L'esercito di terracotta - 2

Shanghai EXPO 2010 - Missione turismo

Riflessioni e suggestioni di I. Scaramuzzi

Come i cinesi descrivono la loro Primavera nel film al China Pavillon - 2010


WORLD CITIES

Qui da noi, nel sistema turistico più rilevante dell'Adriatico e tra i maggiori del Mediterraneo, ha fatto molto scalpore lo skyline proposto da Kenzo Tange, nel 1998, con il Master Plan di Jesolo: una visione Miami-like, di bianche torri lungomare, appartamenti con piscine, parchi della musica, greens per il golf a perdita d'occhio. Qualcosa della visione di Tange è stata tradotta nel PRGC del Comune e qualcosa è stata realizzata, non senza argomentate polemiche sulla modifica del paesaggio e sulle speculazioni. Si sarebbe potuto osservare che, a Jesolo, eravamo in presenza di un patrimonio edilizio vetusto, sicuramente ammortizzato e altrettanto sicuramente pronto ad uscire dal mercato sempre più esigente, vibrante e lussuoso delle case con vista di mare.
Si è detto e scritto da varie parti a difesa della Jesolo che è stata, la riviera della nostra giovinezza, quando i pionieri dell'ospitalità -qui come in Romagna- si trasformavano da agricoltori in albergatori, a vantaggio dei cittadini vacanzieri, provenienti dalle metropoli industriali: del Nord Ovest o della Mitteleuropa. Amanti nostalgici della Jesolo a due piani, massimo, meglio uno solo: come nel resto del Nord Est (che allora non esisteva nemmeno come idea), nella città diffusa, contigua alla galassia di centri urbani, paesi e frazioni della regione contadina. Si è parlato di rottura del paesaggio locale, di perdita di identità e di immagine, qualche volta di violenza culturale. Tutto attribuendo al demone della speculazione edilizia, come se non si potesse speculare con case a schiera e ville unifamiliari (le gated community, da ultime, sono lì a testimoniare che non è la tipologia edilizia il genio del male).
Immaginatevi come si devono sentire gli abitanti di Beijing guardando alle torri del Chaoyang District: il China World, la torre della Televisione, il CBD. Abituati agli hu tòng dei quali potete toccare il bordo del tetto con la mano e che si stendevano a perdita d'occhio attorno alla inquietante spianata di Tian-an-men.


Gli hu tong nel 2006 - tetto di un tempio ricostruito a Guangzhou 2010


In generale come devono sentirsi i cinesi, popolo contadino per antonomasia, di fronte alla rivoluzione culturale dell'edilizia contemporanea, uno dei manifesti della nuova China, dei massimi attrattori insieme agli straordinari paesaggi naturali e ai patrimoni del Passato- per il visitatore occidentale.
Se avete la fortuna di arrivare a Shanghai di notte, il paesaggio urbano che vi si offre è mozzafiato. Chi viaggia molto dice che sembra Honk-Hong. Chi deve catalogarla la paragona ad una specie di Londra con la sua Isle of Dogs.


Beijing in 4 anni - L'area del China World 2006 e le due Torri del China World 2010


Chi la sa lunga sentenzia che Shanghai non è Cina1 .
A cominciare dal Bund e dai Gloriosi Trenta, la storia di Shanghai è di un luogo borderline: confine di tutto, Oriente e Occidente, comunismo e capitalismo, malavita e bellavita, ricchissimi fino alla noia ed emarginati fino alla fame. Una grande metropoli, antesignana di quelle che si sarebbero chiamate world cities, con popolazioni estreme come si osserva in tutte le grandi agglomerazioni urbane e specialmente nei loro cuori.


Shanghai nell'iconografia della Primavera Cinese - nella realtà della foschia urbana 2010


Shanghai e London - world cities 2009-2010


STECCHE E STUCCHI

E anche a Shanghai la vision della nuova Cina è quella delle torri.
Lo era anche prima dell'EXPO universale che -giusto per distinguersi- di torri ne ha costruite poche e ha declinato l'intervento edilizio in altre formule: l'ovale, già sperimentato in China con la bellissima Opera House di Beijing; i funghi atomici, visti e rivisti, tra l'altro, alla Fiera di Rho; gli originali recuperi stecche e stucco di alcuni reperti industriali; l'elegante pavillon dell'Italia, l'estroso pavillon della Spagna, fino all'ibrido tra Passato e Futuro del pavillon China, rivisitazione di un tempio con materiali e soluzioni hi-tech.
Le Fiere Universali sono sempre state stecche-e-stucchi: così venne definita quella di Chicago del 18932 : ragionevole che sia così e che Shanghai attesti nei depliant di guida all'area espositiva la distinzione tra gli edifici destinati a rimanere (durevoli) da quelli che verranno eliminati alla fine della fiera, liberando aree che l'evento avrà contribuito a reimmettere sul mercato.


