Il Tiepolo che non vedremo a S. Giorgio


Giambattista Tiepolo: La Fama che annuncia la visita di Enrico III

 

Cosa indaghiamo

Adesso che c'è l'Europa unita, finalmente, diventa fuori luogo e fuori tempo qualsiasi revanchismo nei confronti delle opere d'arte italiane ospitate nei musei stranieri, a Londra, a Parigi, a Dresda.
Nel libro di Fabio Isman "Venezia Fabbrica d'arte. Tra collezionismo ed esportazione" (2001) possiamo trovare un elenco, non solo di opere, ma di atteggiamenti che descrivono l'indolenza con cui la Dominante si è fatta sottrarre beni e competenze, attitudini e tradizioni: quelle che oggi mancano (forse) per concretizzare e promuovere Venezia città che produce cultura, Venezia città del turismo consapevole e corretto (due delle linee del Piano Strategico).
È in questa chiave -non la perdita delle opere ma la capacità di produrle e di gestirle- che propongo la mia riflessione su alcuni affreschi del Tiepolo (Gianbattista) che non vedremo alla bella Mostra di S. Giorgio. Non li vedremo perché se nel 1893 è stato complicato staccarli dalla Villa Contarini dei Leoni a Mira Taglio (che ospita, nella barchessa, il Teatro Comunale di Mira) e posizionarli nel superbo hotel Andrè di Boulevard Haussmann a Parigi, oggi nessun curatore potrebbe consentire di muoverli per una esposizione temporanea. Pare non sia stato facile nemmeno nel viaggio di andata, nonostante le tecniche (all'epoca sperimentali) di strappo: qualcosa è andato rovinato o perduto (ce lo documentano le guide del museo) e l'adattamento alla magnifica scala di Henri Parent (che gareggiava in innovazione con l'architetto dell'Opera, Charles Garnier) per ottenere gli effetti di trompe l'oeil forse ha richiesto alle dame del Tiepolo qualche ritocco.
Tutto è bene quel che finisce bene.
Il visitatore che arriva nella hall di palazzo Jaquemart-Andrè resta -come previsto- senza fiato, accolto dalla visione di un corteo che rappresenta la Festa per Enrico III quando arrivò a Mira e venne ricevuto dal Doge Contarini. Le belle veneziane si sporgono dalle balaustre, con ventagli e ombrellini, i paggi mori si avanzano oltre la cornice come volessero uscirne, il tutto conferisce una eleganza rara all'ambiente, in un capriccio di stili, il Settecento veneziano e l'Ottocento francese, degno di un collezionista e della sua sposa pittrice. Gente che dell'arte faceva professione, dalla produzione al mercato come si direbbe oggi.

