesi) si mettono a ridere: non sai se sia una forma di sorriso, che tutto spiega e spiana, o un moto di stupore per qualcosa che hai detto e loro ritengono molto molto strano, o un giudizio su qualcosa così lontano dalla loro sensibilità che lo rimuovono senza nessuna intenzione di capirlo.
Bisogn Bisogna avere mediatori culturali, non solo interpreti linguistici, e non si ripeterà mai abbastanza che le nostre scuole di eccellenza (come Cà Foscari!) devono essere inserite in scambi bilaterali costanti e strutturati, ma non solo. Bisogna che i nostri ragazzi studino in Cina ma anche ci lavorino, avviati dalle nostre imprese e quella dei viaggi e dell'ospitalità in primo luogo. Il padiglione di Venezia è sotto questo profilo un esperimento eccezionale, di grande qualità e ad utilità durevole nel tempo. Ma bisogna anche che studenti cinesi possano praticare soggiorni di studio durevoli in Italia e a Venezia, in Veneto, sia tramite il sistema Universitario (ad esempio VIU) sia tramite il sistema delle imprese e dei loro centri di formazione, ricerca, assistenza. Devono imparare a vivere italiano: promozione efficace, basata sulla esperienza diretta e sulla assimilazione delle diversità culturali.
Ci dicono che l'educazione cinese (fin qui) è talmente dottrinale e univoca che c'è pochissima abitudine alla elaborazione personale delle nozioni ricevute: Pisa è sui libri di scuola (e su alcune etichette di fashion made in China per il mercato interno di lusso), forse ricorda una torre di tempio, forse qualche navigatore pisano è arrivato in Cina; non è così vero che Venezia sia la città italiana più conosciuta o più amata. In molti ci segnalano che una icona veneziana è Il Mercante di Venezia di Shakespeare, mentre assolutamente nessuno conosce Goldoni. Hanno come riferimento italiano l'Opera, ma identificano la Turandot come icona e non sanno cosa sia il Teatro della Fenice.
Il rischio è che fra qualche anno dobbiamo porci come benchmark il ponte di Lucerna (possiamo promuovere Bassano e il suo Opera Festival ??)! Al Consolato di Guandzhou ci suggeriscono le terme e il wellness, incluso quello a tavola, come possibile tema caratteristico dell'area veneta; il cinese non è interessato dalla spiaggia come balneazione, semmai la fotografa verso il tramonto.
L'Italia non è una meta tradizionale, anche perché i cinesi sentono forte il riferimento alle loro comunità distanti e questo premia, per esempio, gli USA, oltre naturalmente al fascino americano e alle forti relazioni finanziarie e istituzionali. Alto è anche il legame con il Regno Unito (leggi Londra).
ICE ci ha spiegato, nel 2006, che una chiave strategica per il cuore cinese è il Made in Italy: non quello che loro abilmente contraffanno e noi andiamo a comperare on site (incrementando paradossalmente le produzioni che, quando arrivano in Italia, diciamo di voler combattere). Quello che solo in Italia possiamo produrre, cioè lo stile di vita, il lived in Italy, come ci ha ricordato Francesco Antonich di Confcommercio.
L'idea che il COSES e il suo allora Presidente professor Stefano Micelli presentò a Firenze era esattamente questa: vedere il turismo (almeno in questa fase di primo approccio al mercato cinese) come un medium commerciale del più complesso pacchetto Italia (un driver, come amano dire gli economisti) Ciò vale in due direzioni: le delegazioni ufficiali che vengono in Italia (costantemente e senza problemi di visto) trattano di scambi tra i due Paesi (un collettivo B2B) in senso lato.
Esse sono il primo veicolo, probabilmente privilegiato, di informazione turistica che ritorna in Cina con un bagaglio di esperienze dello stile di vita e di motivazioni al viaggio (repeat) di prima mano: come noto il più efficace ed infallibile mezzo di promozione delle destinazioni ospitali. In questo senso il turismo beneficia del Made in Italy, del business in senso generale.
Il soggiorno nelle nostre città, anche quelle industriali e non turistiche (se ancora ne esistono), funziona per promuovere in loco i prodotti complessivi del sistema paese, anche quelli che non vengono o non possono essere imitati o contraffatti, come i monumenti, le collezioni, le manifestazioni storiche, la cucina e la tavola, l'artigianato minuto e le produzioni di nicchia in qualunque settore.
Per altro verso potremmo anche dire che un formaggio di fossa è imitabile egregiamente in Cina (nel giro di pochi mesi) ma parlerà comunque italiano e contribuirà paradossalmente alla nostra industria di esportazione implicita che si chiama turismo: genera curiosità sul Paese, trasmetterà storie di luoghi, di comunità, di tradizioni, scriverà nomi sull'atlante delle future generazioni di cinesi (miliardi di potenziali viaggiatori), vicino al Giappone, all'Australia e alle 22 Province interne.
È un lungo cammino, bisogna avere pazienza ma bisogna avviarsi.