Edifici nell'area del Forum delle Culture - Barcelona 2004
Recupero industriale EXPO- SHANGHAI 2010
Speriamo l'esito di urban renewal sia migliore di quello che si intuisce passeggiando nel villaggio Olimpico di Beijing, solo due anni dopo l'evento: il fantastico Nido di Herzog e de Meuron rischia di essere un nido vuoto, con intorno soltanto stormi di automobili che transitano.
Già, perché anche l'edilizia dovrebbe essere sostenibile, nel senso di durevole: nei suoi valori, nei suoi usi, nel rilascio di benefici sul lungo periodo, nella generazione di paesaggio urbani vivibile e qualificato.


Expo Shanghai e China Pavillon - EXPO SHANGHAI 2010


Il Nido Olimpico, cattedrale in un deserto di autostrade….il gran viale Olimpico, deserto.


OMBRELLINI, OMBRELLONI

I TO che abbiamo incontrato in Cina ci hanno garantito che i cinesi non sono interessati al mare, al sun&sea&sand: tutt'al più vanno in spiaggia al tramonto per fare fotografie. Forse si riferivano al mare italiano, a Jesolo & Co. Dato che, nella settimana immediatamente successiva al nostro rientro, La Repubblica Viaggi dedica due paginoni ai nuovi Resort per ricchi (cinesi) nell'isola che fu porta dell'inferno per deportati politici ed ora viene proposta come ingresso al paradiso: Hainan.
Si possono spendere dai 1.000 ai 3.000 dollari a notte: più che per un tour in Europa; ovviamente la clientela attesa non è solo domestica, va bene qualunque miliardario globale, annoiato dei Caraibi o del Mediterraneo; senza farsi mancare un porto crociere inserito nel circuito dei grandi viaggi armatoriali e i casinò (ma non ci dicevano che il gioco d'azzardo è vietato in Cina? L'isola di Hainan è una zona economica speciale, anche per questo?).
Per 26 Stati (non per l'Italia) sarà abolito il visto di ingresso in Cina (appunto). Per saperne di più www.hainan.gov.cn.
L'indirizzo web dice tutto quello che abbiamo imparato sul turismo quasi-statale della nuova Cina, e sul parallelo origine-destinazione dei nuovi consumatori di turismo cinese: il governo, ci sembra di capire, vuole fare del Paese una grande Destinazione globale, ne ha ogni risorsa, non ultima quella della liquidità finanziaria e della capacità di investimento. E mentre noi ci preoccupiamo che i ricchi cinesi non invadano Venezia e che il panorama di Jesolo resti a due piani, la terza economia mondiale (il turismo domestico cinese) marcia a tappe forzate, con ogni protezione da parte del suo potere centrale.
Non voglio generare equivoci: non possiamo competere con Hainan e forse nemmeno vorremmo, non dobbiamo affatto imitare le immagini dei resort artificiali, non dobbiamo svendere i nostri centri storici a nessuno.
Dobbiamo, però, dirci dove vorremmo e dove riusciremo a rimanere nel mercato globale della vacanza, man mano che l'Europa diventerà marginale, anche in una delle sue più tradizionali industrie e delle sue più cospicue esportazioni. In una delle ultime che davvero ci rimangono.
La storia del turismo e dei suoi luoghi insegna che si debutta con la world class, con un processo di posizionamento top-down, innescando un volano che dalle elite deriva ricavi capaci di ripagare l'investimento iniziale, rilasciando un effetto diffusivo: sia territorialmente che come imprese e come target di clienti. La storia, dicono, sia maestra di vita: per chi volesse imparare.