Riflessioni

La riflessione che è utile fare, oltre alla suggestione emotiva che accompagna la scoperta o il ritrovamento di grandi espressioni artistiche, è relativa proprio a dove-e-come Tiepolo viene conservato ed esposto. Questo Tiepolo parigino, infatti, dimora in uno dei pił preziosi Musei minori d'Europa, il Jaquemart-Andrè, dimora cittadina di un banchiere, Eduard Andrè, fedelissimo di Napoleone III, ritiratosi dalla vita militare e politica per dedicarsi all'arte in compagnia di Nèlie Jaquemart giovanissima pittrice che, dopo averlo ritratto nel 1872, ne diviene seconda moglie nel 1881. I due acquistano gli affreschi di Tiepolo, così come hanno acquistato la testa di Isabella d'Aragona di Francesco Laurana, l'Ecce Homo di Mantegna, la vergine col bambino di Bellini, uno straordinario Canaletto (quello delle mescite di vino all'ombra del campanile), e poi Guardi, Carpaccio, Cima da Conegliano e altri Maestri veneziani e li collocano nella loro casa, in compagnia di Paolo Uccello, Botticelli, Perugino, Van Dyke, Rubens. Va precisato che la collezione, nata evidentemente come luogo privatissimo (l'hotel viene inaugurato nel 1875 con un evento che l'Illustration paragona all'apertura dell'Opera), è oggi di proprietà pubblicissima, dell'Institut de France ed è amministrato dal 1996 dal Groupe Culture Espaces specializzato nella gestione di monumenti storici e musei.
Gli affreschi di Tiepolo adornano la scala padronale e il plafond del salone da pranzo oggi adibito a cafeteria e ristorante aperto non solo ai visitatori ma anche per cene private, convegni e attivitą ricreative.
Per noi che siamo educati a guardare i soffitti affrescati, non dico dai Tiepolo ma dai loro piccoli emuli ed epigoni, con sacrale distanza e tempi costretti, l'idea che si possa consumare un croque monsieur o una birra, prosaicamente godendo della Fama che annuncia la visita di Enrico III, ha quasi della bestemmia. E qui si rivela tutta la profonda laicità dei francesi, che in questo modo per noi dissacrante non solo continuano a conservare perfettamente questo capolavoro della cultura europea ma permettono una confidenza con l'opera d'arte, una frequentazione del bello, che alla lunga diventa educativa. Persino per la "massa" dei visitatori (un popolo di idioti, secondo gli stereotipi del turismo, forse un po' meno idioti se hanno deciso di venire a visitare il Jaquemart-Andrè) che manifestano le loro "basse" esigenze di bere e mangiare, di fare una pausa nei loro pellegrinaggi urbani e tra le sollecitazioni potenti dalla visione artistica. Sembra che le figure affacciate alla balaustra -dipinte nel plafond che fu a Mira- stiano guardando proprio noi, nel nostro piatto e, lassù nel cielo della Fama, in verità indichino (e un po' invidino) il nostro croque monsieur e la nostra birra. Chiunque tenga sott'occhio l'organizzazione museale europea sa quanti anni ci sono voluti perchè l'Italia accettasse l'idea delle cafeterie interne ai santuari dell'arte o, peggio, del nolo di saloni per "usi privati".

Conclusioni

Insomma. Se alla Mostra di S. Giorgio mancherà -sotto il profilo della ricchezza artistica- questa splendida serie di affreschi veneziani, noi restiamo divisi tra due pensieri molto prosaici. Il primo è quanti visitatori potrebbe attrarre Mira se la decorazione fosse rimasta al suo posto originario, come avviene ai saloni della Foscarini Rossi, della Pisani a Strà, della Widman a Mira. Le balconate da cui ci guardano le figure traslocate a Parigi ci ricordano troppo quelle brentane e un sogno revanchista ci inquieta: come sarebbe bello poter offrire un tour delle sale da ballo che al turista funzioni da liaison tra i figuranti che vede alla Riviera Fiorita e le creature dipinte dai Tiepolo padre e figlio, tre secoli or sono. Merito di Enrico III, il re parigino: glielo riconosceremmo volentieri.

 


Foto di Isabella Scaramuzzi

 

Il secondo è che dovremmo imparare dai francesi a mostrare i capolavori europei rimasti in Italia e in provincia di Venezia, con meno pruderie e snobismi legati alla sacralità dell'arte e più attenzione al potere educativo della frequentazione con i capolavori, della esposizione al bello, dell'inclusione di un largo numero di persone ai "luoghi privatissimi" e di un largo numero di opere d'arte nella nostra vita quotidiana.
Per puro spirito informativo, il Jaquemart Andrè sta allestendo, per il 2005, una nuova ala dedicata a Napoleone III: tra gli sponsor ci sono Fiat e Assicurazioni Generali. Siamo in Europa e in un grande mercato dei capitali e dei prodotti, senza confini (e abbiamo deciso soffocare i sogni revanchisti).
Ironia e comico.

Autore

Documento COSES n. 583/04 "La città delle Mostre - Venezia in the Labyrinth e Tiepolo, Ironia e Comico. Riflessioni per il sito Internet", di Isabella Scaramuzzi, settembre 2004.

 

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