IL CALENDARIO DELLA VACANZE CINESI

GENNAIO 3 giorni
FEBBRAIO Spring Feast Capodanno Cinese 7 giorni
APRILE Qing Ming festa di Tutte le anime 3 giorni
MAGGIO May Day 7 giorni
GIUGNO Duan Wu festa delle Barche Drago3 giorni
SETTEMBRE Mid Autumn 3 giorni
OTTOBRE National Feast 7 giorni


Fotogramma dal film presentato al China Pavillon
di Shangai-EXPO 2010 sulla Primavera Cinese


CHINA ONLINE

Nel 2006 venivano indicati circa 100 milioni di cinesi capaci di navigare in Internet; nel 2010 la cifra è 4 volte tanto: ancora pochi rispetto ad 1.3 miliardi, ma tantissimi per iniziare a comunicare e promuovere viaggi ed esperienze via web, al cliente finale.
Senza dimenticarci della grande muraglia dei visti la quale, alla fine, rischia di mortificare chiunque si fosse costruito un viaggio indipendente, tramite la navigazione in Internet, nel medio periodo (5 anni) questo mediatore turistico non potrà non affermarsi in una fascia del grande mercato. Fossero anche percentuali ad una cifra su un universo così grande (destinato senza dubbio ad espandersi) ci potrebbero bastare sia in quantità che, soprattutto, in tipologia.
Il grande pregio che vedo nel mercato cinese (in contrasto a molte remore percepibili nei nostri operatori e molte lentezze evidenti nei nostri promotori istituzionali), è la sua naivete: come debuttanti assoluti nel mercato della vacanza, i cinesi potrebbero essere avvicinati ai profili che preferiamo assumano rispetto alle nostre destinazioni. Per Venezia e per la sua area è una occasione imperdibile di filtrare quali ospiti ideali vogliamo promuovere in origine, lasciando perdere molte di quelle piccole cose di buon senso che ci servirebbero solo a saturare qualche camera in qualche stagione morbida.
selezionati messaggi sui luoghi.
In questo caso i virtual tour, come quello utilizzato da Venice connected, potrebbero funzionare straordinariamente nella conoscenza reale delle preferenze cinesi e per la confezione di pacchetti di sartoria. Ci vogliono persone che leggano, che studino e viaggino nei 10 mila rivoli della conoscenza in rete. Ci vuole una redazione di Venice Connected, come risulta dallo Studio COSES 2010.
Inutile riprendere qui le riflessioni, condotte anche dal COSES per BAR-Camp 2009 (Documento COSES 1113.0 del 2009), sul potenziale del web nei confronti del viaggio e del consumo di tempo libero turistico, oggi e nell'immediato futuro, mano a mano che i digital natives diventeranno la maggioranza della domanda da conquistare. In questo senso ci sarà, inevitabilmente, un drammatico riallineamento culturale anche tra occidentali e orientali, compreso il gigante risvegliato e questo potrebbe, in un tempo sincopato, generare una catastrofe (in senso statistico) rispetto a tutta la mediazione di cui ancora sentiamo la necessità (ENIT, istituzioni locali, TO).
La percezione che si ha, nel confronto con i diversi interlocutori, incontrati a Beijing, Shanghai e Guangzhou, è ambigua. Su un fronte si presenta molto strutturata l'attuale muraglia visto-volo-tour operator quasi-statale: un sistema che risente palesemente del transito da un paese comunista ad un sistema di mercato dove lo stato controlla profondamente l'evolversi dei consumi e del business. Dall'altro si introducono suggestioni su un ricco potenziale mercato che, superata la fase di absolute beginner, perderà gli attuali caratteri di semplificazione e sarà suscettibile di una evoluzione più o meno raffinata, a seconda dei canali che potranno aprirsi: più libertà nei visti, più ritorni in Europa, più motivazioni al viaggio, più esperienze dirette o passate-a-parola.
Su Internet, nel breve periodo, vale quindi la pena di far conoscere, di affascinare, di sollecitare la possibilità di un viaggio agli utenti finali potenziali (un numero sterminato), da subito, avendo pazienza per i risultati.
Dobbiamo attuare l'effetto combinato di una grande campagna mediatica, diffusa, con l'evoluzione delle piattaforme web per gli operatori: da quelle delle catene hotelliere, a quelle dei vettori aerei, a quelle dei nascenti TO outbound, a quelle che le destinazioni metteranno in grado di dialogare con tutte queste in termini di trade, alla GDO che presto attecchirà anche in Cina come già è avvenuto nel mercato popolare europeo (Mark&Spenser, COOP, El Corte Ingles….).
Tutto questo caos creativo, questa ridondanza sperimentale, potrebbe dare -nel giro di 3/5 anni- una situazione radicalmente differente da quella di oggi e consentire un bagaglio informativo interattivo fondamentale per stringere su alcune scelte di politica incoming a livello Veneto, Venezia, Italia.