Ombrellini cinesi, a Barcellona 2004 e a Shanghai 2010 - una icona culturale


IDIOPATICO, ALLOPATICO

Le teorie, le quali non sono altro che rielaborazioni derivate dalla osservazione di molte pratiche, dicono che le motivazioni alla vacanza e al viaggio possono distinguersi in due categorie opposte, comunque integrabili:
Posso sbagliare ma ho riportato dalla Cina l'idea che i cinesi, in generale e in media, siano molto idiopatici: per motivi culturali, storici, politici o addirittura filosofici e antropologici. Saranno mediamente così, almeno nel breve periodo (3/5 anni). Su questo carattere sociologico, che potremmo considerare futile teoria fa perno, secondo me, l'attuale politica economica di fare della Cina un potente attrattore turistico. E se proprio non è Cina che sia l'Oriente Asiatico: Giappone, Laos, Cambogia, Vietnam, repubbliche e Province Asiatiche centrali; Hong Kong e Macao; Australia. Paesi, cioè, dalle lunghe e radicate relazioni con la Cina, dai caratteri facilmente assimilabili a cominciare dagli ideogrammi o dalle ondate migratorie storiche. Dicono che i cinesi sentano fortissimo il legame con le comunità di emigrati e ciò premia destinazioni di lunga durata, come quella Australiana; tuttavia potrebbe rivelarsi altrettanto forte il legame con gli investimenti stranieri verso la Cina, degli ultimi decenni (ormai 30 anni), sia in forma di JV che in forma di diritti intellettuali e brevetti. Insomma l'economia nel complesso rappresenta un forte fattore di sviluppo dei flussi turistici outbound e incoming e risulteranno avvantaggiati, nel breve periodo, quei Paesi che hanno già relazioni multiple con la Cina. Di contro il turismo come driver di prodotti in generale e di scambi economici multipli ha più possibilità di svilupparsi che una semplice promozione delle destinazioni di vacanza.
In questa interpretazione (che varrebbe la pena di approfondire con i colleghi sinologi), si inserisce facilmente il complesso di interessi economici e politici della nuova Cina: sia intermini di investimenti (lavoro, consumo, ricchezza), sia in termini di relazione con il resto del mondo 'tenendo il coltello per il manico', ovvero diventando attrattivi non solo per i visitatori globali (venite voi a consumare da noi) ma per i capitali (venite voi ad investire qui).
Il secondo punto è chiaro e certificato da tutte le politiche economiche della nuova Cina da Deng e dagli anni Novanta (con le SEZ e non solo).
Il primo punto rovescia quello che abbiamo capito e temuto per 20 anni: che la Cina fosse la manifattura del mondo e ci esportasse beni materiali con i quali ci avrebbe invaso.
Oggi la Cina vuole diventare il primo esportatore implicito del pianeta, vendendo turismo, cioè mettendo sul mercato globale alti contenuti di immaterialità3 : perché si garantisce un mercato interno che diventerà il primo mondiale insieme all'India (e non lo regala all'Occidente); perché attira investimenti e consumi mondiali con un asset di risorse originarie localizzate, custodito per secoli, intatto, altamente competitivo, inedito (ad esempio le Seychelles dei comunisti).
È la prima volta che, sul pianeta, un solo Stato di 1.3 miliardi di persone, mette in pratica la teoria del ciclo di vita del prodotto partendo con il vantaggio dei second comer: quelli che possono sapere ciò che accade in quel ciclo, pur essendo al momento zero dell'avvio, evitando gli errori e prevedendo contromisure. Ci viene da credere che l'avanguardia tecnologica a cui la Cina sta puntando drammaticamente la potrà aiutare nello sviluppo di questa teoria.
L'Europa, in questo scenario, è perdente posto: è da tempo al limite della curva di evoluzione del ciclo di vita per moltissime destinazioni, se non si rinnovano e da tempo sta toccando il cielo della partecipazione alla vacanza (molti Paesi emettitori hanno passato l'80% di popolazione che fa vacanze in un anno e molti di questi ne fanno più di una).
Sicuramente la vecchia Europa ricade nella fascia di potenziale consumo allopatico per i cinesi e, tornando al fatidico bollitore con pappa di riso, dobbiamo chiederci se un micro adeguamento sia davvero ciò che modifica questa allopatia in misura capace di modificare i flussi incoming. Se non convenga strutturare una offerta che faccia delle distanze culturali una opportunità anziché una debolezza intrinseca o una tara.
Cominciamo dalla Torre di Pisa.


La Pagoda di Yunyan - Shouzohu China


TORRI PENDENTI

Non potevo non scoprire come mai la Torre Pendente (leaning) toscana sia una icona a cui i cinesi, fin dal Sussidiario scolastico, legano l'Italia: un'idea me la sono fatta, intuendo qualche relazione tra le loro pagode a torre e le loro torri con campana, con la fama del monumento Pisano.
Spiego i link della rete che hanno risolto la mia indagine:
Voilà!
Che, poi, la Pagoda pendente assomigli alla torre di Pisa, lascio alla fantasia di ciascuno. Si tratterà, anche in questo caso, di riferimenti culturali, di idiopatie con le quali cerchiamo di renderci familiare, cioè accettato, ciò che è lontano, sconosciuto e diverso.
Il tracciato web che ho riportato spiega tre cose:
  1. come si possa partire da qualcosa che per i cinesi è comprensibile (fin dalla Scuola), per portarli lontano (in Europa e in Italia) e come questo abbia bisogno di mediazione culturale anche di bassa intensità, come può essere fatto attraverso il web
  2. come il web, nella fattispecie Google e Wikipedia, diventino un collagene trans culturale a disposizione di tutti, anche dei giovani cinesi (che in 400.000.000 già navigano) e come i link che si auto generano modificheranno, in breve, le distanze con la Cina
  3. come i simboli del patrimonio ereditato, in patria come altrove, restino un must imprescindibile delle proposte di legami e scambi, di cui il turismo rappresenta un modo e il tour in Europa, il grand tour, una icona, probabilmente da recuperare.

