Narriamo la città, non la sua morte

di Giovanni Santoro

Con riferimento al grido di dolore così argutamente lanciato dall'Associazione Italia Nostra davanti alla platea della stampa estera, vorrei porre due brevi considerazioni.
Il dossier presentato dall'Associazione cita due studi, entrambi svolti al COSES: nel 1988 il prof. Costa ed il prof. van der Borg determinarono la capacità di carico della città in 33 mila visitatori al giorno - equamente distribuiti tra turisti pernottanti ed escursionisti. Per definizione la capacità di carico di una destinazione non è fissa ma variabile negli anni poiché determinata da numerosi fattori. Il COSES nel 2009 ha cercato di ridefinirla (seppur utilizzando approcci e metodologie del tutto differenti) giungendo ad un risultato di 55-65 mila visitatori a seconda della tipologia di giornata considerata: un soglia non troppo distante dal carico annuale attualmente raggiunto dalla città. Negli anni si è anche modificata la composizione della domanda con una differente distribuzione tra turisti e visitatori giornalieri. E se dallo studio del 1988 ha presso atto il progetto VeniceCard, il più recente Rapporto COSES aveva come output la costruzione di un modello logico di sostenibilità urbana per la gestione del turismo a Venezia, propedeutico al funzionamento della piattaforma //venice>connected. Entrambi gli studi, dunque, evidenziano l'attenzione posta al fenomeno turistico dalle Amministrazioni che negli anni si sono succedute a Venezia.
Il secondo elemento di ragionamento riguarda la comunicazione (turistica e non) sulla città. I numerosi, accorati e non privi di fondamento appelli lanciati dalle associazioni che a vari livelli (locale ed internazionale) si interessano a Venezia ed alla sua sopravvivenza, se da un parte cercano giustamente di attrarre l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale sulla fragilità della città, dall'altra rilanciano a livello globale un'immagine di Venezia decadente e morente - un'immagine su cui peraltro la città (e il mondo) si strugge da Thomas Mann in poi (era il 1912). Ad un secolo dalla pubblicazione dell'opera, vorrei quindi lanciare una provocazione: pur ricordando la delicatezza del contesto locale, smettiamo tutti quanti di raccontare una città morente (cosa che nei fatti non è) ed iniziamo a narrare le numerose ed affascinanti storie che Venezia può offrire. L'idea di Morte a Venezia ha finora portato quelle "orde di turisti in pantaloncini e ciabatte che devastano i masegni del centro storico, assediano la città e rischiano di farla soffocare definitivamente". Una nuova narrazione potrebbe attrarre invece proprio quei visitatori portatori di "ricchezza", non perché danarosi ma perché volenterosi di intraprendere un'interazione intellettiva con la città.
Un'ultima annotazione: al di là dell'infattibilità della proposta lanciata da Italia Nostra, ricordo che l'elemento "prenotazione" è portante sia nel modello teorico alla base della VeniceCard che in quello alla base di //venice>connected. La strada è dunque segnata, ora bisogna percorrerla! Magari iniziando a portare avanti con convinzione anche i progetti iniziati nei precedenti cicli amministrativi.


di G. Santoro, luglio 2011

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