L'ESERCITO DI TERRACOTTA

Un profilo del turista cinese, offerto dalla professoressa Xu Fan esperta del WTO alla nostra Missione, mette in evidenza alcuni requisiti interessanti (meno banali del bollitore in ogni camera) e soprattutto evolutivi: verso quale nuovo profilo si sta orientando l'absolute beginner dell'outbound cinese.


Cosa sta cambiando per il turismo outbound dalla Cina

  1. Il consumo si sta razionalizzando
  2. Emergono più specifiche motivazioni di viaggio (temi: Milano è la Moda, Firenze è la Cultura)
  3. Aumenta il tasso di visite ripetute
  4. Vi è sempre grande consapevolezza dei marchi e delle catene
  5. Si cerca sicurezza
  6. Si richiedono prodotti via via più raffinati, che tendano verso maggiore stile
  7. Si richiede marketing professionale
  8. Si tende a richiedere un soggiorno più slow, inferiore alle 5 destinazioni
  9. Viene richiesto più svago, non solo monumenti e sightseen, non solo musei
  10. Viene richiesta una esperienza a fondo dei luoghi
  11. Si ricerca una gamma di opzioni più ampia, di godimento della vita urbana
  12. Diventa un must il giorno libero


Secondo le statistiche6 presentate, l'outbound cinese è passato dai 30 milioni del 2005 ai quasi 48 del 2009 (le caute previsioni parlano di 52 milioni per il 2010, pur sempre un 10% in più rispetto alla crescita media globale del 4%). Ripetiamo che il mercato domestico (cinesi in Cina) rappresenta probabilmente ben altre dimensioni e sarebbe necessario un approfondimento, dato che il turista, comunque, debutterà con le destinazioni interne7 ma, inevitabilmente, evolverà verso quelle esterne e conoscerne gli usi e i profili sarebbe indispensabile.
Nel 2003 il 40% dei turisti verso l'estero viaggiava per motivi personali (fuori delegazione), nel 2009 questa percentuale è arrivata vicina al 90%. Sono solo 6 anni ed è una rivoluzione: ci vuole pazienza, ma anche molta accurata osservazione delle tendenze.
L'aumento anche in periodo critico, come 2009 su 2008, è stato di quasi il 4 % (che è il tasso stabilizzato della crescita del turismo mondiale ormai da parecchi anni). Nel 2009 risultano arrivati in Italia quasi 432.000 visitatori (sono persone o notti? come mai non coincidono con i visti? sono notti spese da coloro che hanno ottenuto il visto da altri Paesi Schengen?): la principale origine è Beijing (25 mila) seguita da Shanghai (17) e da Zhejiang. Secondo le Shanghai Tourism Statistics le motivazioni per la Francia sono la Moda, per l'Italia Arte e Moda, per la Svizzera i paesaggi. In generale, spiega Xu Fan, si tratta di viaggi romantici.
Nei cataloghi primeggia la Torre di Pisa, accanto alla Piramide del Louvre di Pei, poi immagini di Roma e Vaticano, Firenze (il Cupolone di Brunelleschi occupa l'ingresso dell'Italy Pavillon all'Expo), Lugano, Parigi e Ginevra, Verona, Padova, Napoli, Capri, Pompei, Zurigo, Interlacken, Lucerna e Montreaux.
La durata media è tra 10 e 11 giorni.
Se consideriamo le origini, cioè i mercati già sviluppati (pur all'inizio) e più promettenti (in quanto più ricchi) troviamo:

Nel 2009 calano le partenze da Beijing (-17%) ma aumentano da Shanghai (+16%). Verso l'Europa si passa da 820.000 persone nel 1999 a 2.300.000 nel 2009 (il 5% dei 48 milioni outbound).
Secondo ENIT di Beijing sono, oggi, quasi 28.000.000 i cinesi con il reddito che consentirebbe (un visto e) un viaggio long-haul: non è detto che sia in Europa, ragionevolmente potrebbe essere USA o Australia (la stima ci dice che di questi 28 milioni catturiamo, come spazio Schengen, solo l'8%). Da e verso l'Italia ci sono circa 180.000 posti su voli (e circa 130.000 visti rilasciati). Le sproporzioni sono evidenti. Ma dove sta la grande muraglia? Tra visti/posti aerei e potenziale di cinesi capaci di affrontare i costi di viaggi long-haul o tra potenziale e interesse per l'Europa/Italia (8 a 100)?
Tornando al profilo del consumatore cinese, le suggestioni disperse nei vari incontri della Missione e nei singoli B2B vanno sicuramente approfondite e sarebbe rilevante che, un effetto della missione veneziana, fosse quello di mettere sotto osservazione con vari mezzi l'evolversi del mercato non solo sotto il profilo quantitativo, ma motivazionale e di comportamento.
Il mercato cinese ci ha detto Sara Marchetta di Camera di Commercio Italia-Cina è complicato in quanto troppo semplice (per ora). A Guangzhou, per contro, Marco Bettin del Consolato ci ha invitato a guardare avanti, per esempio attraverso il popolo del web (i famosi 400 milioni) destinato a crescere esponenzialmente8 . Se si guarda ai giovani in metropolitana o negli Starbuck Cafè è evidente che lo status di connected dei digital natives sta dilagando nel Paese di mezzo. Tra poco tempo (questo si, breve) il potenziale di viaggiatori che ricorreranno alla rete sarà dirompente: non è troppo presto intercettarli. Se gli attuali operatori turistici sono pochi (30, secondo Marchetta) e ancora molto legati allo Stato (nonché ai visti), la rete darà impulso sicuramente anche ad una diversa mediazione e ad un trade oggi inesistente.
Se stiamo al proverbio citato, leggi 10 mila libri e viaggia per 10 mila miglia, dobbiamo sicuramente trovare i canali per far leggere 10.000 libri sull'Italia, il Veneto e Venezia che siano diversi dai sussidiari (con la Torre di Pisa). Importante è decidere quale sarà il supporto dei nostri libri (un e-book o un cellulare; un TV satellitare o un CD omaggiato con qualche prodotto Italiano; un viaggio educational o un viaggio premio, o milioni di virtual tours….) e quante miglia faremo percorrere ai cinesi per accorciare le distanze tra la semplificazione che hanno del nostro Paese e la infinita gamma di suggestioni che possiamo loro proporre. Un orizzonte sterminato, tra l'altro, per la piattaforma di Venice connected e per i nostri laureati in cinese.
Tenendo presente che ci sono due livelli (temporali e concettuali) su cui marciare:


Indispensabile che il secondo livello sia coerente con il primo.
Rileggendo queste note e per utilizzare uno slogan, direi che il potenziale turistico cinese è -per ora- un esercito di terracotta: sterminato nei numeri ma estremamente fragile. Dunque, l'Italia e Venezia, devono accuratamente valutare come trattarlo: evitare di metterlo in moto così com'è (perché non lo reggeremmo), evitare di romperlo con approcci generalisti (ci basta prenderne una piccola parte qualsiasi), maneggiare con estrema cura le fila che decidiamo di attrarre.
Nella metafora, poi, non va sottovalutata la natura di esercito che la dice lunga sulla cultura di un popolo che non conosciamo certamente abbastanza.
Chiuderei con una citazione da Angela Terzani Staude […] "il segreto di quel che è vero e reale in Cina […] intorno a quello i cinesi continuano ad affaccendarsi per cercare di camuffarlo, di travestirlo, di rivestirlo…..oggi come allora noi […] ci chiediamo come? […] affascinati per sempre dal diverso rapporto dei cinesi con la realtà" ( Giorni Cinesi, TEA edizioni).