Rivolgendoci a cinesi che resteranno, ancora per qualche tempo, allopatici rispetto alle nostre cose, potremmo mitigare questa allopatia, recuperando valori trascurati e negletti o dismessi, che mettano in gioco idiopatie. La mediazione per proporli al consumatore cinese (prima i benestanti con visto e poi tutti gli altri) è il grande lavoro da fare: sia che lo consideriamo comunicazione turistica sia che lo consideriamo scambio culturale. E, con ciò torniamo, alla questione già posta del turismo non come industria a sé ma come driver.
Inutile ripetere (ma forse no) che i giovani cinesi, digital native, e la loro possibilità (o meno) di studiare in Italia sono uno dei veicoli indispensabili a questo intervento turistico.


PER INDIZI E TENTATIVI: ITALIAN APPETIZERS

Sempre procedendo per indizi (raccolti nei due viaggi in Cina ma anche facendo del sano benchmarking informale4 ), propongo che il futuro impegno di quanti hanno collaborato alla Missione di Venezia in Cina, sia predisporre un vassoio girevole di stuzzichini che possano attivare l'appetito dei cinesi per il nostro Paese.


Beijing 2006 - Cibo e pasti lungo gli hu-tòng


  1. Lo stile barocco (ci dicono che amano Capodimonte e il Settecento)
  2. Le dimore storiche (soprattutto se Settecentesche)
  3. I giardini
  4. Le torri (vedi Pisa)
  5. I ventagli e gli ombrellini
  6. I vetri
  7. I costumi teatrali
  8. I tessuti preziosi (sete e broccati)
  9. Le porcellane (per niente si chiamano china!)
  10. Il rito della tavola (c'è differenza tra ciotole cinesi e le tapas o i cicheti?)
  11. I paesaggi silenziosi (acqua, bicicletta, remo)
  12. L'architettura contemporanea
  13. Le nuove tecnologie dell'animazione (la splendida tela cinese animata nel padiglione della China, un augmented product da manuale…..)

Sulla base di questi spunti il COSES svilupperà, per Comitato EXPO, il contributo relativo alle best practices delle regioni e delle metropoli italiane da presentare a Shanghai in settembre 2010.


Porcellane di Capodimonte o Cinesi?


Note:

1. Su Shanghai, nel 1997, il TCI ha collezionato brani di autori scelti, in un numero de Le vie del Mondo, Bimestrale dedicato alle grandi capitali globali (TCI, Anno 2, numero 8). Si rimanda a quel testo per capire come Shanghai stesse nell'immaginario dei viaggiatori, e nei viaggi d'autore, ben prima dell'EXPO universale 2010, con i propri luoghi e i propri miti. Onore come sempre al TCI che precede la consapevolezza di massa sui pregi e i difetti dei luoghi.
2. "La fiera aveva come obiettivo quello di impressionare per quantità e qualità….in una fiera che dura pochi mesi, il massimo risultato si otterrà tagliando sulla durevolezza delle opere, fino al limite di realizzare quanti più edifici e quanto più monumentali possibile al minimo costo; quindi di stucco su armatura di stecche di legno", così Mario Manieri Elia descrive la Fiera mondiale di Chicago del 1893 (AA.VV., 1973). Anche in quel caso Chicago doveva dimostrare al mondo che l'America non era provinciale e anche in quel caso ai massimi architetti e planner del tempo (Burhnam, Olmsted et al.) vennero affidati gli edifici manifesto e la sistemazione paesaggistica del sito.
3. Da sempre sostengo che definire il turismo come economia immateriale è ambivalente, a partire dall'enorme quantità di interventi edilizi che determina e manutiene; delle infrastrutture di trasporto indispensabili; delle derrate alimentari che consuma; del lavoro manuale e fisico che richiede. Qui uso il termine in opposizione a quello dei beni materiali che si esportano esplicitamente verso i mercati europei e per i quali ci auguriamo ogni protezione possibile. Con la produzione e il consumo turistico la protezione è molto più insidiosa e mediata.
4. Guarda dove va il cinese e capirai cosa devi fare se vuoi che venga da te.
Doc. COSES n. 1168.1 di I. Scaramuzzi, giugno 2010
Foto di Isabella Scaramuzzi


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