Note:

1. Il rapporto della Cina con il proprio passato è delicatissimo, come in ogni situazione che abbia vissuto una rivoluzione culturale come quella maoista. In letteratura turistica è nota la questione della multiculturalità rispetto alla conservazione e promozione del proprio passato nei termini di heritage (patrimonio materiale e immateriale) da proporre al visitatore (il caso estremo è Gerusalemme). Quale sia, oggi, il passato da proporre all'Occidente e al mondo, da parte della Cina, è questione troppo delicata da svolgere in queste pagine.
2. I visti vengono ADS Approved Destination Status costituiscono un problema importante per tutti i Paesi occidentali: per averne un'idea si rimanda al sito www.tiac.travel dove viene illustrato con sintesi efficace lo status del Canada. Nel 2007 arrivavano in Canada 151.000 overnight person-trips: come si nota le quantità non sono molto diverse da quelle dei Paesi Schengen: il nodo da sciogliere, dunque, sta nella muraglia dei visti più che nella capacità attrattiva reale delle singole destinazioni.
3. Citiamo il caso della pelletteria Le Pargay che ha come icona la torre di Pisa, immagine nota a tutti gli scolari cinesi, in quanto riprodotta nei loro sussidiari.
4. Secondo Luca Iezzi, La Repubblica, 5 giugno 2010, i nuovi ricchi nel 2020 saranno 70 milioni di famiglie con un reddito superiore ai 12.000 dollari USA. Come si diceva i numeri sulla Cina, di Fonti diverse, sono da comparare con cautela.
5. A base delle scelte di investimento di Marriott ci sono le previsioni della Cina come la maggiore destinazione di turismo del mondo entro i prossimi 10 anni; nei prossimi 5 anni la Cina registrerà un balzo nel turismo domestico che ne farà il terzo settore economico per crescita. Il rapporto tra origine e destinazione di turisti è troppo trascurato come carattere strutturale: si pensa ancora troppo (erroneamente) in termini di Paesi emettitori e Paesi ricettori, mentre la recente tendenza dei mercati è quella di sviluppare 'coerentemente' i due aspetti.
6. Per esperienza, si consiglia di considerare le cifre riassunte in questo Documento a memoria tutte da verificare attraverso i siti ufficiali indicati in Bibliografia. È possibile anche reperire le diapositive della Professoressa Xu Fan tramite Antonella Piva. Nella trascrizione a memoria di dati appuntati in tempo reale il margine di errore è piuttosto elevato e soprattutto si perde la congruenza complessiva, tra una statistica ed un'altra.
7. È impressionante la quantità di cinesi in coda per visitare il China Pavillon all'Expo di Shanghai: una proxi di quanti possano essere coloro che, appena ne avranno la capacità economica, alimenteranno il business del turismo interno, interprovinciale e diretto soprattutto alle capitali della Coast. Per altro verso stanno fiorendo nuovi Resort di lusso per cinesi in Cina, come il Seaview Resort di Xiamen). Su 70 milioni di visitatori attesi per l'Expo, solo il 5% dovrebbe riguardare persone oversea, ovvero che arrivano da Europa, Americhe, Africa. È evidente che l'Expo 2010 è principalmente una visione del mondo offerta ai cinesi, non viceversa.
8. Di grande interesse la notazione di Marchetta sul fatto che la promozione su carta stampata è poco efficace soprattutto in un Paese dove le sterminate distanze rendono costosissima la distribuzione e dove si parlano lingue regionali completamente differenti tra loro. Un Paese dove web e TV diventano cruciali, in presenza di una numerosità e gamma di canali satellitari impensabile in Europa.
BIBLIOGRAFIA
Doc. COSES n. 1168.0 di I. Scaramuzzi - Versione chiusa il 7 giugno 2010, per la pubblicazione sul sito del COSES, al quale resta la proprietà intellettuale di quanto incluso


elenco Studi in corso